SEGNALI DI FUMO DAGLI SHERPA DELLA LEGA AI GRILLINI: “NON E’ IL MOMENTO DI STRAPPARE, DATECI TEMPO”
L’NCIUCIO PREVEDE DI ATTENDERE IL VOTO IN FRIULI E ADDOSSARE LA RESPONSABILITA’ DELLA ROTTURA A FORZA ITALIA
Matteo Salvini, indirettamente e dosando bene le parole, ha chiesto tempo.
Tempo perchè la sentenza Stato mafia conficca un paletto robusto, che apre crepe profonde nella sottile lastra di vetro sulla quale si muovono le interlocuzioni per il futuro governo. Ma ancora non la manda in frantumi.
Nella girandola di messaggi intercorsa tra il segretario della Lega e Luigi Di Maio (prima che la corte di Palermo si pronunciasse), le posizioni sono rimaste interlocutorie.
Per il cortocircuito di ieri, certo. Ma soprattutto dopo le notizie arrivate dalla Sicilia, è stato tirato il freno a mano. Il capo politico dei 5 stelle ha lanciato nella rete un tweet tanto netto quanto prudente: “La trattativa Stato-mafia c’è stata. Con le condanne di oggi muore definitivamente la Seconda Repubblica”.
Roberto Fico gli ha fatto eco su Facebook: “Giorno di straordinario valore morale”. Ma un primo dato politico è stato registrato: la combinazione tra gli insulti mattutini (“I 5 stelle a Mediaset pulirebbero i cessi”) e la dura condanna comminata al sodale Marcello Dell’Utri, ha posto una pietra tombale su qualsiasi possibile dialogo con Forza Italia.
Cade la presenza al tavolo programmatico, anche fosse per interposto Salvini, frana qualsivoglia ipotesi di appoggio esterno.
“La sentenza di Palermo è molto più grave delle intemerate di Berlusconi — ragiona una fonte vicina al leader — Lì non si tratta di intemerate, ma della politica che è stata connivente a Cosa Nostra”.
Se questo è un dato di fatto, confermato da tutti i colonnelli dell’ex vicepresidente della Camera, la nettezza si trasforma in cautela sul quadro che ruota intorno al punto fermo del muro eretto in faccia al presidente degli Azzurri.
Perchè gli sherpa del Carroccio hanno sì spiegato che la giornata ha scavato un solco non secondario fra i due azionisti di maggioranza del centrodestra, ma che i tempi per una rottura non sono ancora maturi. I segnali che arrivano identificano come deadline il voto in Friuli Venezia Giulia della settimana prossima.
Così parte l’ordine di scuderia: nervi saldi, non si ceda a provocazioni.
Un bombardamento sul leader di Forza Italia servirebbe solamente a ricompattare la fisarmonica degli umori della coalizione avversaria. La tattica impone una prudenza che non significa silenzio, ma si declina nel misurare numero e toni di repliche e attacchi.
L’ipotesi di un governo con il Partito democratico, dunque, ridiventa improvvisamente del tutto residuale. E si riaccendono i fari puntati verso il governo gialloverde.
Prima di partire per il rush finale in Molise, Di Maio ha incontrato il professor Giacinto della Cananea, con il quale ha messo a punto le basi del contratto di governo proposto qualche settimana fa.
“Ora Salvini decida”, ha scritto in serata Riccardo Fraccaro. I tempi non sono ancora maturi. Ma l’estate del governosi sta avvicinando. E la speranza dei vertici stellati è si possa arrivare a cogliere il frutto in tempi ragionevoli.
“Le elezioni in Friuli? — si domanda un colonnello M5s — Se è quello il problema aspetteremo”. Per la prima volta la strada sembra in lieve discesa.
Sergio Mattarella permettendo. Dopotutto è lui il guardiano del frutteto.
(da “Huffingtonpost”)
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