LA SPIAGGIA STA FINENDO, NE RESTANO SOLO 120 KM QUADRATI
LE COSTE SI ASSOTTIGLIANO: CROLLI, PERICOLI, LAVORI… SI SPENDONO DECINE DI MILIONI DI EURO PER RIMPINGUARE LA SABBIA
Scarse. Le spiagge sono scarse, nonostante il governo provi a dimostrare il contrario per non dover rimettere in ballo le concessioni balneari. A Maruggio, in provincia di Taranto, c’è la spiaggia di Piri Piri: a luglio, come mostra la foto nella pagina qui accanto, era per metà interdetta. Le testate locali ne annunciano la “scomparsa” con cadenza sostenuta: va via durante le mareggiate invernali e in estate torna di nuovo in vita, ma decimata. In mezzo, c’è l’erosione della costa e dunque la sicurezza del costone, caratterizzato da un dislivello di dieci metri tra la spiaggia e il piano strada che viene percosso da acqua e vento. Difficile attribuire la responsabilità della sua messa in sicurezza. Nel dubbio, il Comune ha emesso una ordinanza che ha interdetto la possibilità ai bagnanti di piantare l’ombrellone su metà della già ridotta striscia di sabbia. Nel tempo le mareggiate sono diventate così forti e frequenti da sbriciolare le falesie. Il rischio di crolli è reale. A pochi chilometri di distanza c’è Torre Ovo, un’antica torre saracena che, già in parte crollata qualche anno fa, ora porta su uno dei lati i segni delle onde che si infrangono con violenza, una sorta di arco rientrato nella parete che potrebbe, senza intervento umano, far collassare tutta la struttura.
E ancora: a Livorno, a fine luglio, nella Baia del Rogiolo la spiaggia è stata interdetta per alcuni giorni per accumulo massi. A Procida, un bagnante che ha violato il divieto di oltrepassare i nastri di interdizione ha rischiato di essere travolto dalla frana di un costone. Insomma, non solo la spiaggia libera è un conclamato bene raro, ma pare lo stia diventando la spiaggia in generale, sotto i colpi di mareggiate e innalzamento del livello del mare. Lo dicono i dati.
Qualche settimana fa, infatti, l’Ispra (l’Istituto Superiore per la Protezione Ambientale) ha certificato che in Italia la superficie complessiva delle spiagge misura meno del territorio del solo municipio di Ostia, a Roma: 120 chilometri quadrati. “Si tratta di una superficie che comprende le grandi spiagge di Rimini o della Locride, fino alle piccole e suggestive pocket beach tra le scogliere dell’Asinara o alle spiaggette che sopravvivono tra i porti, i lungomare o le scogliere artificiali davanti le nostre città di mare” spiega l’Istituto. Mediamente le spiagge italiane sono profonde circa 35 metri e occupano circa il 41 per cento delle coste, quindi circa 3.400 chilometri su un totale di più di 8.300.
La distribuzione della superficie per lunghezza di costa occupata dalle spiagge non è uniforme tra le varie Regioni. I due terzi sono quelle del Sud e le isole maggiori mentre regioni come Liguria ed Emilia-Romagna gestiscono il resto. Le proporzioni con cambiano se si considera la superficie: le regioni del sud da sole valgono metà della superficie nazionale. La sola Calabria ha il 20 per cento del totale.
La distribuzione della superficie per lunghezza di costa occupata dalle spiagge non è affatto uniforme tra le varie rregioni; sono quelle del sud e le isole maggiori a costituire oltre due terzi delle spiagge italiane, mentre Regioni come Liguria o Emilia-Romagna si trovano a dover gestire una risorsa relativamente ridotta. Le condizioni non cambiano di molto se si passa a considerare i valori della superficie delle spiagge italiane, con le Regioni del sud che da sole valgono metà della superficie nazionale e la Calabria che, da sola, vale il 20% del totale. L’Ispra, insomma, ha realizzato, anche con tecnologie e immagini satellitari, un vero e proprio censimento delle spiagge che, a conti fatti, va in direzione opposta rispetto alle prospettive del governo che vorrebbe provare a convincere l’Ue del fatto che le spiagge “sfruttabili” in Italia non siano una “risorsa scarsa” da mettere quindi a gara.
L’erosione costiera intanto è implacabile. Secondo dati del Rapporto Spiagge 2023 di Legambiente, tra il 2006 e il 2019 sono stati modificati 1.771 chilometri di costa naturale bassa e si contavano 10.500 opere rigide lungo le coste italiane, quasi 3 ogni 2 chilometri di costa: barriere e frangiflutti per cercare di trovare una soluzione. Intanto, si opera con ripascimenti e piattaforme “sostitutive”, i cui interventi si moltiplicano soprattutto dopo le mareggiate (anch’esse in aumento): nel 2022, in Emilia Romagna c’è stato un maxi-intervento di ripascimento della spiaggia su un tratto di oltre 11 chilometri di costa che ha interessato sette località romagnole: Lido di Dante, Milano Marittima, Punta Marina, Misano Adriatico, Cesenatico, Igea Marina e Riccione. Una operazione di “alimentazione e riprofilatura della spiaggia mediante l’apporto di circa 1, milioni di metri cubi di sabbia provenienti da giacimenti off-shore individuati a circa 40 miglia al largo della costa regionale”. A Ostia, per il 2024, la Regione Lazio ha stanziato 5 milioni di euro per il ripascimento della costa dopo le ultime mareggiate. In Puglia, la commissione tecnica per le valutazioni ambientali della Regione ha dato parere positivo per altri interventi di ripascimento di un ampio tratto della costa di Barletta. Il costo: 1,5 milioni di euro.
(da ilfattoquotidiano.it)
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