IL BARATTO DEI MERCANTI (ANCHE SE SMENTISCONO): SALVINI ACCETTERA’ IL NO ALLA TAV IN CAMBIO DELL’IMPUNITA’ DAL PROCESSO
IL M5S NON PUO’ PERDERE LA FACCIA SULLA TAV, SALVINI HA PAURA DI FINIRE IN GALERA: IL FINALE DELLA FARSA E’ SCONTATO
«Se Salvini ci provoca con Chiomonte, allora finisce qui»: Luigi Di Maio non ha apprezzato molto la visita del leader della Lega al cantiere (per lui inesistente) dell’Alta Velocità in Val di Susa, tanto da tirare fuori nei colloqui con i suoi l’arma finale: la caduta del governo Conte in caso di ripensamenti o arretramenti sulla TAV.
Con una minaccia in più, secondo alcuni retroscena: quello che mette sullo stesso piano il processo sulla Diciotti che Matteo vuole a tutti i costi evitare e che il M5S vorrebbe evitargli sì, ma soltanto se si rispettano i patti.
E allora sul piatto della bilancia c’è da una parte la TAV e dall’altra la Diciotti. Sta ai leghisti scegliere. Con un’avvertenza.
La tanto attesa analisi costi-benefici non solo è pronta, ma è pronta anche la sua traduzione in inglese e francese. Fonti qualificate del ministero delle Infrastrutture fanno trapelare che sta emergendo un saldo fortemente negativo a carico della prosecuzione dell’opera.
La Stampa racconta che l’arrabbiatura è tale che Di Maio non nasconde ai suoi collaboratori che «la faccenda del processo è tutt’altro che chiusa, e ancora non è detta l’ultima parola».
È il grillino a tenere la mano pronta a schiacciare il pulsante che manderà Salvini davanti ai giudici. Una minaccia di rappresaglia figlia anche delle critiche che più passano i giorni più il leader riceve da opinionisti vicini e parlamentari, contro una linea garantista a favore del leghista che si sta rivelando perdente.
Anche Repubblica dice che il Salva-Salvini non è più così scontato:
Ecco, quel salvataggio a questo punto non è affatto scontato, nè in giunta per l’immunità , nè in aula, quando si voterà al Senato sulla richiesta dei giudici di Catania. Anzi, stando a quanto trapela dal Movimento, l’indirizzo che prevarrebbe in queste ore andrebbe nella direzione opposta. La minaccia di crisi formulata di fatto da Luigi Di Maio («Con noi al governo non si fa») e gli insulti del pasdaran Di Battista al suo fianco nella campagna d’Abruzzo («Salvini torni con Berlusconi e non rompa i…») sono un altolà reale, anzi definitivo, fanno sapere dal quartier generale M5S.
C’è il tentativo di mediazione — l’ennesimo — imbastito in serata dal presidente del Consiglio Giuseppe Conte, è vero, concordato più con quell’area del governo. Accenna a una possibile «revisione del progetto» Tav, come previsto dal contratto, ma vincolata all’analisi costi benefici.
Ma non dovrà essere un escamotage per tirare a campare, per prendere quei tre mesi di tempo sui quali punta la Lega per scavallare le Europee e risedersi al tavolo a bocce ferme, fuori dal clima elettorale.
E rimettere mano al progetto Torino-Lione, magari con corposi tagli da 1,5 miliardi sui cantieri italiani. No, nulla di tutto questo sarà possibile, fanno sapere ora Di Maio e Di Battista.
In campo c’è anche Giuseppe Conte. Ma stavolta non farà da paciere, come si è vantato con Angela Merkel, bensì si schiererà anche lui per il no e in pochi giorni Matteo Salvini resterà col cerino della Tav in mano, ma spento.
Anche perchè, come va ripetendo il ministro delle Infrastrutture Toninelli ai suoi interlocutori in queste ore, è dalla sua scrivania che dovrebbero partire, controfirmati, i contratti per l’apertura dei vari lotti della Torino-Lione. Ma quelle firme, analisi alla mano, non saranno mai apposte.
Anche perchè, scrive oggi Luca De Carolis sul Fatto, tra le condizioni che Alessandro Di Battista ha posto per tornare a dare una mano al MoVimento 5 Stelle in vista delle elezioni europee e in tempi di sondaggi calanti c’è proprio quella di non fare un’altra figuraccia epocale come con il TAP, quando l’ex deputato si spese pubblicamente per il blocco in quindici giorni e alla fine i suoi video sono finiti a fare il giro dell’Internet insieme all’accordo sul TAP che lo ha lasciato con il cerino acceso in mano.
E da lì riparte Di Maio: “Il discorso sull’opera è chiuso: possiamo semplicemente dire che finchè il M5S sarà al governo quel cantiere non inizierà , perchè non è stato scavato neanche un centimetro”.
Sillabe per tenersi in equilibrio, perchè il vicepremier combatte con mille fronti, esterni e interni: quindi ha bisogno di un centro di gravità permanente. E il no senza sconti al Tav è essenziale. Anche per rispondere al Salvini che pretende e probabilmente otterrà il no del Movimento alla richiesta di processo nei suoi confronti per sequestro di persona, arrivata dal Tribunale dei ministri di Catania.
(da “NextQuotidiano”)
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