MONTI: “SI’ AL CONFLITTO DI INTERESSI, CANDIDATURA VIETATA A BERLUSCONI”
BERSANI, PRESO IN CONTROPIEDE, SI ADEGUA: “SILVIO SI RASSEGNI, FAREMO RISPETTARE LE REGOLE”
Mario Monti si lancia contro il conflitto di interessi di Silvio Berlusconi.
L’ex rettore della Bocconi afferma che se tornerà al governo farà «con urgenza» una nuova legge che impedirebbe al Cavaliere di candidarsi e a maggior ragione di andare al governo.
Un tema che anche il candidato del centrosinistra, Pier Luigi Bersani, dice di voler toccare.
E intanto Monti attacca il Pdl, si dice certo che dopo le elezioni riprenderà la diaspora dei suoi parlamentari verso altri schieramenti: «Credo che Berlusconi non vincerà e non resterà a lungo leader della sua coalizione. Dopodichè riprenderà quel flusso verso altre parti politiche che vecchi e nuovi eletti del Pdl avevano già iniziato».
Una frase che ancora una volta rivela la strategia del premier uscente, intenzionato a cucirsi intorno una coalizione formata anche dai transfughi berlusconiani.
Monti non si ferma qui, carica a testa bassa dicendo che «se votano ancora Berlusconi il problema non è lui, ma gli italiani».
Eppure il tema che scalda la giornata — a sole 72 ore dal voto — è quello del conflitto di interessi del Cavaliere.
Intervistato da Repubblica Tv, Monti risponde che «sì, il conflitto di interessi andrà regolato con urgenza e posso dire che Berlusconi non potrebbe candidarsi alla Camera o al Senato con Scelta Civica», la lista del premier uscente.
I cui candidati hanno sottoscritto un documento contro il conflitto di interessi che sarebbe alla base della legge immaginata da Monti nel caso di permanenza a Palazzo Chigi.
E lo stesso premier spiega: «Tra le condizioni che ogni nostro candidato ha firmato c’è l’istituzione di un blind trust o, in rarissimi casi, l’impossibilità di fare il ministro o il sottosegretario in materie colpite da un conflitto di interessi». Monti fa proprio l’esempio del mondo televisivo parlando di un aspirante parlamentare ligure editore di una tv locale che «ha firmato l’impegno» a non andare al governo.
D’altra parte nel documento sottoscritto dai “civici” che ispirerebbe l’eventuale legge montiana per poter essere candidati si deve assicurare di non avere condanne, patteggiamenti o processi penali in corso, così come ci si impegna ad alienare o mettere in un blind trust le partecipazioni, dirette o indirette, in società concessionarie di pubblico servizio, di licenze televisive o di testate editoriali.
E lo staff elettorale dell’ex rettore della Bocconi ricorda che Berlusconi al momento va proprio dicendo di voler fare il superministro dell’Economia e dello Sviluppo, dal quale gestirebbe direttamente la Rai.
Un conflitto di interessi ancora più macroscopico di quello che per 20 anni ha dato vita all’anomalia italiana.
La linea Monti piace a Bersani, che d’altre in passato aveva già annunciato di voler mettere mano alle norme sul conflitto di interessi.
«Quando parlo di regole Berlusconi prende subito la pistola e mi dà del mafioso, non se ne può più. Le regole le stabiliremo a partire dal conflitto di interessi e dal falso in bilancio passando per la cancellazione delle leggi ad personam: Berlusconi si rassegni, leggi contro nessuno ma uguali per tutti».
Nel Pd intanto si riflette sul come riscrivere, una volta eventualmente al governo, la legge Frattini.
L’idea è quella che i detentori di grandi patrimoni non possano andare al governo e chi agisce in settori particolarmente sensibili, come appunto la televisione, non si possa proprio candidare.
A meno di non disfarsi definitivamente di quote, partecipazioni e asset sensibili.
E sul settore televisivo il Pd studia anche una riforma della legge Gasparri con regole antitrust contro le posizioni dominanti imponendo un tetto del 45% alla raccolta pubblicitaria o dando alle authority il compito a di indagare e sanzionare eventuali abusi di posizione dominante. Anche se gli specialisti del Nazareno ammettono che «sarà un processo abbastanza lungo perchè si tratta di norme complicate contro le quali Berlusconi scatenerà tutti i suoi poteri di interdizione».
Alberto D’Argenio
(da “La Repubblica”)
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