MUTI BACCHETTA LA LEGA: IL “VA’ PENSIERO” DI VERDI E’ UN CANTO DEI PERDENTI, NON PUO’ ESSERE UN INNO
“NON C’ENTRA NULLA CON LO SPIRITO ANTI-AUSTRIACO, HANNO SCELTO L’OPERA SBAGLIATA PER L’ORGOGLIO LOMBARDO”… “FARNE UN INNO E’ UN AUTOGOL, SI PARLA DEGLI EBREI CHE PIANGONO LA LORO SCONFITTA”… RISPECCHIA UN POPOLO ESULE, SCHIAVO E PERDENTE: LA SOLITA PATACCA LEGHISTA
La famosa cancellazione dell’inno nazionale nel corso della cerimonia di inaugurazione della scuola in Veneto, sostituito dal verdiano “Va’ pensiero”, non ha dato luogo solo a polemiche politiche e a pesanti considerazioni sull’operato del leghista Zaia, ma, grazie a una intervista rilasciata al quotidiano Repubblica, a qualche riflessione sul testo stesso, da parte del grande direttore d’orchestra Riccardo Muti, spirito libero e fuori dagli schemi, oltre che orgoglio italiano nel mondo.
Il maestro ha subito precisato: “Il Va’ pensiero di Verdi innanzi tutto non può essere un inno, lo dissi a suo tempo anche a Bossi: avete scelto l’opera sbagliata per il vostro orgoglio lombardo. Il Va’ pensiero è un canto dei perdenti, forse i leghisti non hanno ascoltato bene le parole e sono caduti in un grosso equivoco”.
Spiega Muti che “per il Nabucco, da cui è tratto, Verdi si ispirà alla Bibbia, a un episodio carico di dramma in cui gli ebrei piangono la loro sconfitta. Non pensò certo a fomentare lo spirito rivoluzionario che serpeggiava nel nord Italia contro gli Austriaci: era il canto accorato di un popolo esule, schiavo e perdente”.
Il maestro va oltre nell’analisi e spiega : “Di Verdi, allora, meglio scegliere “l’Attila”, “La battaglia di Legnano”, “L’Aroldo”, che hanno un chiaro messaggio politico, o “I Lombardi alla prima crociata” che parla di prati e ruscelletti lombardi”.
E ancora : “Ma l’hanno ascoltato “Va’ pensiero”? Penso ai mondiali di questi giorni: se la nostra squadra dovesse cantare prima della partita “Va’ pensiero” che Verdi stesso definisce un canto greve, di estrema lentezza e da cantare sottovoce, un canto di perdenti, con che animo inizierebbero a giocare la partita?” .
Sottolinea Muti: “Tanto è vero che persino Verdi, nell’opera, fa dopo subito cantare al gran sacerdote Zaccaria:sorgete, sorgete e non piangete come femmine imbelli”.
Quanto all’inno nazionale, di cui Muti ci regala sempre un’esecuzione sfolgorante e veloce, il maestro ricorda quando ” da bambino lo sentivo a Molfetta nelle grandi cerimonie con la banda del Paese e istintivamente sentivo l’orgoglio di appartenenza”.
“Musicalmente non sarà affascinante come quello francese, inglese o tedesco, ma è di buona fattura e ha nel ritmo tutto il fervore della nostra storia”.
Forse l’unica cosa che rimprovereremmo a Muti, a questo punto, è di aver cercato di spiegare il concetto a Bossi: tempo perso, con chi pensa di ridurre la politica a spot per i gonzi .
Più efficare senz’altro il prof. Miglio quando sbottò: “di federalismo, Bossi non capisce un c….”.
Detta dal maestro del federalismo, una sintesi perfetta.
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