NASCE IL PDL E PERDE SUBITO UN 2%
IL NUOVO PARTITO “NON SARA’ DI DESTRA” E L’ELETTORE DI DESTRA NE PRENDE ATTO… BELUSCONI PRESIDENTE A VITA, FINI ANNUNCIA “OGNUNO PER SE'” E LUI PER TUTTI NEL DOPO NAPOLITANO.…I COLONNELLI PERDONO IL GENERALE MA SGOMITANO PER ENTRARE NELLO SPACCIO DELL”UFFICIO DI PRESIDENZA
Mentre calava il sipario sul congresso di scioglimento di An, Fini riceveva le congratulazioni di Napolitano (siamo già in clima staffetta?) e Berlusconi cercava di spiegare al telefono a Gheddafi l’importanza del nuovo Pdl. Non ci è dato sapere il pensiero del leader libico su questa fusione, ma riteniamo non gli abbia turbato di certo il sonno nella sua mitica tenda.
Rimarchiamo solo il fatto che, in 13 anni di vita, An è riuscita a convocare appena 3 congressi, uno per la nascita, uno mediano e uno per sciogliersi: un record mondiale forse per un partito che ama definirsi identitario e che dovrebbe quindi fare del dibattito di idee e del confronto interno una costante del proprio modo di “fare politica”.
Un pensiero va al vecchio Msi dove si litigava su tutto, ma almeno i congressi si facevano ogni due anni, se non altro per trovare l’occasione per prendersi a seggiolate tra le varie anime interne.
Ora anche le anime non vanno più di moda, salvo mantenere il gioco delle parti: un classico di questi congressi è che uno fa il discorso per i reduci, uno per i modernisti, uno per quelli che sono entusiasti, uno per quelli che sono perplessi, e tutti si sentono contenti e rappresentati.
Confesso: ho ascoltato (malvolentieri) qualche ora di interventi vari e il copione era il solito di tanti anni fa.
Una spruzzata di Almirante, il solito ricordo ai “caduti” (contando sul fatto che non si possano rialzare, altrimenti ne sentiremmo delle belle), l’ineluttabilità di entrare nel “partito degli Italiani” (originale).
Tanti oratori che si inerpicano sul predellino e ci fanno l’analisi logica della nostra vita sbagliata, segnano con il rosso là dove abbiamo commesso più svarioni: loro hanno visto giusto e non hanno mai perso di vista l’obiettivo finale: restare attaccati.
Alla poltrona secondo i maligni, ai valori secondo gli apologeti.
Si sentono tuonare dal predellino della Fiera parole “siamo per la legge e l’ordine”, “siamo per i giovani e il cambiamento” e ci si riassesta il capello bianco, “ero per una federazione e non per una fusione” ( grandi applausi, ma nessuno ha presentato un ordine del giorno in tal senso).
Fino all’apologia dell'”entriamo nel Pdl mantenendo la nostra identità “.
Una volta si parlava di “tradizione” e il concetto era almeno chiaro, vi erano precisi autori di riferimento, anzi spesso le liti interne nascevano da diverse concezioni della vita e del mondo.
Da anni in An si parla di identità .
Quando non si sa più cosa dire, anche nel dibattito in sezione sulla collocazione dei cassonetti per la raccolta differenziata del piccolo paese, ecco il giovane intellettuale di destra che, a corto di analisi pregnanti all’argomento, si alza e si rifà alla “nostra identità “.
Ma quale? Forse quella dei neoacquisti al mercato autunnale dei padri fondatori antifascisti della Repubblica citati nei documenti del partito?
O forse gli economisti ultraliberisti a stelle a strisce che sono all’origine dello sfascio economico mondiale?
Perchè non si può parlare di identità senza radici, non si può pensare a conservare una appartenenza senza punti di riferimento. Si può fare cronaca certo, ma mai storia.
E’ la differenza che passa tra chi legge un bel libro traendo linfa al proprio pensiero e chi sfoglia un rotocalco e guarda le chiappe di un’aspirante velina. Esercizio anche gradevole alla vista magari, ma non certo formativo dello spirito e delle idee.
Per fortuna l’intervento di Fini è stato esaustivo: solitamente sa rappresentare in modo dialetticamente gradevole il nulla, stavolta no, è stato incisivo e chiaro. Ha sganciato il suo percorso personale da quello dei colonnelli, facendo capire che ormai ognuno andrà per sè, un “liberi tutti” che gli permetterà di continuare la sua lunga marcia verso il Quirinale.
Ha capito che anche i colonnelli hanno bisogno di accasarsi e ognuno di loro sceglierà la strada più consona, cominciando a sgomitare per entrare nello spaccio dell’ufficio di presidenza del nuovo Pdl. Ma Fini è stato onesto quando ha detto “Il Pdl non sarà un partito di destra”, non potrà certo esserlo, sarà una mediazione di istanze e impostazioni, con tutti i difetti che queste portano.
Sarà un partito dei “moderati” come ama definirlo Silvio, ma anche un partito del Premier, inutile nasconderlo: nello Statuto si prevede che venga votato dal Congresso il presidente, ma è scomparsa la parola “ogni tre anni”.
Presidente a vita quindi, come nelle antiche regali corti.
Ovvio che questo non sia gradito a tutti. Un primo risultato la nascita del Pdl lo ha ottenuto, secondo i sondaggisti: una perdita del 2%.
E’ il prezzo che si paga per queste operazioni: lo diciamo da mesi, chi rimane da solo è “caratterizzato”, le fusioni a freddo sono solo degli errori.
Gli italiani amano scegliere il meglio, non essere costretti a scegliere il meno peggio.
Un altro errore a favore della Lega, dell’Udc e della Destra di Storace, se sapranno approfittarne. Quanto durerà il nuovo Pdl? Fino a che governerà , basta guardare in casa Pd.
Facile andare d’accordo quando si gestisce il potere, improbabile l’armonia quando si resta a guardare giocare gli altri.
Fare da spettatori in tribuna d’inverno causa bronchiti anche agli identitari, soprattutto nei campi di periferia dove non c’è neanche un bar dove rifocillarsi nell’intervallo. Meglio stare attaccati alla “panchina”, finchè sconfitta non vi separi.
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