MILLENNIALS, MINORANZE E POVERI: IL POPOLO DI CORBYN ALZA LA VOCE
DIETRO LA SUA RIMONTA LE NUOVE GENERAZIONI: L’HA VOTATO IL 63% DEGLI UNDER 35… “NON SIAMO CITTADINI DI SERIE B”
L’abusivo è diventato il padrone della casa. Anche i più acerrimi nemici – e fra le file di Westminster targate Labour, Jeremy Corbyn ne ha parecchi – posano le armi e fanno mea culpa.
Non credevano nella leadership di Corbyn e continuano a non credere nel suo manifesto di equità sociale ed economica da vecchia sinistra, ma senza il 68enne di North Islington e il suo entusiasmo, la partita con i conservatori sarebbe stata ben diversa.
Owen Smith che fu avversario per la segreteria chiede scusa, David Miliband si entusiasma «per la nuova generazione che si è raccolta attorno a Jez» e Chuka Umunna, 38enne di belle speranze, saluta il boom dei Labour con toni entusiasti.
Nel 2010 Gordon Brown si fermò a 258 seggi, nel 2015 Ed Miliband a 232, nel 2017 Corbyn va a quota 262.
Labour al 40,1%, più 9,6% rispetto al 2015. Era dai tempi di Attlee – nel 1945 – che i laburisti non facevano un simile balzo. Il premier del secondo dopoguerra fece più 10,4%. Blair nel 1997 si fermò a più 8,8%. Però vinse. E questo qualcosa conta.
Peter Mandelson guru della Terza Via, ha un po’ di amaro in bocca. «Corbyn deve essere più ecumenico». Significa riuscire a parlare con quella parte della società britannica che non lo sopporta per il suo radicalismo dottrinale. Servirebbe a poter vincere.
Corbyn ha congelato la partita per la leadership. Ma soprattutto ha scoperto di avere un popolo con un’identità precisa. David Goodhart, scrittore e autore di «The Road to Somewhere: The Populist Revolt and the Future of Politics», ricorda come è composto: «Ceti urbani, le classi più povere delle periferie, le minoranze, sono queste le tribù di Corbyn, la cui forza è stata da molti sottostimata».
E poi ci sono i giovani conquistati dai temi – sanità pubblica, abolizione delle tasse universitarie, minimo salariale – e dal suo essere controcorrente.
Come fu contro Hillary Bernie Sanders che si è congratulato con il britannico.
Corbyn ha trascinato i ragazzi prima ai comizi e poi alle urne. Si sapeva della loro fascinazione, non che avrebbero invaso le «polling station».
Ha votato il 66,4% degli under 35 contro il 43% del 2015 e il 63% ha preferito Corbyn; la registrazione alle liste elettorali ha avuto un picco nei giovanissimi, 246 mila contro i 137 mila di due anni fa.
Numeri che hanno spinto l’affluenza totale al 68,74%, (32 milioni di elettori) più bassa solo del 1992.
Nei seggi dove la partecipazione è salita del 5%, i laburisti hanno prevalso. Le città , i centri universitari sono color rosso Labour.
Molti ex elettori dello Ukip e «brexiteers» sono tornati dai laburisti anche se – spiegano alcuni analisti – la classe operaia bianca del Nord e del centro dell’Inghilterra ha optato per i Tory.
Anche le minoranze avrebbero trovato conforto nel Labour: secondo alcune fonti in 38 collegi la comunità musulmana potrebbe essere stata decisiva.
Il «Telegraph» scriveva di un messaggio recapitato agli elettori da due candidati musulmani delle Midlands. Invitavano i correligionari a votare Corbyn per bilanciare il ruolo che altre minoranze hanno nella società britannica.
Le radio del mondo arabo hanno salutato il successo di Corbyn, l’amico dei palestinesi, come il frutto dell’impegno dei 3 milioni di musulmani del Regno Unito. Spiega Robert Ford, università di Manchester: «Che molti musulmani si sentano quasi di serie B è evidente, il terrorismo e le preoccupazioni per la sicurezza hanno spinto le autorità a considerare gli islamici un sottogruppo fra le cosiddette minoranze». Vivono nelle periferie delle grandi città , e insieme ai neri e ad altre minoranze – dati del Runnymeda Trust – due sue tre hanno sostenuto i laburisti risultando decisivi nel sottrarre ai Tory seggi come Croydon Central o Ilford North.
È con questo popolo che Corbyn sfiderà su ogni punto la May.
(da “La Stampa”)
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