LA COALIZIONE DI CENTRODESTRA SI FARA’, SALVINI RINUNCIA ALLE PRIMARIE E RINVIA IL CONGRESSO, CRESCE IL MALCONTENTO DELLA BASE VERSO DI LUI
LA STRATEGIA DI BERLUSCONI E LA MEDIAZIONE DELLA MELONI PER ARRIVARE A UN COMPROMESSO TEMPORANEO… “SE NON CONFERMA MARONI, SALVINI E’ MORTO”
Tra Berlusconi e Salvini non c’è mai stata simpatia e i due, oggettivamente, non si sopportano. Ma la politica più che con sentimenti e risentimenti si fa sulla base di convenienze e rapporti di forza.
E negli ultimi colloqui tra i due — frequenti – si è parlato di un’alleanza e anche di come superare quegli ostacoli che in pubblico sembrano insormontabili, ovvero le famose primarie.
In un certo senso, Salvini è “costretto” all’alleanza.
Dice una fonte alta della Lega: “Se non si votasse in Lombardia, Matteo andrebbe anche con una lista sovranista candidandosi premier, tanto sa che non vince, perchè lui è consapevole che non può fare il premier. Ma se rompe con Berlusconi è un casino in Lombardia e nel Nord, non se lo può permettere”.
Ecco il primo punto. In Lombardia si vota nel 2018 ed è possibile un election day assieme alle politiche.
Maroni, così come Zaia, come gli amministratori del Nord rappresentano la Lega pragmatica e di governo, più territorio che talk: “Se non conferma Maroni — prosegue la fonte — Salvini è morto”.
Il secondo aspetto è che non si può dire che il Matteo leghista abbia la Lega in pugno.
Si spiega così il perchè slitta il congresso della Lega. I maligni sospettano che dietro l’attivismo di Bossi ci sia il sostegno, anche “finanziario” di Berlusconi per indebolire Salvini e convincerlo a trattare.
Sia come sia, basta parlare con i leghisti del Nord per capire come nelle sezioni il malcontento verso l’attuale segretario sia notevole.
E c’è un motivo se, ormai, nessuno più parla delle famose “primarie” che Salvini aveva convocato in aprile.
O se, negli ultimi giorni, il leader della Lega ha confidato a qualche amico quale sia il suo vero obiettivo, in caso di vittoria: fare il ministro dell’Interno, posto perfetto ritagliarsi un ruolo “sovranista” sull’immigrazione.
Ma al tempo stesso l’obiettivo rivela che la consapevolezza di essere un po’ unfit to lead (il paese). E si capisce anche perchè Giorgia Meloni, una cresciuta a pane e politica, nelle ultime uscite ha già fatto proposte che rappresentano una mediazione avanzata: ha proposto la lista unitaria del centrodestra dove possibile, non ha drammatizzato sulle primarie, anzi ha proposto di affidarle a una legge (un modo per tenere la bandiera senza farle) e ha evitato frontali su Berlusconi.
La trama c’è (anche se non si vede).
Anche per scavallare la questione delle primarie: ogni partito indica il candidato premier, quello che arriva prima lo fa. Che poi sarebbe l’idea che sempre la Meloni ha messo nero su bianco nella sua proposta di legge elettorale.
Una “coalizione” non è un matrimonio indissolubile. È una necessità .
Dice un ex ministro di Berlusconi, in un colloquio a microfoni spenti: “Parliamoci chiaro, se andiamo da soli andiamo sotto il dieci. Con la coalizione, ognuno massimizza il gruppo parlamentare. Se vinciamo bene, se non vinciamo apriamo dopo alle larghe intese”.
Ecco, l’afrodisiaco rivitalizza l’alleanza, non l’amore. Il centrodestra non è morto, anche se non si vede.
(da “Huffingtonpost”)
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