IL SITO “UCCIDIAMO BERLUSCONI” MERITA L’INTERVENTO DI ALFANO, MA QUELLO DEI LEGHISTI NO?
TROPPI GRUPPI SUI SOCIAL-NETWORK INCITANO ALLA VIOLENZA, DA QUELLA PERSONALE ALL’APOLOGIA DI STUPRI, DELLA MAFIA E PERSINO DEGLI OMICIDI DEI NOSTRI SOLDATI…. ALFANO DEFINISCE “CASO GRAVE” QUELLO CHE RIGUARDA IL PREMIER, MA SUL SITO LEGHISTA CHE INVITAVA A TORTURARE GLI IMMIGRATI PERCHE’ NON HA DETTO NULLA?
Era già toccato a una serie di personaggi famosi, da Mourinho a Costantino, da Bassolino a Mughini, dalla cantante Arisa al calciatore Loria.
La stupidità o la provocazione infantile ormai da tempo aleggia sui social-network dove, approfittando della rapida diffusione della creazione di un gruppo, talvolta si manifestano aggregazioni deliranti di squilibrati.
Ricordiamo i gruppi inneggianti a Totò Riina e a Bernardo Provenzano, quelli favorevoli allo stupro, per finire con quelli che inneggiavano agli assassini dei nostri soldati in Afghanistan.
In verità spesso si tratta solo della condivisione da parte di elementi irresponsabili, perchè un conto è il linguaggio e un conto è l’organizzazione.
Il gusto di spararla grossa diventa segno distintivo, una forma di bullismo garantita da internet. Nel caso di Facebook va ricordato che, per rimuovere una pagina, è necessaria una rogatoria internazionale, in quanto il server su cui gira il social-network è a Palo Alto, in California.
In base a rapporti di collaborazione, l’Italia può chiedere alla società americana la chiusura delle pagine in tempi rapidi. Ma se ciò non è accompagnato da una richiesta di sequestro preventivo si perderanno tutti i dati relativi alla pagina in questione e dunque risulterebbe impossibile risalire alla persona e agli utenti che l’hanno realizzata.
Ora la notizia “politica” del giorno è la creazione di un gruppo “Uccidiamo Berlusconi”, al quale hanno rapidamente aderito 13.000 persone: in questa pagina si trovano fotomontaggi curiosi del premier, i filmati dei suoi exploit più scoppiettanti, la classifica delle “sparate”, dal leggendario “milione di posti di lavoro”, fino a “i cinesi che bollivano i bambini”.
La gente si chiede: goliardia di pessimo gusto o migliaia di aspiranti killer sul web?
Il “compagno Raul”, fondatore del gruppo, creato nel settembre 2008 e da lui rilevato il 12 ottobre 2009, parla di “una semplice provocazione”. E ci tiene a precisare di avere scritto sulla pagina: “Dichiaro questo gruppo di “affermazioni bizzarre”: personalmente non voglio uccidere nessuno, non voglio incitare nessuno a violare la legge. Farò in modo di rimuovere i messaggi violenti e mi dissocio dalle affermazioni che possano costituire reato”.
Nonostante questa premessa, arrivano migliaia di adesioni e commenti pesanti. La vicenda diventa oggetto di prima pagina de “il Giornale” e interviene il ministro della Giustizia, Alfano: “mi attendo che la magistratura faccia il proprio dovere, è un tema grande di sicurezza che riguarda il premier”.
La procura di Roma apre un’inchiesta per “minacce gravi” e sta valutando l’ipotesi di contestare il reato di istigazione a delinquere.
La vicenda finisce per essere addirittura la notizia di apertura dei Tg serali. Un po’ troppo? Qualcuno sta esagerando?
In ogni caso ecco, sempre che su Facebook, viene creato il gruppo “Uccidiamo chi vuole uccidere Berlusconi”, in poche ore arriva a quota mille adesioni.
Ci chiediamo: possibile che il dibattito politico in Italia debba arrivare a queste conseguenze deliranti? Possibile che la politica sia ridotta ormai a insulti e volgarità reciproche?
Aveva fatto bene Fini giorni fa a sdrammatizzare una lettera di minacce a lui, Berlusconi e Bossi, definendo semplicemente un mitomane l’estensore della missiva.
Da giorni, per giustificare possibili e peraltro legittime contestazioni a Berlusconi, il governo predicava di “pericoli per la sicurezza del premier”, come se fosse nel mirino di un killer.
E’ stato contestato Prodi, può esserlo anche Berlusconi, se tutto avviene in termini civili. Non crediamo esista il delitto di lesa maestà in Italia.
Cerchiamo semmai di abbassare i toni, da entrambe le parti, sono quelli che seminano odio tra gli squilibrati.
A che serve poi gridare alle minacce, se i toni che si assumono sono altrettanto pesanti?
Alfano ha fatto bene a stigmatizzare un gruppo le cui affermazioni “possono costiture reato”, fino alla istigazione a delinquere.
Ma ci chiediamo: perchè non ha usato lo stesso metro nei confronti del gruppo “Immigrati clandestini: torturiamoli”, emanazione di una sezione della Lega veneta e che vedeva centinaia di iscritti, comprese decine di sezioni leghiste sparse sul territorio, tra i suoi aderenti?
Forse che torturare un immigrato non costituisce “istigazione all’odio razziale” ? O forse ad Alfano è risultato più conveniente non prendere posizione, ritedendola una goliardata?
Se in Italia la legge deve essere giustamente uguale per tutti, forse il primo a dare l’esempio non dovrebbe essere il ministro della Giustizia?
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