IL TRADIMENTO DI GIORGIA MELONI, DALLE LACRIME IPOCRITE PER JAN PALACH AL ”CHISSENEFREGA DI KIEV”
ORA GLI INFAMI STANNO CON I CRIMINALI IMPERIALISTI
Da che mondo è mondo destra è uguale a patriottismo. E da che mondo è mondo destra è anticomunismo. Ovunque ma non in Italia, strano paese in mezzo al Mediterraneo in cui ogni destra possibile, da quella estrema di Fratelli d’Italia a quella moderata di Forza Italia passando a quella populista della Lega, declina la sua azione politica inneggiando ai peggiori nemici dell’Occidente.
Se l’amicizia personale tra Silvio Berlusconi e Putin potrebbe non avere nulla di politico, è invece sotto gli occhi di tutti l’innamoramento ideologico per lo zar di Mosca di Giorgia Meloni e Matteo Salvini. In questo decennio non è passato anno in cui i due non abbiano sentito il bisogno di dichiarare la fatale attrazione verso l’uomo che vuole rifondare l’impero sovietico riconquistando pezzi di nazioni che si sono liberate dalla morsa moscovita. E in questi giorni non passa ora in cui queste bruttissime destre italiane non si dicono pronte a vendersi agli interessi di Mosca per qualche tonnellata di gas in più.
La destra eroica che sognava la riunificazione sulle “Strade d’Europa”, che cantava “Europa Nazione” contro tutto e tutti, è diventata una
destra bottegaia che ragiona sempre e comunque con la paura della pancia vuota. Vale la pena ascoltare il grido di dolore per questa giravolta esistenziale che uno come Enzo Raisi, già deputato di Alleanza Nazionale, già assessore della giunta Guazzaloca a Bologna, pezzo di storia della destra italiana (consiglio la lettura del suo “La casta siete voi” con la prefazione di Gianfranco Fini), ha lanciato su Facebook: “Molti di quelli che con me cantavano ragazzi di Buda ragazzi di Pest, che piangevano ricordando la figura di Jan Palach pare che oggi dei ragazzi di Kiev proprio non gliene frega niente stanno con i loro Caini di allora e di oggi… è proprio un mondo che va alla rovescia”.
Farebbe ridere se non fosse una bestialità culturale il tradimento di chi, come Giorgia Meloni, svende in nome di un sovranpopulismo servo ciò che della propria storia non andava buttato: l’anti totalitarismo, l’utopia di un’Europa “imperiale”, forte e unita, la lotta pressoché solitaria contro il mondo uscito da quella Yalta che aveva appaltato al blocco sovietico metà Europa continentale, fino a Berlino, fino alla bolognese via Stalingrado.
Vale allora la pena di ascoltare per intero lo sfogo social di Enzo Raisi, perché no, non è detto che la storia della destra debba finire così, in braccio ai nemici di un tempo, senza che nulla sia cambiato se non il proprio vuoto ideale: “Quando Putin – scrive Raisi- ci ha preso per i fondelli dicendo che la sua era solo una manovra militare i filo putiniani tutti a dire “avete visto i guerrafondai erano Biden e il suo governo gne gne…”. Ora che Putin ha dimostrato con i fatti che ci prendeva per i fondelli e ha riconosciuto le due regioni ucraine che si sono dichiarate indipendenti e ha cominciato a mandare le truppe per l’assalto finale i filoputiniani “eh si ma è colpa degli americani..”.
Che l’Ucraina sia uno stato libero, democratico e indipendente e che vuole giustamente scegliere di tornare ad essere uno stato europeo, come sempre è stato nella storia, a lor signori non gliene frega nulla. È sempre colpa degli americani, di Biden e gne gne. Poi toccherà ai paesi Baltici e riusciranno a dire che i russi hanno diritto a uno sbocco sul mare…”. Fino all’atto di accusa finale: “Ma almeno abbiate il coraggio – ancora Raisi – di dire quello che avete in testa, vi piace Putin, il suo sistema autoritario, i suoi oligarchi corrotti che lo sostengono. Non trovate sempre la scusa degli americani, almeno siete più credibili, l’uomo forte vi è sempre piaciuto. Ma a noi che da destra la scelta democratica l’abbiamo fatta non con le parole ma con i fatti, quelli come Putin ci fanno schifo”.
Applausi. Applausi scroscianti. Perché no, la destra italiana non può essere solo quella che applaude inebetita quando i cavalli dei cosacchi si abbeverano alla fontane di Roma. E di Praga. E di Kiev…
(da Huffingtonpost)
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