FORZA ITALIA IN DISARMO, PARTE IL “SI SALVI CHI PUO'”
LO SMANTELLAMENTO E’ INIZIATO, PRIMI PARLAMENTARI IN USCITA
Non c’e soltanto aria di dismissione: lo smantellamento di Forza Italia, questa volta, è cominciato davvero. Perchè, raccontano, il pressing del partito-azienda e della famiglia sarebbe più intenso del solito.
L’idea? Riportare le lancette indietro: tornare a prima del ’94, quando Silvio Berlusconi non aveva bisogno di stare in politica per tutelare i suoi interessi.
I segnali nelle ultime ore si sono moltiplicati: la tesoriera Maria Rosaria Rossi che annuncia la chiusura delle sedi e la trasformazione in “partito virtuale”, il pugno di mosche in mano con cui si è conclusa la partita dei giudici della Consulta, lo scontro ormai pubblico tra i due capigruppo Renato Brunetta e Paolo Romani.
E, poi, la scelta di ‘distinguersi’ dagli altri partiti di centrodestra non votando la sfiducia individuale a Maria Elena Boschi.
E se da una parte accede questo, dall’altra Silvio Berlusconi parla di unità del centrodestra, vede a cena Matteo Salvini e Giorgia Meloni e, cerca di uscire dal cul de sac delle divisioni interne, promuovendo una mozione di sfiducia verso il governo nel suo complesso con Lega e Fratelli d’Italia.
Mozione che alla Camera è stata presentata in un nanosecondo, mentre al Senato pare ci abbiano dovuto pensare su un paio di giorni.
Insomma, una linea ondivaga — o meglio un’assenza di linea — che sta frantumando ogni giorno di più il partito del Cavaliere. E che ormai ha scatenato il ‘si salvi chi può’.
“Quanti stanno per andare via? Si fa prima a contare chi vuole restare”, scherza una deputata azzurra di lungo corso.
Alla Camera, in realtà , nonostante Renata Polverini (pur neo nominata relatrice della legge di stabilità per tutta l’opposizione) abbia manifestato voglia di cambiare aria, il potere contrattuale dei potenziali transfughi è bassissimo.
E’ al Senato, ovviamente, che si gioca la vera partita.
In partenza in tempi brevi ci sarebbero almeno tre senatori, ma il malessere è tale che altri potrebbero aggiungersi.
Circolano i nomi, tra gli altri, di Enrico Piccinelli, Riccardo Villari, Franco Cardiello, Sante Zuffada. Ma non si tratta soltanto di parlamentari attratti dalle sirene di Denis Verdini e dal fascino del governo.
C’è malessere anche in chi guarda a destra e considera la linea del partito troppo soft verso Renzi e quindi spera di accasarsi con la Lega dell’altro Matteo.
Insomma, ormai sempre più esplicitamente, è lo stesso Silvio Berlusconi a finire sotto accusa da parte dei suoi parlamentari.
Al di là di quello che dichiara in pubblico, infatti, la domanda che regna sovrana è: ha deciso di chiudere Forza Italia?
Il fatto è che, come sempre nelle vicende del Cavaliere, le logiche politiche si intrecciano con quelle aziendali. Ed è esattamente lì che bisogna andare a guardare per cercare una spiegazione all’atteggiamento di fatto “passivo” ormai assunto dal leader. Che Fedele Confalonieri non abbia mai visto di buon occhio la decisione di mettere fine al patto del Nazareno è noto.
Lui stesso lo ha dichiarato pubblicamente. In un’intervista alla Stampa lo scorso settembre, parlando di Renzi, diceva: “Facciamolo lavorare. Mi pare che qualcosa la stia facendo, ha iniziato un percorso: ora vediamo dove arriva”.
Per delle aziende nazionali, d’altra parte, c’è tutto l’interesse ad avere buoni rapporti con il governo.
Una logica completamente diversa da quella di chi sta all’opposizione. E, infatti, raccontano che negli ultimi tempi, il presidente di Mediaset avrebbe suggerito a Silvio Berlusconi una strategia ancora più netta: tornare allo spirito precedente al ’94.
Il che vuol dire a prima della discesa in campo. Ossia, ancora più esplicitamente, ai tempi in cui il Cavaliere faceva l’imprenditore ma aveva buoni rapporti con Bettino Craxi e, senza impegnarsi in prima persona, otteneva provvedimenti come la legge Mammì.
In questo quadro è evidente che strategie come quelle di Renato Brunetta risultano fuori sincrono.
Pare che i vertici delle aziende del biscione abbiano gradito davvero poco il battibecco plateale in aula con Renzi. Nè sarebbe un caso se, dopo mesi di scontri striscianti, Paolo Romani si sia deciso ad attaccare pubblicamente il suo collega della Camera.
Il capogruppo del Senato, come è noto, viene da Pubblitalia e la sua sensibilità verso quell’area sarebbe rimasta molto forte.
In questo clima non stupisce che Silvio Berlusconi non abbia in programma, non una cena, ma nemmeno un brindisi natalizio con i suoi parlamentari.
“Non sarebbe opportuno dopo l’annuncio del licenziamento dei dipendenti”, spiegano fonti azzurre. Nei fatti, un altro segnale di dismissione.
(da “Huffingtonpost”)
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