IL GIOVANE PROFUGO UCCISO IN CALABRIA ERA UN SINDACALISTA CHE DIFENDEVA I BRACCIANTI SFRUTTATI: “VITTIMA DEL CLIMA DI ODIO, LA POLITICA HA ARMATO LA MANO DEI SUOI ASSASSINI”
SOUMAILA SACKO ERA IN PRIMA FILA NELLE DENUNCE DELLO SFRUTTAMENTO DEI LAVORATORI STRANIERI NELLA PIANA DI GIOIA TAURO… MA CASO STRANO SALVINI, ABITUATO A VISITARE I CAMPI ROM, NON E’ MAI ANDATO A “DENUNCIARE” I CRIMINALI ITALIANI CHE PAGANO TRE EURO L’ORA LA MANODOPERA STRANIERA
Un omicidio di chiaro stampo razzista in terre dove la criminalità la fa da padrona: era un attivista sindacale dell’Usb (Unione sindacale di base), Soumaila Sacko, il ragazzo 30enne del Mali ucciso nel Vibonese nel corso di una sparatoria.
Un ragazzo da sempre in prima fila nelle lotte sindacali per difendere i diritti dei braccianti agricoli sfruttati nella Piana di Gioia Tauro e costretti a vivere in condizioni fatiscenti nella tendopoli di San Ferdinando (Rc).
E proprio l’Unione sindacale di base, per protestare contro la sparatori che ha causato il ferimento di altri due migranti del Mali, ha indetto per domani, lunedi’ 4 giugno, una giornata di sciopero dei braccianti agricoli.
I tre migranti, tutti con regolare permesso di soggiorno, stavano raccogliendo delle lamiere nell’area dell’ex fornace “La Tranquilla” di San Calogero (Vv), quando un uomo è sceso da una Fiat Panda premendo quattro volte il grilletto del fucile.
Le indagini dei carabinieri, coordinate dalla Procura di Vibo Valentia, escludono che i tre migranti stessero compiendo un furto in quanto non esiste nessun proprietario che possa rivendicare l’asportazione del materiale (lamiere) abbandonato
Sulla vicenda è intervenuta la Usb con una nota molto dura:
Dopo Abdel Salam a Piacenza un altro lavoratore migrante, il ventinovenne maliano Soumaila Sacko, interno al percorso di lotte di USB tra i braccianti della piana di Gioia Tauro, è stato ammazzato ieri sera mentre insieme ad altri migranti si trovava nei pressi di una fabbrica dismessa forse per cercare lamiere o cartoni con cui costruire la propria baracca. È stato raggiunto da uno dei colpi di fucile sparati da 150 metri da sconosciuti. Nessun motivo dietro l’aggressione, nessun rapporto era mai esistito tra i migranti che si spaccano la schiena nella raccolta di agrumi della Piana e l’assassino. Basta la pelle nera, basta sapersi protetto e condiviso dalle dichiarazioni del neoministro degli interni Salvini, di quello prima Minniti e di quello prima ancora Alfano.
Legittima difesa, respingimenti, pugno di ferro, fine della pacchia è sulla scorta di queste indicazioni che l’assassino ha ritenuto un suo diritto aprire il tiro al bersaglio su Soumaila e i suoi fratelli.
Non c’è un solo responsabile, non c’è nessuna casualità , c’è un clima di odio costruito ad arte da chi cerca di scaricare sui migranti la rabbia di chi è colpito dalle politiche di attacco alle condizioni di vita dei lavoratori e delle loro famiglie richieste dall’Unione Europea e attuate da tutti i governi.
Che i tempi sarebbero stati duri per i migranti e per chi si organizza per ottenere i propri diritti si era capito dal giorno dopo le elezioni del 4 marzo e durante tutta l’ignobile farsa della nascita del nuovo governo.
Minacce ad ogni piè sospinto ai migranti, truce e continuo appello a una legalità che non è giustizia sono stati il leit motiv di un clima che ieri, a San Calogero, si è materializzato nell’assassinio di Soumaila e il ferimento di un altro fratello migrante.
Daremo una risposta, la più grande possibile, a questo omicidio, cominciando dallo sciopero generale dei braccianti proclamato dall’Usb per lunedì 4 giugno e dalla manifestazione nazionale già convocata a Roma il 16 giugno a Roma.
(da Globalist)
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