INCONTRO CON I SINDACATI, SU PROROGARE O MENO LO STOP AI LICENZIAMENTI DRAGHI TACE, LA COSA CHE GLI RIESCE FINORA MEGLIO
LANDINI PROVA A FIDARSI, MA E’ UNA FIDUCIA A VISTA: A SUO TEMPO PRESE UN BIDONE DA RENZI CHE NON MANTENNE LE PROMESSE
In quasi un’ora di faccia a faccia nella sala della Lupa di Montecitorio, l’unica promessa su cui Mario Draghi si sbilancia con i segretari generali di Cgil, Cisl e Uil è quella del metodo. Dove per metodo si intende la disponibilità a un confronto che va oltre il perimetro delle consultazioni. Insomma – è la promessa – quello di oggi non resterà un incontro isolato, spot, necessario per tirare dentro il consenso di una parte importante del Paese ora che il governo deve nascere.
Ma il tabellino dell’incasso dei sindacati si ferma qui. Il premier incaricato ascolta, parla poco, si fa aiutare da due assistenti nel prendere appunti, ma non dà indicazioni sulla questione più delicata, quella dei licenziamenti.
E per questo Maurizio Landini non può fare altro che spostare il giudizio più in là nel tempo, auspicando che il confronto “si sviluppi” appena il governo avrà giurato.
Quella della Cgil nei confronti di Draghi è una fiducia a vista, che ha bisogno di sostanziarsi quantomeno di un’indicazione da parte di Draghi.
Solo che la prima questione – prorogare o meno lo stop ai licenziamenti che scade il 31 marzo – va presa praticamente subito ed è talmente indefinita, almeno nel silenzio odierno di Draghi, che altro non si può fare che aspettare.
Capire, cioè, se il dialogo promesso può sfociare in una vera e propria concertazione, in un tavolo intorno a cui ci si siede e si tratta, o invece si partirà da un disegno calato dall’alto su cui i sindacati avranno poco spazio per intervenire.
E per questo quella di Landini è tutto tranne che un’infatuazione nei confronti dell’ex presidente della Bce. La posta in gioco è così alta, così vicina e soprattutto così rischiosa, che lanciarsi in un abbraccio troppo stretto rischia di rivelarsi beffardo e pericoloso.
Anche perchè dall’altra parte del campo, quello in cui gioca Confindustria, a tutto si pensa tranne che alla proroga generalizzata del blocco dei licenziamenti che la Cgil, insieme a Cisl e Uil, ha invece messo sul tavolo di Draghi.
È vero pure che la richiesta non è “sine die”, è vero cioè che un punto di mediazione potrebbe essere un allungamento fino al 30 giugno, con una riforma degli ammortizzatori sociali in campo e in grado di rendere meno duro il colpo dello sblocco dei licenziamenti per i lavoratori.
Ma è altrettanto vero che i sindacati chiedono una proroga generalizzata, mentre la selettività (solo per le aziende più colpite) è il punto massimo a cui le imprese potrebbero arrivare in termini di apertura.
E poi c’è la questione intrecciata dell’allungamento della cassa integrazione Covid, uno dei due pilastri, insieme allo stop dei licenziamenti, che sta proteggendo il mondo del lavoro da marzo dell’anno scorso. Che fine farà ? Anche qui prende forma un’incognita dato che Draghi ha più volte sottolineato che i sussidi vanno rivisti. Anche qui la selettività potrebbe essere il principio politico che ispirerà le nuove e attese decisioni.
E poi c’è un precedente, in termini di eccesso di entusiasmo, che la Cgil ricorda. L’idillio iniziale tra Landini e Matteo Renzi, poi naufragato con il Jobs Act. Una scena spiega bene il debutto. È il 12 dicembre 2013, due mesi dopo Renzi sarà a palazzo Chigi da premier. I due si incontrano a Firenze, a una mostra fotografica sulle lotte operaie organizzata dalla Fiom locale alla biblioteca comunale delle Oblate. “Poi ci sentiamo via sms per il Jobs Act. Noi ci siamo quasi. Voi siete pronti, no?”, dice l’allora leader del Pd a Landini.
Renzi allora aveva l’esigenza di cambiare il partito, Landini il sindacato. Arriva anche la promessa di una legge sulla rappresentanza, in cima ai desiderata delle organizzazioni dei lavoratori. Ma quando si passa ai fatti, l’idillio naufraga.
E c’è un passaggio che tira in ballo anche Draghi. Il 13 agosto 2014 Renzi arriva di buon mattino a Città della Pieve, dove l’allora presidente della Bce ha una casa, tornata alla ribalta in questi giorni perchè scelta come residenza fissa. Le ricostruzioni di allora parlavano di una spinta a fare le riforme sollecitate dall’Europa. A iniziare da quella del lavoro. Il Jobs Act arriverà qualche mese dopo. Da allora le strade di Renzi e di Landini si sono separate.
Ritornando all’oggi, la fiducia di Landini nei confronti di Draghi contempla anche un altro banco di prova. La materia, qui, è più larga. Landini dal podio della Sala della Regina dopo l’incontro con Draghi: “Se si vuole costruire un clima di coesione allora bisogna dire che i giovani sono anche figli di migranti e se si vuole creare un clima di coesione diverso serve che chi nasce qui o ha studiato qui abbia gli stessi diritti di cittadinanza di tutti gli altri”. La Cgil chiede lo ius soli. A un premier incaricato che si appresta a formare un governo con dentro la Lega, fermamente contraria.
(da “Huffingtonpost”)
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