IL VALZER DEI NUOVI MINISTRI DOPO IL RIMPASTO: EPIFANI, TINAGLI, ICHINO E NENCINI
TRA LE IPOTESI: EPIFANI AL LAVORO, TABACCI AL POSTO DELLA DE GIROLAMO, DEL RIO O TINAGLI AL POSTO DI ZANONATO, NENCINI A QUELLO LASCIATO VACANTE DALLA IDEM
Se non fosse per un particolare non di poco conto, cioè il recalcitrare (se non la conclamata ostilità ) del leader del Pd, Matteo Renzi, a ‘sporcarsi le mani’ in un ‘rimpasto’ di governo, quello guidato da Enrico Letta, il che equivarrebbe, politicamente, a legarsi mani e piedi ai suoi destini (di Letta), il ‘rimpasto’ sarebbe bello che fatto.
A questo punto, infatti, è lo stesso premier — in questi giorni in Messico e che riprenderà i colloqui con la maggioranza a partire dal 15/16 gennaio) — a voler accelerare a tal punto da essere pronto anche a un rimpasto così largo da prefigurare, appunto, un Letta bis e, dunque, la necessità di un nuovo voto di fiducia delle Camere anche perchè difficilmente il Capo dello Stato, davanti a un rimaneggiamento ampio della squadra di governo, non chiederebbe una verifica parlamentare su una o più mozioni di fiducia.
Il che costringerebbe Renzi e il suo Pd a vincolarsi almeno per un anno intero (agenda che Letta chiama, non a caso, ‘Impegno 2014’) al programma e alla squadra del premier.
Ove ciò accadesse, sia nella versione del ‘rimpastone’ (oggi più quotata, per paradosso) che in quella del ‘rimpastino’ la disponibilità di nomi da collocare e caselle da riempire e/o collocare è già molto ampia.
E, come si usa dire, ‘il catalogo è questo’.
L’ex segretario della Cgil nonchè ex segretario pro tempore del Pd mai sgradito nè inviso a Renzi e suoi (Lotti, Guerini, etc), Guglielmo Epifani, al Lavoro, al posto di quell’Enrico Giovannini che non passa giorno (e ormai da mesi) senza criticare il Job Act di Renzi e le sue idee sul lavoro.
Il che sarebbe un buon modo (Epifani in luogo del tecnico Giovannini, ministro pochissimo amato da sindacati e industriali e che, oggettivamente, ha fatto poco, vedi alla voce: flop cuneo fiscale) per ‘rassicurare’ la Cgil di Susanna Camusso, cioè il primo sindacato che il Job Act dovrà digerire.
Un ‘Mister X’ non facile da individuare al posto di Flavio Zanonato, titolare dello Sviluppo Economico, a sua volta nella black list di Renzi, e non solo per il suo essere ‘bersaniano’ d’imprinting ma perchè è dal suo dicastero che possono partire risorse e occasioni per la ripresa del Paese e che — dicono molti renziani doc — “a differenza del povero Pier Luigi che da quel ministero fece faville, le sue azioni migliori, non ha fatto nulla”.
Poltrona su cui potrebbe andare o un renziano di stretta fiducia del leader, magari promuovendo il suo solo uomo al governo, Graziano Del Rio (Affari regionali), che ieri ha detto a Skytg24 “Il rimpasto lo affronteremo solo con un’agenda nuova”, aprendo però in modo implicito all’ipotesi. Oppure un esponente di Scelta Civica, ove si volesse preferire una donna che, in ogni caso, è vicina a Renzi, la giovane economista Irene Tinagli, Front man anche dei desiderata, insieme al senatore Ichino, dei montiani.
I quali, per bocca dello stesso leader di Sc, Mario Monti, tolgono di mezzo ogni sospetto di voler sostituire Fabrizio Saccomanni (il quale, oltre che ‘protetto’ a testuggine dal Colle, informa: “resto al mio posto”…) al dicastero dell’Economia proprio con il nome dell’ex premier. “Mi pare del tutto improbabile mi venga chiesto di entrare nel governo — scrive oggi Monti attraverso un post sulla sua pagina Facebook — e comunque non sarei disponibile nè per l’Economia nè per altre posizioni. Saccomanni resta la miglior soluzione, anche se mi piacerebbe vederlo più grintoso…”.
