LE PENSIONI DI DOMANI STANNO EVAPORANDO: LA PREVIDENZA SULL’ORLO DEL BARATRO: L’INPS FA SAPERE CHE ENTRO 10 ANNI IL SUO BILANCIO ANDRÀ IN PASSIVO, PASSANDO DA +23 MILIARDI NEL 2023 A -45 MILIARDI NEL 2032
COLPA DELL’INVECCHIAMENTO DELLA POPOLAZIONE E DEL CALO DEMOGRAFICO: “È IN ATTO LA COSIDDETTA INVERSIONE NELLA PIRAMIDE DELLE ETÀ. IL SALDO POSITIVO DEI FLUSSI MIGRATORI NON È SUFFICIENTE A BILANCIARE IL SALDO NEGATIVO DELLA DINAMICA NATURALE”
La bomba demografica è una mina per i nostri conti pubblici e in particolare per il nostro sistema previdenziale. Ormai non c’è settimana che qualcuno non ce lo ricordi, ma a vedere nero su bianco le cifre del Civ dell’Inps, l’organismo di controllo in cui siedono lavoratori e datori, il problema emerge in tutta la sua enorme dimensione.
Secondo quanto rappresentato dal presidente Roberto Ghiselli alla commissione di controllo sugli enti previdenziali, la situazione patrimoniale dell’Istituto girerà nel corso di 10 anni in passivo, passando da +23 miliardi nel 2023 a -45 miliardi nel 2032, con dei risultati di esercizio negativi che peggiorano nel decennio da -3 miliardi a -20 miliardi. Ghiselli parla della “combinazione di due tendenze, l’aumento della longevità e la bassa fecondità, che provocano la cosiddetta inversione nella piramide delle età. Il saldo positivo dei flussi migratori non è sufficiente a bilanciare il saldo negativo della dinamica naturale. Il tendenziale calo demografico già ora determina uno squilibrio notevole fra le coorti interessate o prossime al pensionamento, e quelle in ingresso nel mercato del lavoro, con una contrazione tendenzialmente crescente della popolazione attiva”.
Tra poco meno di un mese il Civ approverà il rendiconto per il 2023 che mostra una spesa pensionistica di 304 miliardi, in crescita del 7,4% annuo soprattutto per la rivalutazione all’inflazione. La proposta di rendiconto rileva un ammontare delle entrate complessive pari a 536 miliardi di euro di cui 269 miliardi di entrate contributive (+5,1% sul 2022) e 164 miliardi di trasferimenti correnti dalla fiscalità generale (+3,3%). Le uscite, invece, sono di 524 miliardi, di cui 398 miliardi per prestazioni istituzionali (+4,55%). Il saldo della gestione finanziaria di competenza ammonta a +12,18 miliardi, di cui 7,66 di parte corrente e 4,52 in conto capitale.
Guardando al futuro, la riflessione sulla tenuta del sistema si accoppia alle preoccupazioni su “l’adeguatezza delle future prestazioni pensionistiche” principalmente legata alle condizioni lavorative e reddituali maturate nel corso della carriera lavorativa più che al sistema di calcolo pensionistico, ha spiegato ancora Ghiselli. “Il rischio di una diffusa inadeguatezza dei futuri trattamenti pensionistici potrà dipendere dalla discontinuità nel lavoro e quindi nella contribuzione, dai bassi livelli di reddito, dall’irregolarità nei rapporti di lavoro”.
Un paura certificata da una ricerca appena pubblicata da Michele Raitano e Marco Di Pietro dell’Università La Sapienza, commissionata dalla piattaforma d’investimenti Trade Republic, per la quale il 97% degli italiani pensa che sia necessario integrare la propria pensione pubblica per vivere dignitosamente dopo la pensione. Il problema è che non si sa come fare e il risultato è che il 74% prova “emozioni negative” di fronte alle prospettive di pensionamento e l quota di chi si attrezza con un assegno complementare resta minoritaria, in particolare tra disoccupati e chi percepisce redditi più bassi.
Nel giorno in cui anche l’Ocse certifica che l’Italia è maglia nera tra i Paesi avanzati per fecondità, con 1,2 figli per donna appaiata alla spagna e meglio della sola Corea, la necessità di fronteggiare il cambiamento demografico è stata ripresa anche dal presidente dell’Inps, Gabriele Fava, che ha presentato i dati sul lavoro domestico in Italia: “Nel 2050 i cittadini over 65 rappresenteranno fino al 35% della popolazione nazionale – ha detto Fava – e questo determina la necessità di ripensare il sistema del welfare: la silver economy sarà vista sempre più come grande opportunità occupazionale del paese. I nonni sono oggi una forma di welfare ma allo stesso tempo un indicatore di cosa servirà in futuro”.
Stando al comparto del lavoro domestico, nel 2023 si conferma il calo dei contribuenti all’Inps: sono stati 833.874, -7,6% (-68.327 lavoratori): calo analogo a quello registrato nel 2022 rispetto ai dati 2021 (-7,3%), dopo gli incrementi registrati nel biennio 2020-2021, dovuti a una spontanea regolarizzazione di rapporti di lavoro per consentire ai lavoratori domestici di recarsi al lavoro durante il periodo di lockdown e all’entrata in vigore della norma che ha regolamentato l’emersione di rapporti di lavoro irregolari.
(da agenzie)
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