IL PD SALVA CALDEROLI: “KYENGE PARE UN ORANGO” NON E’ DISCRIMINAZIONE RAZZIALE MA SOLO DIFFAMAZIONE
PIDDINI DETERMINANTI AL SENATO, MARCHETTE RECIPROCHE
Affermare in un comizio che un ministro di origini congolesi ha “le sembianze di un orango” non ha alcuna finalità di discriminazione razziale.
È la conclusione alla quale è giunta l’Aula del Senato, che ha salvato Roberto Calderoli dall’accusa più grave relativamente alle offese pronunciate il 13 luglio 2013 nei confronti dell’allora ministro dell’Integrazione Cècile Kyenge.
«Ogni tanto, smanettando con internet, apro il sito del governo e quando vedo venire fuori la Kyenge io resto secco. Io sono anche un amante degli animali per l’amore del cielo. Ho avuto le tigri, gli orsi, le scimmie e tutto il resto. Però quando vedo uscire delle sembianze di un orango, io resto ancora sconvolto» aveva affermato Calderoli nel corso di una manifestazione del Carroccio a Treviglio.
Parole non solo diffamatorie, ma anche caratterizzate dall’aggravante della discriminazione razziale per i pm bergamaschi Maria Cristina Rota e Gianluigi Dettori.
Non per i colleghi senatori di Calderoli, che con una votazione per parti separate hanno ritenuto che ci sia la diffamazione ma non l’intento discriminatorio.
Una soluzione a metà , che salva il politico del Carroccio dall’accusa più grave.
E molto verosimilmente anche un segnale, visto che Calderoli ha presentato mezzo milione di emendamenti alla riforma costituzione del governo Renzi, che rischiano seriamente di impedirne l’approvazione.
Questa la motivazione riportata nella relazione del forzista Lucio Malan, che ha perorato in Aula la difesa dell’esponente del Carroccio: «Calderoli ha utilizzato, all’interno di un articolato intervento sull’immigrazione fortemente critico, un’espressione forte, ma fatta esclusivamente come battuta ad effetto, visto che il contesto, oltre che politico, era anche ludico e cioè quello di una festa estiva organizzata». Insomma, uno scherzo.
Che l’esito sarebbe stato questo era prevedibile, per come si erano messe le cose in Giunta. «Era una critica relativa alla politica migratoria del governo Letta» si era giustificato Calderoli quando è stato sentito dalla Giunta delle immunità .
E così una prima proposta di concedere l’autorizzazione a procedere nei confronti di Calderoli, che vedeva come relatore il grillino Vito Crimi, era stata bocciata.
E proprio il Pd aveva sposato la tesi di Calderoli.
Disse ad esempio il democratico Claudio Moscardelli: “Le accuse relative alle incitazioni all’odio razziale risultano infondate, atteso il contesto politico nel quale le frasi in questione sono state pronunciate e attesa anche la configurazione del movimento della Lega, nel cui ambito operano anche diverse persone di colore”. Mentre per il suo collega Giuseppe Cucca, pure lui del Pd, “le parole pronunciate dal senatore Calderoli vanno valutate nell’ambito di un particolare contesto di critica politica” e “spesso nella satira si paragonano persone ad animali, senza che tali circostanze diano luogo a fattispecie criminose”.
Prima di votare, il Pd aveva provato a rimandare la decisione, malgrado la Giunta avesse votato il 4 febbraio, ovvero oltre sette mesi fa: “Ci vuole un ulteriore approfondimento, la delicatezza della questione impone che ogni senatore possa essere debitamente informato”.
Ma la proposta è stata respinta.
E Calderoli è salvo a metà .
Paolo Fantauzzi
(da “L’Espresso”)
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