NEL “GRAND HOTEL VIENNA” DOVE I PROFUGHI RICOMINCIAMO A VIVERE
MAGDAS HOTEL DATO DALLA CARITAS IN GESTIONE A 31 MIGRANTI
Appena entri nel Magdas Hotel ti senti subito benissimo, come in un bel designer hotel del miglior livello: hall accogliente postmoderna, romanzi o libri fotografici ovunque, il bar come un salotto, ogni stanza diversa dall’altra, tutte con opere d’arte regalate da studenti e professori dell’adiacente Accademia delle belle arti.
Ma basta arrivare al banco check-in per capire che è diverso: Moni, receptionist africana, e Dinis, il suo capo fuggito dall’orrore repressivo della Guinea- Bissau, portano entrambi badge solidali coi migranti.
Lei e lui si alternano ai telefoni tra le continue chiamate delle Ong: “Il prossimo gruppo arriva tra poche ore, vengono stremati e maltrattati dall’Ungheria”.
“Ok, stanze e cibo e tutto full service gratis come al solito”, replicano Moni e Dinis e si sorridono. “Speriamo che a loro vada bene come a noi”, sembrano dirsi con gli occhi.
Magdas Hotel, Laufbergergasse civico 12, immerso nel verde del nord del centro di Vienna e poco lontano dal Prater: è l’albergo che la Caritas ha dato in gestione a 31 migranti. E loro lo gestiscono al meglio, insieme hotel di tendenza e approdo per i dannati della terra scampati al terrore a casa e poi dall’Ungheria.
“L’idea la lanciammo in febbraio – racconta Ariane Gollia – prima era un ospizio, l’abbiamo ristrutturato e assunto subito 31 migranti, oltre che in tedesco ci parliamo in decine di lingue diverse. Aiuti e donazioni di Ong, di grandi aziende e di privati cittadini ci hanno consentito di decollare. In media il 60 per cento delle 78 stanze è pieno ogni giorno, senza contare i migranti in fuga che appunto accogliamo gratis “.
A sinistra dell’ingresso, “vede, le cornici le ho comprate io al mercato delle pulci”, sono le foto di ognuno dei 31 tornati alla vita e in prima linea ad aiutare chi vive oggi la loro sventura di ieri.
Pubblico misto: coppiette, famiglie come ospiti, visitatori in gruppo per vedere l’esperimento della solidarietà cui non s’era pensato prima.
E ogni tanto minibus delle Ong che scaricano gli affamati venuti a piedi dall’Ungheria. “Ci sono anche minorenni fuggiti soli dalla Siria o dall’Afghanistan, ricordati di destinarli all’ala per loro, con le camere con area giochi”, dice Dinis alla collega.
Poi mi dice: “Prendiamoci un caffè e chiacchieriamo, fu nel tuo paese, sbarcando da illegale da una nave portacontainer nella bella Genova che arrivai in Europa”.
Poi scrive in corsa sul computer una e-mail circolare per tutti i colleghi: “Questa settimana abbiamo avuto tre arrivi, oltre duecento persone, forse nei prossimi giorni saranno di più”.
Un adolescente siriano che esce a prender aria con la bicicletta gratis dell’hotel, una mamma africana che allatta il bebè, militanti di Amnesty International le sorridono preparando il workshop di oggi sui migranti: il Magdas è in piccolo una città multietnica che non dorme mai.
“Ho 29 anni, fuggii dalla Guinea-Bissau nel 2003 dopo brutali interrogatori cui la polizia sottopose me e i miei genitori: avevo passato ai media notizie calde su corruzione e abuso di potere del presidente Joao Bernardo Nino Viera. Scelsi l’Europa per lavorare, pagare tasse e contributi e vivere libero integrandomi tra di voi. M’imbarcai su quel cargo, solo all’arrivo a Genova l’equipaggio mi scoprì, ma era buona gente: a me e ai pochi altri regalarono dai loro risparmi 300 euro a testa. In treno arrivai a Vienna. Chiesi subito asilo politico tre volte, tre volte attesi tre anni e me lo rifiutarono. Caritas e avvocati democratici mi aiutarono, dandomi da vivere, pagandomi studi di tedesco, e di lavoro alberghiero e turistico. Non sono ancora profugo politico riconosciuto, ma ogni anno il comune ” rosso” (socialista, ndr ) di Vienna mi rinnova il permesso di soggiorno e di lavoro”.
“Il momento più bello fu quando portammo tutti insieme a spalle in ogni stanza letti e mobili belli ma pesanti offertici da Caritas, Ong, studenti dell’Accademia: tutti, io, i nostri 31 splendidi migranti, e persino direttori generali delle organizzazioni umanitarie “, racconta Ariane, e la gioia le illumina sorriso e occhi verdi.
Da allora Dinis, Ariane e tutti gli altri non hanno più tempo: accoglienze ogni giorno, workshops di ong e multinazionali dal volto umano sui migranti o su ogni altro tema, pagando per sostenere la causa, eventi culturali con la rivista Hotel obscura, e collette quotidiane per il popolo in marcia dei dannati della terra.
“Continuiamo a studiare, corsi d’aggiornamento professionale d’ogni tipo, ci vengono pagati e i giorni di studio sono permessi senza decurtazione della paga”, Dinis. “Amico, riposati ogni tanto, lascia anche a me pensare ai transitanti in arrivo”, dicono sorridenti Sarah Bà rci, d’origini magiare, e una giovane polacca venuta qui volontaria da Poznan. “Questo hotel è un melting pot multietnico, e funziona, spero che gli europei riflettano”, dice Dinis, salutandomi.
Andrea Tarquini
(da “La Repubblica”)
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