LA DESTRA “FINTA VERTICALE” CHE CRITICAVA GLI “ORIZZONTALI” SI DA’ AL CICLISMO: E’ L’ORA DEI PORTABORRACCE
DALLA SANTANCHE’ A STORACE, FINO ALLE SIGLE MINORI, E’ UN CORRERE PER PORTARE ACQUA AL CAPITANO CHE LI AVEVA MESSI FUORI SQUADRA…. ORA CHE HA PRESO LA “COTTA”, I GREGARI LO SPINGONO IN SALITA: SE VINCE IL GIRO FORSE HANNO UN GAZEBO GRATIS E UNA POLTRONA FRAU A TESTA
Una volta esisteva una destra, anzi diciamo varie destre: così potrebbe iniziare la fiaba della nonna moderna.
Negli ultimi anni, alle varie scadenze elettorali, l’elettore di destra poteva scegliere tra quella nostalgica, ultracristiana, tradizionalista, sociale, anticapitalista, antagonista e chi più ne ha, più ne metta.
Spesso sulla scheda è capitato di trovarne anche tre, tutte o quasi destinate allo 0,5% dei voti.
Eppure la volta successiva riapparivano sempre con lo stesso fine di testimonianza.
Solo il cartello elettorale tra la Destra di Storace e la Fiamma tricolore aveva raggiunto il 2,6%, alle scorse politiche, rimanendo comunque vittima dello sbarramento.
Come in tutti gli ambienti dove conta più la dignità e la coerenza, iniziò subito una lenta diaspora, se non una fuga verso la vittoria (leggi poltrona).
Mirabile fu lo scatto immediato della Santanchè che dopo averci riempito la testa con le arringhe contro colui che le donne le vuole “solo orizzontali”, dopo pochi mesi già bussava al castello del sire, con il cipiglio della dama ferita in battaglia e pronta alla resa condizionata (dalla ammissione a corte con relative prebende).
Altrettanto ricca di contenuti ideali la tesi del sire che, a chi storceva il naso per la conversione, faceva notare: “la Daniela vale 800.000 voti”.
Un tot a peso la carne, un tot a peso la coerenza, insomma.
Storace non poteva ancora fare istanza di accesso al castello, ma le sue truppe, dopo l’umiliante 0,6% alle Europee dell’anno scorso, ormai mordevano il freno.
La biada per i cavalli stava finendo, come si sarebbe potuta affrontare un’altra battaglia?
Come un buon venditore sa, c’è sempre il momento adatto per vendere il prodotto, basta aspettare.
Ma invece che attendere che si creasse uno spazio elettorale per far crescere la sedicente destra sociale, peraltro già data in garanzia da Alemanno in passato come pass verso la Frau, Storace non è uomo capace di stare lontano troppo tempo dalle stanze che contano.
E i suoi referenti di periferia ancora meno.
Queste elezioni regionali sono cadute a fagiolo: in alcune regioni la differenza tra le due coalizioni è minima e un apporto anche modesto potrebbe essere determinante.
Basta indossare il saio del penitente, magari di ampia misura, ed ecco anche Epurator in pellegrinaggio a Palazzo Grazioli. Fatta la dovuta anticamera e certificate le attestazioni di buona condotta, il sire ha concesso che anche la Destra potesse accomodarsi nel salone di pregio, anche se nell’angolino destinato alle seconde file.
Caso ha voluto che la corte dei miracolati sbagliasse a depositare le liste nel Lazio e che Storace possa ora essere avvantaggiato dal triste epilogo: con un 6-7%, finirà per giustificare la sua conversione e portare in Regione se stesso e le insegne della destra-fu-sociale.
Di quelle tesi infatti in origine sostenute, ben poco rimane nella prassi politica del sire, ma è noto che Parigi val bene una messa.
Anzi, diventare a-sociali può avere il vantaggio di non dover rispondere al proprio elettorato, basta una di quelle battute in cui Francesco è maestro.
In un partito dove vanno forte i barzellettieri, in fondo che male c’è ad aver anche un battutista?
Il tutto mentre nelle varie regioni si è assisitito a trattative da Prima repubblica tra dirigenti locali de la Destra che chiedevano posti nel listino e poi si sono accontentati di promesse in caso di vittoria.
In fondo per un certo elettorato che non ama Silvio e Gianfranco, ma non vuole al governo regionale gli “odiati comunisti”, cosa c’è di meglio dello specchietto per le allodole di un simbolo con un bel tricolore e una scritta “destra”?
La coscienza è a posto, il loro dovere l’hanno compiuto e qualche poltroncina Frau magari priam o poi arriverà .
Come i cavalieri della tavola rotonda, anzi imbandita, come “eravamo quattro amici al bar, volevamo cambiare il mondo…”, ma il mondo ha cambiato loro. Ora, dopo tante baruffe, Gianni, Danielona e Francesco, si ritrovano come ai vecchi tempi, più sociali e identititari che mai, nella casa del grande fratello.
Se stanno buoni forse il sire del castello regala una tartarughina d’oro anche a loro.
Ai tanti intellettuali che giustificano invece la loro conversione è stato sufficiente donare qualche risma di carta dove possono continuare a scrivere cose inutili e odi al principe generoso.
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