IN PARLAMENTO VIGE GIA’ L’AUTOASSOLUZIONE
AZZOLLINI SI E’ SALVATO, TREMONTI E’ PROBABILE E SU BILARDI C’E’ MELINA
Azzollini si è salvato, Tremonti probabilmente, Bilardi chissà .
Semplificando un po’, si potrebbe dire che l’amnistia proposta dal Papa i parlamentari se la stiano facendo da soli, senza bisogno di ispirazioni celesti.
A fine luglio il Senato aveva salvato l’onorevole del Nuovo Centro Destra Antonio Azzollini, coinvolto nell’inchiesta sul crac della casa della Divina Provvidenza di Bisceglie.
Grazie al soccorso degli alleati di governo del Pd, il Senato ha risparmiato il carcere all’ex presidente di commissione, respingendo la richiesta dalla magistratura e ignorando il parere positivo dalla giunta delle immunità di Palazzo Madama.
Anche l’exministro dell’Economia Giulio Tremonti sembra sul punto di tirare il proverbiale sospiro di sollievo.
Su di lui pesa un’inchiesta su una presunta tangente da 2,6 milioni di euro che gli sarebbe stata versata per convincerlo a dare il suo assenso a un’operazione di Finmeccanica, che si è rivelata poi disastrosa per i conti pubblici: l’acquisizione della società americana Drs.
La procura di Milano ha accusato Tremonti di corruzione.La palla sarebbe dovuta passare al Tribunale dei ministri, non prima però dell’autorizzazione della giunta del Senato. La quale non ha ritenuto che l’eventuale reato compiuto da Tremonti fosse stato commesso nello svolgimento della sua funzione, bensì prima della sua nomina.
E quindi, secondo il voto unanime dei colleghi senatori, il giudizio su Tremonti non spetta al Tribunale dei ministri ma alla giustizia ordinaria.
Non c’è malizia, nè spirito di Casta, stavolta.
Ma il risultato—come scrive Repubblica — è che l’intervento della giunta ha fatto venire meno la condizione di procedibilità .
In sostanza, adesso, la procura di Milano è bloccata e si galoppa verso la prescrizione, che scatta ad agosto 2016.
La settimana prossima tocca a Giovanni Bilardi.
Ancora un senatore, ancora di Ncd, ancora una richiesta di arresto. Per il Pd, dopo la figuraccia su Azzollini, si ricomincia da capo. Bilardi è indagato nell’inchiesta sulle spese pazze della Regione Calabria, di cui era consigliere prima dell’approdo in Parlamento.
La sua situazione è particolarmente delicata: ha subito il sequestro di 357mila euro e gli sono state attribuite, nel corso degli interrogatori, “innumerevoli dichiarazioni mendaci, nel goffo tentativo di giustificare le proprie condotte illecite”.
Tra sette giorni la giunta delle immunità si esprime sul suo destino.
Mercoledì 9 settembre dovrebbe essere la volta buona per il voto sulla sua richiesta d’arresto ai domiciliari, a meno di ulteriori, clamorose meline: la decisione sull’alfaniano infatti è stata rinviata già due volte.
La prima, il 15 luglio. Provvidenziale l’intervento del collega del Pd Giorgio Pagliari, che ha proposto di interpellare addirittura il presidente del Senato Pietro Grasso.
Si è deciso di scomodare la seconda carica dello Stato affinchè fornisse “i dati necessari per capire esattamente a quanto ammontino le risorse pubbliche nella disponibilità del senatore”. Insomma,la giunta ha ritenuto ci fosse bisogno di Grasso per conoscere lo stipendio esatto di Bilardi (visto che i magistrati reggini sostengono ci sia il rischio di reiterazione del reato grazie alla possibilità di disporre di“ingenti somme”).
Tutti d’accordo tranne Felice Casson (Pd) e Movimento 5 Stelle.
Tommaso Rodano
(da “il Fatto Quotidiano”)
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