“I PROFUGHI DEVONO POTER TRANSITARE DAL PAESE DI APPRODO AD ALTRI STATI EUROPEI”
IL PARERE DELL’AVVOCATO GENERALE DELLA CORTE DI GIUSTIZIA DELL’UE
Sorpresa: il regolamento di Dublino alla base del sistema di asilo europeo non vale in tempi di crisi.
Di fronte a migrazioni di massa i Paesi di primo ingresso possono permettere il transito verso quegli altri Stati Ue in cui si vuole presentare domanda d’asilo.
E’ questa l’interpretazione delle regole comunitarie offerte dall’avvocato generale della Corte di giustizia dell’Ue, Eleanor Sharpston.
Si tratta di conclusioni, che non fanno diritto nè producono effetti. Ma se la Corte a livello collegiale dovesse condividere il parere dell’avvocato generale, allora tutto cambierebbe.
Verrebbe smontato il sistema con cui l’Unione europea e i suoi Stati membri hanno fin qui gestito la crisi migratoria.
Cambierebbe tutto per l’Italia, in particolare. A quel punto sarebbe libera di lasciare far passare i migranti invece di fermarli, come richiesto finora dalle altre capitali. L’Italia non sarebbe più responsabile per la valutazione delle richieste di asilo, che diverrebbero competenza di chi le riceve.
Piccolo caso, grande cambiamento
La rivoluzione potrebbe nascere da un caso sollevato alla Corte di giustizia europea. Un cittadino siriano è scappato dalla guerra civile per chiedere asilo in Slovenia.
E’ arrivato attraverso la rotta dei Balcani occidentali, adesso chiusa. E’ riuscito a raggiungere la meta di destinazione, via Croazia.
Ne è nato un contenzioso tra le autorità dei due Paesi. Il regolamento di Dublino, attualmente in vigore, sostiene che la domanda di asilo va presentata nel Paese di primo arrivo.
La richiesta di protezione internazionale può prevedere la tutela in uno Stato diverso da quello in cui la si presenta. Questa è la procedura standard, che salta però nel momento in cui si verificano situazioni eccezionali come quella che ha interessato e ancora interessa l’Europa. In sostanza i Paesi in prima linea, di fronte a immigrazioni di massa, si trasformano in Paese di transito. Questa interpretazione rischia di cambiare tutto, ora sarà la Corte a fare da arbitro in questa delicata partita.
Italia, fine dell’emergenza e basta hospot
Le implicazioni pratiche di un’eventuale sentenza in senso «anti-Dublino» sarebbero evidenti e immediate. Italia e Grecia, Paesi dove si ammassano i desiderosi di protezione internazionali, sarebbero autorizzati al traffico di migranti, a questo punto regolare.
Dal punto di vista giuridico non si verifica la condizione di «attraversamento irregolare» del suolo nazionale, poichè le autorità sono a conoscenza della presenza dei richiedenti asilo e di dove vogliono andare. Non c’è più clandestinità , in sostanza. E neppure violazione delle regole.
Dal punto di vista pratico per l’Italia spariscono gli obblighi di trattenimento dei migranti negli hotspot, i centri di identificazione. Una volta completate le procedure di registrazione per tracciare il passaggio, i migranti potranno andar via.
Si riapre la rotta dei Balcani?
Verrebbero meno anche gli obblighi per la Grecia di trattenere tutti i richiedenti asilo sul proprio territorio. Così facendo, anche la Grecia potrebbe allentare la presa. Può in sostanza, riprendere il traffico lungo la rotta dei Balcani occidentali, che tanto l’Ue aveva fatto per chiudere. Il caso è certamente diverso, poichè la repubblica ellenica non confina con Paesi Ue nè con Paesi dell’area Schengen per la libertà di circolazione. Ma a questo punto non si è più obbligati a fermare tutti.
Dublino va riformato
Lo sostengono in molti, Italia in particolare. Il regolamento di Dublino va rivisto perchè inadatto a gestire la mutata situazione.
L’avvocato generale conferma. Le sue conclusioni si spiegano col fatto che l’attuale versione del regolamento di Dublino non è stato concepito per disciplinare circostanze eccezionali quali una crisi migratoria. Di conseguenza non si può usare il regolamento per gestire il fenomeno. C’è in sostanza un vuoto normativo, da colmare. Si rende necessaria una riforma del sistema d’asilo europeo.
(da “La Stampa”)
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