IL CAPO DELLA CROCE ROSSA BIELORUSSA AMMETTE IL RAPIMENTO DI CENTINAIA DI BAMBINI UCRAINI: “E’ PER IL LORO BENE, QUI TROVANO UN’ISOLA DI FELICITA'”
KIEV CHIEDE L’INTERVENTO DELLA CORTE DELL’AJA PER UN MANDATO D’ARRESTO CONTRO QUESTO CRIMINALE
Il segretario generale della Croce Rossa bielorussa, Dmitry Shevtsov, ha ammesso a cuor leggero che le autorità di Minsk, col supporto dell’organizzazione da lui coordinata, hanno deportato verso la Bielorussia centinaia di bambini ucraini. Shevtsov ha raccontato candidamente la sua versione dei fatti in un’intervista andata in onda sulla tv bielorussa ieri, mercoledì 19 luglio, e girata a Lysychansk, città del Lugansk occupata dalle forze russe. «Sono stato colpito al cuore dal fatto che la gente accusi la Bielorussia di rapire bambini», dice Shevtsov nell’intervista: «Non posso permettere che sia danneggiata l’immagine di un intero Paese, della Croce Rosse bielorussa o dell’intero movimento mondiale della Croce Rossa, che è impegnato nella protezione dei valori umani, nel salvare vite e aiutare chi ha bisogno, a prescindere da chi sia. È questo ciò che facciamo».
La premessa per un’orgogliosa smentita dell’accusa ai vertici bielorussi di aver contribuito a strappare bimbi ucraini alle loro famiglie per «rieducarli», ragione per la quale la Corte penale internazionale ha spiccato nei mesi scorsi un mandato d’arresto internazionale per il presidente russo Vladimir Putin, oltre che per la commissaria per i diritti dei bambini del Cremlino Maria Lvova-Belova? Tutt’altro. Il fondamento teorico, se mai, per le azioni compiute e ora rivendicate da Shevtsov, che ha proseguito sostenendo che l’organizzazione da lui diretta ha contribuito al trasferimento di centinaia di bambini dall’Ucraina per «migliorare la loro salute».
«La Croce Rossa bielorussa ha preso, sta prendendo e continuerà a prendere parte in questo», ha scandito ai microfoni della tv nazionale Shevtsov, ribadendo che l’intento dell’iniziativa era ed è quella di aiutare i ragazzini a sfuggire alla guerra e ai suoi traumi. In Bielorussia, rivendica spudoratamente l’uomo, «i bambini dimenticano gli orrori della guerra, possono riposarsi, e sentono di aver trovato un’isola di felicità».
I numeri dell’orrore
Già lo scorso mese, ricorda il Kyiv Post, la Croce Rossa bielorussa aveva fatto sapere di aver «salvato» oltre 700 bambini ucraini, nel quadro di un progetto cofinanziato dalle autorità di Mosca e di Minsk. Queste ultime hanno confermato di «ospitare» nel Paese «per ragioni di salute» oltre mille minorenni, compresi tra i 6 e i 15 anni, provenienti dalle zone dell’Ucraina occupate dalla Russia. Il primo gruppo di bambini sarebbe arrivato a destinazione ad aprile, hanno fatto sapere le autorità. Ma i numeri reali potrebbero essere più ampi.
L’attivista dell’opposizione bielorussa Pavel Latushka, come ricordano i media svizzeri, ha detto nelle scorse settimane di avere raccolto le prove del trasferimento forzato nel Paese di 2.100 bambini ucraini proveniente da almeno 15 diverse città ucraine occupate, con il consenso diretto del dittatore Aleksandr Lukashenko. Prove che Latushka dice di aver inviato alla Corte dell’Aja per corroborare le indagini internazionali sui crimini di guerra.
Scandalo e proteste
Dopo la messa in onda del servizio il ministro degli Esteri Dmytro Kuleba ha tuonato, chiedendo che la Corte penale spicchi un mandato d’arresto internazionale per Shevtsov, considerato che questi ha «confessato pubblicamente il crimine di deportazione illegale di bambini dalle aree occupate dell’Ucraina». La stessa Federazione Internazionale della Croce Rossa, con sede a Ginevra, ha preso immediatamente le distanze dalla sua associazione affiliata bielorussa, facendo sapere di aver ordinato l’apertura di un’indagine indipendente sulle «possibili violazioni dell’integrità» dell’organizzazione e chiarendo che le affermazioni di Shevstov non rappresentano la Federazione.
Il tema della deportazione di migliaia di bambini ucraini verso la Russia è come noto il primo nell’agenda della mediazione voluta da Papa Francesco e affidata al cardinale Matteo Zuppi, che nelle scorse settimane ha visitato prima Kiev e poi Mosca, chiedendo segnali concreti per risolvere la questione ai vertici del Cremlino e alla stessa «commissaria» Lvova-Belova.
(da agenzie)
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