Ma, per un Monti che si sfila, preferendo proiettarsi in chiave europea super partes quando in autunno ci saranno da distribuire molti posti chiave dentro il nuovo board della Ue, a partire da quelli di commissari europei, c’è una Sc ‘partito’ che conferma — come ha chiesto direttamente a Letta il neo segretario, la dinamica Stefania Giannini durante le consultazioni – di puntare apertamente a un ‘riequilibrio’ che compensi le fuoriuscite del ministro Mario Mauro&co. che hanno dato vita a I Popolari con l’Udc.
Sc, peraltro, chiede ‘solo’ dicasteri economici, anche se non per forza in posizione di ministro come per Tinagli, ma anche ‘solo’ di viceministri.
In pole position, i nomi di Benedetto Della Vedova, senatore ex radicale, poi ex-finiano, oggi portavoce del partito di Monti, e/o di Enrico Zanetti, responsabile Politiche fiscali di Sc, montiano doc, volto poco noto, ma da risarcire dopo aver perso contro Andrea Romano il ballottaggio interno tra i deputati di Sc su chi dovesse diventare il neocapogruppo alla Camera.
Infine, due vere new entry.
La prima è il segretario del Psi, il toscano Riccardo Nencini: in ottimi rapporti con Letta, potrebbe ambire a un dicastero tutto suo (e sarebbe la prima volta da lungo tempo, per un socialista) che potrebbe essere lo Sport e le Pari Opportunità (casella lasciata vuota dall’ex campionessa di canoa Josefa Idem, allora quota Pd) oppure l’Integrazione dove Cecile Kyenge potrebbe decidere di lasciare, si dice nel Pd, “un po’ perchè sotto pressione, un po’ perchè inadeguata” e candidarsi alle Europee sempre per il Pd in una circoscrizione del Nord.
La seconda è il presidente di Centro democratico, Bruno Tabacci al posto dell’attuale ministro dell’Agricoltura, Nunzia De Girolamo (NCD).
Ex diccì di lungo corso, già presidente della regione Lombardia, allievo di Marcora e della ‘sinistra di Base’, uscito indenne e pulito da Tangentopoli, una lunga seconda vita come oppositore di Tremonti sui temi economici, poi passato all’Udc, infine approdato nel partito di Pisicchio e Formisano, in ottimi rapporti con la giunta di Milano guidata da Giuliano Pisapia, ma ben visto persino dal governatore lombardo, Bobo Maroni, esperto di agricoltura e capace di tessere relazioni con gruppi industriali e bancari in un anno clou tra Expò (dedicato proprio all’Alimentazione) ed economia, Tabacci rappresenterebbe la classica ‘quadratura del cerchio’. Sia per accontentare Cd (i cui eletti, come i Socialisti, al Senato valgono tanto oro quanto pesano…) che per uscire dall’imbarazzo dal ‘caso De Girolamo’.
Un caso che, nonostante la autodifesa orgogliosa del ministro (“Sono pronta a venire in Parlamento a riferire sulla vicenda in ogni momento”), rischia di logorarla (forse neppure con una mozione di sfiducia, basta la pioggia interrogazioni coi deputati democrat che si sommano ai grillini…) tra difese ‘d’ufficio’ del suo partito e il gelo imbarazzato di palazzo Chigi.
Senza dire del fatto che, in un eventuale — ma ormai sempre più possibile — ‘rimpasto’ la quota dei ministri dell’NCD, il partito di Angelino Alfano, non potrebbe che scendere.
Oggi sono cinque e considerando che nè Lupi, che deve seguire partite delicate (Alitalia, nomine negli enti, autostrade) nè Lorenzin hanno demeritato mentre Quagliariello è protetto dal Quirinale, oltre che dal suo partito e da Letta, per quanto sia ‘inviso’ al Pd di Renzi, l’unica pedina davvero sacrificabile resta, appunto, quella De Girolamo.
Solo che, insieme all’NCD, a ‘scendere’, in un eventuale ‘Letta bis’, ci sarebbe anche il ‘vecchio’ Pd di quando Renzi non ne era ancora alla guida a scapito del suo, certo, ma pure dei ‘piccoli’, da Nencini a Tabacci.
(da “Huffingtonpost“)
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