IL MONDO NUOVO A CUI SI RIVOLGE SCHLEIN
LA SEGRETARIA PARLA AI GIOVANI, AI PRECARI, AI SOTTOPAGATI, A CHI CONFIDA IN UN MONDO IN CUI IL LAVORO NON E’ PIU’ AL CENTRO
Elly Schlein come il palo della Banda dell’Ortica: così la raccontano le malelingue del Pd. In Italia succede la qualunque, questa destra ne combina di ogni colore ma lei, proprio come il personaggio di Enzo Jannacci, è “sempre fissa, lì, a scrutare nella notte”; cioè inconsapevole, perennemente altrove, estranea a quanto si dibatte nel governo, nel Parlamento e, a ricasco, nei talk-show, sui giornali, oppure a cena e al bar.
L’assenza o latitanza della Schlein costituisce ormai la sua cifra di leader. Ma questa caricatura che sta prendendo piede – occorre chiarirlo subito – non corrisponde al vero, ovvero vi corrisponde soltanto a metà perché Elly è tutt’altro che sprovveduta, ingenua, inesperta o naïve; semmai è una furbona la quale, diversamente dal palo della banda, vede e sente soltanto ciò che le conviene e nella misura in cui corrisponde al suo piano; a costo di sembrare asincrona non si fa dettare l’agenda.
Dinanzi al grande dilemma esistenziale se “ci è” o “ci fa”, come dicono a Roma, la risposta esatta è la seconda. “Ci fa”, nel senso che la sua apparenza aliena è figlia di un sottile calcolo.
All’inizio poco di lei si sapeva: era ambientalista, okay, e anche pro-migranti, per i diritti arcobaleno, pacifista. Cos’altro avesse in mente, in che consistesse il suo piano d’azione, a chi intendesse rivolgere le attenzioni del Pd erano altrettanti misteri.
Oggi, duecento giorni dopo l’elezione, parecchio si è chiarito. Elly ha piantato paletti che ne delimitano il campo di azione e fanno riferimento a precisi destinatari.
Si prenda il salario minimo: la proposta è stata pensata per quanti vivono ai margini, per definizione sfruttati, il più delle volte giovani. Non riguarda la grande massa dei salariati che magari se la passa altrettanto male ma nominalmente guadagna di più. I 9 euro di paga base fanno il paio con l’avversione al Jobs Act, che è un altro segnale ai nuovi diseredati, precari e senza una garanzia d’impiego. Schlein vuol far sapere: io vi sostengo, sono con voi diversamente dal vecchio Pd. Terzo paletto che definisce il suo pubblico: la suggestione dei 4 giorni lavorativi a parità di retribuzione.
Il primo a parlarne fu Giuseppe Conte, e non è un caso. Schlein vuole contendere ai grillini quei mondi che (oltre a desiderare una paga equa e un posto sicuro) privilegiano il tempo libero, non coltivano aspettative di carriera, tantomeno pensano di realizzarsi facendosi un mazzo spaziale. La segretaria sostiene, in base a esperienze straniere, che lavora meglio chi lavora meno e la produzione cala con l’aumento della fatica.
Ma l’efficienza non è in cima alle preoccupazioni di Elly così come la sorte di professionisti, lavoratori autonomi, imprenditori e tutti quanti lavorano h24 per 365 giorni l’anno. L’amore per il lavoro è un disvalore: questo vuol farci sapere la segretaria; tantomeno (come ritenevano i padri della sinistra) è l’epicentro dello scontro di classe, la grande leva dell’emancipazione come s’illudeva Karl Marx; meglio una scelta di vita dove il lavoro viene dopo il privato, con più rispetto per le aspirazioni proprie e del pianeta; chiamiamola se vogliamo “decrescita felice”.
Così, paletto dopo paletto, si va delineando l’identikit dell’elettorato cui mira la Schlein: giovane, precario, sottopagato, che confida nelle utopie in divenire del mondo automatizzato e dell’intelligenza artificiale dove nessuno dovrà sgobbare perché ai nostri bisogni provvederanno i robot, compresi quelli sonnolenti con cui ci deliziava nelle sue favole Gianni Rodari.
L’elettore del Pd targato Schlein non crede nelle divisioni in blocchi, nella giustizia attraverso le armi, nei dittatori africani che diventano buoni, nei freni ai migranti. Per cui Elly, come il cancelliere socialdemocratico Scholz, rinvierebbe l’aumento delle spese militari; è contro l’“esternalizzazione” dei Cpr; non spende una parola sui termovalorizzatori che è già un modo per sabotarli.
Semmai ha in mente il popolo Lgbt e a ragione nega di aver visto lo spot di Esselunga tanto lodato dalla Meloni (decisione di estrema finezza, secondo Paolo Mieli) perché non è tra le famigliole con il carrello della spesa che spera di raccogliere voti, né tra quanti non sanno come pagarsi il mutuo, o fanno la fila al pronto soccorso, o attendono l’ecografia da mesi, o vedono la pensione sbranata dal carovita, o temono che l’azienda vada zampe per aria a causa della recessione: quelli si rivolgono a Giorgia, è da lei che bussano, magari resteranno delusi però intanto la votano, inutile sprecarci fiato ed energia
Ecco perché la segretaria non ha speso una mezza parola sulla manovra di bilancio, sul debito in eccesso, sui mercati in subbuglio delegando il responsabile economico del partito Antonio Misiani (che non è la stessa cosa).
Idem su materie complicate, spesso noiose come la riforma della giustizia o quella delle istituzioni: non rappresentano il suo “core business”. Non parlano ai suoi potenziali elettori. E c’è coerenza nel “metodo Schlein”, a differenza di quei vecchi mestieranti Pd che l’avevano voluta sperando di manipolarla, di dirigerla salvo poi scoprire che la fanciullina preferisce sbagliare di testa sua, e si comporta da “gruppettara” nata nei movimenti, cresciuta nei centri sociali.
Lei è come è, tutta sbilanciata da una parte; però loro (i marpioni ex-dc che soffrono vedendo la famiglia trascurata e il ceto medio incompreso) le hanno spianato la strada con le primarie aperte, dove chiunque passando poteva votare, umiliando gli iscritti che avrebbero voluto Stefano Bonaccini. Ora, pare, sono pentiti: se la prendano con se stessi e non con Elly.
(da Huffingtonpost)
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