IL GOVERNO DEL PRESIDENTE SCUOTE IL PD, RENZIANI E GIOVANI TURCHI: “SE BERSANI FALLISCE, DOVREMO ASCOLTARE NAPOLITANO”
NEL PARTITO CRESCE L’IRRITAZIONE VERSO I GRILLINI: “INCAPACI DI PRENDERSI RESPONSABILITA'”
«Salta il Pd? Ma no, perchè?». Matteo Renzi rassicura.
Ma il Pd è una pentola a pressione.
La paura del fallimento di Bersani è una spada di Damocle per il centrosinistra. Innescherebbe una reazione a catena e, se il segretario insistesse sulla posizione di chiusura a un “governo del presidente”, rischierebbe di passare in minoranza.
I bersaniani negano. Maurizio Migliavacca, capo della segreteria, piacentino, colui a cui Bersani affida le patate bollenti anche di queste ultime ore, lancia bordate ai 5Stelle: «Si chiariscano le idee e si assumano le loro responsabilità ».
Però il “passo B” non lo prende ancora in considerazione, Migliavacca: «Ammesso che accada il peggio, e incrociamo le dita, se il Colle volesse tentare altre strade non maturerebbero in poche ore».
Il Pd avrebbe cioè tutto il tempo per digerirle.
Ma allora le tensioni sarebbero vicine al punto di rottura. Il tam tam dei renziani per un “governo del presidente” ha messo solo la sordina. Paolo Gentiloni ha rilanciato più e più volte il “governo istituzionale o a bassa intensità politica”, che consentirebbe intese larghe: «Faccio il tifo per Bersani, ma non possiamo tornare al voto con questa legge elettorale e il Pd non potrà che assecondare la decisione del presidente della Repubblica».
Matteo Richetti, braccio destro del sindaco “rottamatore”, aveva brandito, e poi negato, la possibilità di scissione.
Roberto Reggi, “falco” renziano, non ha escluso l’ipotesi che già da subito il presidente Napolitano possa affidare un incarico a Renzi.
A parte il gioco a chi la spara più grossa, al giro di boa per la nascita di un governo Bersani e ancora nell’incertezza, c’è una resa dei conti in atto sulla strategia portata avanti fin qui di abbraccio con i 5Stelle.
Qualche giorno fa, Renzi aveva detto che l’inutile perdita di tempo dietro ai grillini, rendeva la strada verso il governo «da stretta a strettissima».
Mantra renziano di ieri, dopo la performance grillina in streaming, la conferenza stampa, gli insulti di Grillo sul blog e lo spariglio serale su un altro nome per il governo che non sia Bersani. «I 5Stelle così facendo si stanno rivelando dei matti — afferma Pippo Civati, simpatizzante dei grillini — hanno un atteggiamento impolitico, dicono tutto e il suo contrario. Sono disposti ad appoggiare un governo non guidato da Bersani? Parlassero chiaro. Per il Pd è davvero un momento difficile. Su Twitter circola la battuta: “Abbiamo cominciato con Saviano e finiamo con Miccichè”».
A pranzo con i fedelissimi — Enrico Letta, Dario Franceschini, Vasco Errani e Migliavacca — Bersani ha mostrato l’irritazione verso i 5Stelle che «hanno paura di prendersi le responsabilità e di affrontare i temi veri».
«Pier Luigi avrebbe dovuto reagire più duramente agli insulti, alle contumelie di Grillo, che si mette sotto i piedi le istituzioni», argomenta su Facebook Donatella Ferranti, cattolicodemocratica, convinta che Bersani sia da sostenere fino all’ultima possibilità , però poi si cambia registro e non si torna alle urne.
E persino la “gauche” del Pd, i cosiddetti “giovani turchi”, da Orlando a Orfini, hanno una posizione più sfumata.
Avevano sempre sostenuto: o Bersani o voto; ora sembrano più possibilisti verso una soluzione del presidente, a patto che non comporti un governissimo.
Non così, Stefano Fassina, che precisa: «Bersani ce la farà , però se così non fosse allora, meglio andare al voto e il più rapidamente possibile».
Giovanna Casadio
(da “La Repubblica”)
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