LA PARTE DEBOLE
IL CASO DEL TASSISTA CHE HA RIFIUTATO DI PRENDERE A BORDO LA CARROZZELLA
La vicenda del tassista torinese che si rifiuta di prendere a bordo il padre dello sport paralimpico Luca Pancalli per non sporcare il suo prezioso cofano con le ruote della carrozzella suona talmente estrema da costringerci a indirizzare le riserve di compassione verso la parte più debole. Il tassista.
Pancalli ha già superato la sua prova del fuoco.
Successe a diciassette anni, quando si spezzò il collo cadendo da cavallo durante una gara, e la vita lo detronizzò dai suoi sogni di atleta per rovesciargli addosso una realtà di sguardi pietosi e domande impossibili sul perchè fosse toccato proprio a lui.
Fu allora, mentre era disteso su un letto d’ospedale ad augurarsi di morire, che sua madre gli scrisse una lettera.
Ne ha rivelato il testo egli stesso, nella biografia raccolta dal giornalista Giacomo Crosa. «Tesoro mio, solo in te puoi trovare quello che gli altri non riescono a darti. Vuoi dipendere esclusivamente da loro? Piangi. Da solo o, se vuoi, abbracciato a me fino a confondere le nostre lacrime. Ma non permettere a nessuno di pensare che ti stai compiangendo. Stringi i denti e guarda avanti. Da oggi in poi io sarò dura con te, più dura del granito, ti dirò cose cattive, stenterai a riconoscere in me tua madre, ma ti prego: non considerarti mai uno sconfitto della vita».
È chiaro che con una madre così formidabile non avrai bisogno di troppe carrozzelle emotive per viaggiare spedito nella vita.
Il tassista ha tutta l’aria di essere stato meno fortunato di Pancalli.
Ma c’è sempre tempo per rimontare a bordo della propria storia e darle un senso nuovo.
Massimo Gramellini
(da “la Stampa”)
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