MATTARELLA, IPOTESI MANDATO ESPLORATIVO A FICO
CAMPATA IN ARIA LA POSSIBILITA’ DI UN PREINCARICO A SALVINI CON UN CENTRODESTRA ALLA FRUTTA… FURBIZIE E SCENEGGIATE NON GRADITE AL COLLE
E adesso un paio di giorni di “riflessione”, per valutare la prossima mossa in questa crisi che pare infinita.
Perchè l’esplorazione è franata nell’ambito di una sceneggiata fatta di doppie parole e di doppi forni. E non certo per responsabilità della presidente del Senato, che Mattarella ha ringraziato per la correttezza con cui ha svolto il difficile compito. In parecchi, tra i frequentatori del Colle, hanno notato, come proprio la Casellati sia diventata l’ingiusto bersaglio di leader che, con una certa improvvisazione, hanno scaricato su di lei (dopo) malizie e calcoli strategici sbagliati (prima).
L’esplorazione è franata nelle “doppie parole” di Salvini che aveva chiesto a Di Maio di avviare un tavolo di programma assicurando che, prima o poi, Berlusconi avrebbe mollato.
E nei doppi forni del leader pentastellato, che ha sempre usato il forno democratico solo per mettere fretta al suo unico, vero interlocutore, ovvero Salvini.
In questa commedia degli equivoci accade che Di Maio apprende dalla voce della Casellati che Berlusconi non avrebbe mai fatto un passo indietro. E a quel punto Salvini scarica tutto sulla condotta della Casellati.
Non proprio la condotta responsabile, corretta, rispettosa delle istituzioni che richiederebbe la situazione, col paese senza un governo e nemmeno senza una trattativa degna di questo nome a quasi 50 giorni dal voto.
E se c’è un punto fermo nel ragionamento di Mattarella è che il primo petalo della margherita delle opzioni è caduto: l’esplorazione fallita ha chiuso lo schema della trattativa tra centrodestra e Cinque Stelle.
Prima ancora che il centrodestra andasse in frantumi nelle dichiarazioni di giornata di Berlusconi e Salvini su “cessi” e alleanze, evocazioni del pericolo democratico a cinque stelle e strali contro il Pd.
E prima ancora che la trattativa (intesa come sentenza nel processo Stato-Mafia) piombasse sulla trattativa (intesa come negoziato sul governo).
Quell’ipotesi non c’è più. E con essa appare campata per aria la richiesta di avere un incarico, più propagandistica che reale, da parte di Salvini.
Perchè non si capisce come potrebbe riuscire dove la Casellati è fallita, visto che il quadro, semmai, è peggiorato.
Paradossalmente, ma neanche troppo, il macigno Berlusconi è diventato un elemento di chiarezza.
La sua storia ingombrante rievocata con la condanna di Dell’Utri ha favorito e favorisce una verifica nella verifica. Perchè è chiaro che azzera i bizantinismi politicisti dei due vincitori dimezzati, su appoggi esterni, sostegno senza entrare nel governo, passi di lato e passi indietro.
La sentenza – storica – dice che non solo la Trattativa tra Cosa nostra e pezzi dello Stato c’è stata, ma che ad averla fatta sono stati i boss mafiosi, tre alti ufficiali dei carabinieri e il fondatore di Forza Italia. Marcello Dell’Utri è in pratica l’uomo cerniera, la cinghia del volere mafioso nei confronti del governo presieduto da Berlusconi che si insedia nel ’94.
È evidente l’impatto di questa sentenza sulle consultazioni, dopo il fallimento conclamato dell’esplorazione.
Per i Cinque Stelle, ormai, è l’ora delle decisioni, nel senso che o Salvini rompe con Berlusconi o non ci sono più le condizioni per procedere.
E, al netto della propaganda, tutta l’incertezza della Lega e la prudenza a trasformare in strappo l’insofferenza verso l’alleato sta qui: anche se rompesse, Salvini si presenterebbe alla trattativa con Di Maio in posizione di debolezza, senza l’intero centrodestra, col suo 17 per cento e senza poter richiedere un incarico che, a quel punto, andrebbe a Di Maio.
Ecco. Se ci sarà un fatto nuovo, evidente, in grado di rappresentare l’innesco di un negoziato serio di governo Mattarella non potrà non tenerne conto.
Se ad esempio Salvini dicesse che l’alleanza con Berlusconi è rotta ed è disponibile a un governo con Di Maio.
O se dal Pd arrivasse la certificazione di una disponibilità a un governo con i Cinque Stelle (ipotesi ancor più improbabile).
Se fatti nuovi non ci saranno il Quirinale certo non asseconderà le furbizie tattiche e le sceneggiate di leader che litigano di giorno evocando il voto per poi ricominciare a parlare di notte su un eventuale assetto di governo.
È nelle cose un nuovo incarico esplorativo al presidente della Camera Roberto Fico, con un perimetro diverso.
Ed è proprio questo l’oggetto della riflessione dei prossimi giorni: se conferire un mandato “totale” o circoscritto solo a Pd e Cinque Stelle. Non è un dettaglio.
E non è un dettaglio neanche che un punto fermo è stato comunque messo perchè di fatto la prossima settimana si chiude la finestra del voto a giugno, eventualità che il capo dello Stato ha escluso sin dal primo momento.
L’altra che è esclusa è ottobre, perchè non è immaginabile che il paese possa precipitare verso elezioni anticipate quando va fatta la manovra economica.
Un governo va comunque fatto, anche per riportare il paese al voto in maniera ordinata.
Arriverà il momento in cui il capo dello Stato compirà la sua scelta solitaria offrendo un nome a forze politiche che non sono state in grado di rispondere alle attese dei cittadini.
E nessuno a quel punto potrà dire che è un golpe, perchè Mattarella le avrà provate tutte, ma proprio tutte.
(da “Huffingtonpost”)
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