INTERVISTA A GABRIELLI: “QUELLI DEL CLAN LA PAGHERANNO, ANDARE IN TV NON SERVE A NULLA”
“NO A VENDETTE, MA CI SARANNO CONSEGUENZE”… “PER RIMETTERE ROMA SUI GIUSTI BINARI CI VORRANNO LUSTRI”
Al secondo piano della Prefettura, sul tavolo d’angolo dell’ufficio di Franco Gabrielli, allineate in buon ordine, tre grandi borse di cuoio da medico d’altri tempi suggeriscono la metafora più facile.
E del resto, la Grande Ammalata ne ha una al giorno. Oggi, per dire, torna a ballare il fantasma di Vittorio Casamonica con l’ospitata a “Porta a Porta” della figlia Vera e del nipote Vittorino. Lui ne sorride con una battuta. “Deve essere la maledizione della legge di Murphy. Se qualcosa può andar male, andrà male”.
Di nuovo un’ira di Dio. Sindaco, vicesindaco, opposizioni. “Oltraggio a Roma”. Richiesta di scuse.
“Io faccio il Prefetto. E ci manca solo che tra i mille mestieri impropri che mi sono stati attribuiti ci siano ora quello di Presidente della Rai o di direttore di testata. Per carità “.
Un’idea se la sarà fatta.
“Di merito certamente. Che il funerale di Vittorio Casamonica e la celebrazione del suo clan ne saranno la nèmesi. Vedere figlia e nipote del boss con il cappello in mano da Bruno Vespa è la dimostrazione che i Casamonica hanno compreso in quale guaio si siano infilati e quale errore abbiano fatto ad accendere un riflettore che ora, con ogni evidenza, non controllano più. Mettiamola così: pagheranno a breve il giusto fio di quello che hanno combinato. E lo dico non per annunciare vendette, ma semplicemente per segnalare che, nella logica del ripristino della legalità in questa città , va affermato il principio che a un atto corrisponde una conseguenza”.
Converrà che quel funerale non è stato e non è solo un problema dei Casamonica.
“Ci mancherebbe. È stata una pagina grave della storia della città che noi delle Istituzioni ci saremmo dovuti risparmiare. E dico noi perchè in quella vicenda mi sono sentito e sono direttamente coinvolto. Potrei dire – e direi la verità – che quel giorno ero in uno dei miei tre giorni di ferie di quest’estate e che il mio vicario, come del resto il Questore di Roma e tutti i vertici delle autorità di pubblica sicurezza non erano stati informati. Ma questo non toglie che, come responsabile di vertice della sicurezza e dell’ordine pubblico io non possa sostenere che non è stato affar mio. Come ho avuto modo di dire, è stata una falla del sistema informativo a cui ho messo riparo con una direttiva che modifica il flusso dello scambio di informazioni. Prevedendo di qui in avanti non solo che si comunichi dal basso in alto, come fisiologico, ma che dall’alto arrivino indicazioni che consentano a chi è sul territorio di valutare quali sono le priorità . Cosa è importante e cosa lo è meno. Che insomma, non debba essere l’agente di un commissariato o il carabiniere di una stazione a decidere una mattina di agosto se il funerale di Vittorio Casamonica sia o meno questione rilevante di sicurezza o ordine pubblico”.
A proposito di mestieri, nell’ultimo mese, lei è stato definito alternativamente “la badante del sindaco Marino”, il “tutor”, “la stampella”, “il commissario de facto”.
“Capisco che è noioso dirlo, ma sono solo il Prefetto di questa città . Un Prefetto, evidentemente chiamato agli straordinari in una terra di confine, ma una terra i cui confini sono e restano delimitati. A me questa storia della “badante” non piace, con tutto il rispetto per le badanti. E sa perchè? Perchè quella definizione presuppone una condivisione di responsabilità tra me e il Sindaco. Cosa che non è. Siamo fuori dallo schema Totò, per altro a molti caro. Ha presente? Quando va bene, viva Michele e quando va male in quel posto a Pasquale. Le cose sono molto chiare e l’ho detto anche a Marino nel nostro primo incontro la scorsa settimana. Roma non ha due sindaci. Io sarò esclusivamente responsabile della correttezza e legittimità delle procedure del Comune. Diciamo una sorta di vecchio Comitato regionale di controllo. Ma saranno solo e soltanto il Sindaco e la Giunta i responsabili, nel bene e nel male, delle scelte che saranno fatte per la città e su cui questa amministrazione verrà giudicata”.
Resta il fatto che con Marino lei dovrà ” lealmente collaborare” e l’uomo, come ormai è noto, è tipo difficile. Permalosissimo, polemico. Tanto per dire, pare che la sua battuta sulla lunga assenza ai Caraibi – “Ci sentiamo tra un’immersione e l’altra” – non lo abbia divertito affatto.
“Faccio ammenda e, da toscano quale sono, prometto che sorveglierò la mia innata propensione alla battuta. Perchè capisco che non tutti sono uguali e non tutti la prendono allo stesso modo. Detto questo, credo in assoluta sincerità , che Marino mi riconosca la lealtà istituzionale nei suoi confronti”.
E magari anche gratitudine per la conversione a U della sua relazione che ha evitato lo scioglimento per mafia del Comune.
“Questo va chiesto a lui. Io posso serenamente dire che non mi sono pentito un solo istante di quella decisione, che, per altro, hanno preso il ministro dell’Interno e il Consiglio dei Ministri. E posso altrettanto serenamente dire che la ragione della mia decisione è stata nella possibilità di dare veste e solidità giuridica a una soluzione che rispondeva tuttavia a un convincimento che avevo maturato nel mio foro interiore. Pensavo e penso che sciogliere il Comune di Roma sarebbe stato un danno irreparabile per la città e la sua comunità . Un danno misurabile in punti di pil. Di cui avrebbero pagato le conseguenze le amministrazioni future. E penso anche – me ne sono convinto in questi mesi – che il Sindaco sia una persona onesta”.
Marino però ha attaccato Alfano.
“Penso che il ministro sia stato generoso. Tanto per dire, avrebbe potuto, pur non sciogliendo per mafia, porre un termine imperativo oltre il quale, nell’ipotesi del ripetersi di gravi violazioni di legge, il comune sarebbe stato sciolto. Non lo ha fatto. E anche per questo a Marino ho detto nel nostro primo incontro che dobbiamo dimostrare di essere persone serie. Dunque, quel termine ce lo siamo dati noi. Tre mesi. Perchè una cosa è certa. Non aver sciolto non può significare far finta che in questa città non sia successo quello che è successo e che, nonostante il tanto pure fatto, non ci siano ancora molte cose da fare “.
Quali?
“Le elenco quello che abbiamo chiesto al Segretario generale del Campidoglio. Vogliamo sapere che cosa ne è stato dei dirigenti coinvolti dall’inchiesta Mafia capitale, quali delibere viziate siano state annullate, quali siano i nuovi meccanismi di controllo interno della macchina comunale”.
Tre mesi per rimettere Roma sui binari?
“No. Per verificare il ripristino della ordinaria legalità amministrativa. Per rimettere Roma sui binari giusti, non ci vorranno nè mesi, nè anni. Ma lustri”.
Carlo Bonini
(da “la Repubblica”)
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