“NOI RIDER, SFRUTTATI E ABBANDONATI A NOI STESSI”
IL 36ENNE DARIO DISTASO, LAVORATORE DI UBER EATS, HA OTTENUTO UN’ORDINANZA CON CUI UN GIUDICE DI PALERMO OBBLIGA LA PIATTAFORMA A PAGARE AI FATTORINI ACQUA, SALI MINERALI, CREME SOLARI E SALVIETTINE UMIDIFICATE QUANDO CI SONO CONDIZIONI DI CALDO INSOSTENIBILE
Ha 36 anni e non è fidanzato perché «non me lo potrei nemmeno permettere – scherza Dario Distaso, rider – e poi la mia vita è complicata già così”.
In verità Distaso, che lavora per Uber Eats, la vita è riuscito a complicarla anche alla piattaforma che si occupa di delivery, consegne a domicilio che d’estate, col caldo siciliano, diventano spesso un’impresa. E infatti Dario è riuscito a ottenere, con l’assistenza della Nidil-Cgil, un’ordinanza con cui un giudice di Palermo, Giuseppe Tango, gli ha riconosciuto il diritto ad avere acqua, sali minerali, creme solari e salviettine umidificate. Non solo per lui, ma – così ha stabilito il Tribunale – anche per gli altri, quando ci sono condizioni di rischio e di caldo insostenibile.
Distaso di questo è contento, «ho fatto qualcosa che vale pure per gli altri, la mia iniziativa è stata posta in essere proprio per sostenere anche i colleghi. Se la legge prevede qualcosa – dice il rider – è giusto che valga per tutti quelli che sono, siamo, nelle stesse condizioni».
Non teme ritorsioni sul lavoro, aggravamento delle condizioni o licenziamento. «Non si devono permettere – spiega risoluto – io ho sempre fatto più del dovuto, credo in questo lavoro e lo svolgo con coscienza».
«Noi rider – dice Distaso – siamo come numeri, sfruttati e spesso abbandonati a noi stessi, questa sentenza ci restituisce dignità mettendo un punto fermo: le aziende non possono trattarci al pari di semplici lavoratori autonomi, ma adesso devono ascoltarci».
È solo un fattorino, a volere dirlo in italiano, in un mondo dove l’anglofilia nasconde spesso sacche di sfruttamento, lavori al limite, retribuzioni basse, ma Dario sta costringendo le aziende del settore a cambiare la propria politica sulla gestione del personale.
All’inizio del mese un altro rider, di Glovo, aveva ottenuto un provvedimento analogo, ma ad personam.
«Lavoriamo in tutte le condizioni climatiche – racconta – e devo dire che d’inverno è anche più pesante, per chi, come me, si sposta in bici o col monopattino. Ma in questi ultimi giorni di gran caldo la situazione è insostenibile, riesci a fare un paio di consegne e poi quasi non capisci più dove sei, cosa stai facendo. Tutto per un migliaio di euro al mese, se lavori come un matto».
Dario scende in strada ogni giorno da mezzogiorno alle due del pomeriggio, ovvero «gli orari in cui è più facile fare le consegne, ma d’estate finisco stremato e zuppo di sudore per il caldo torrido, mentre d’inverno è la pioggia a tormentarci».
Non solo caldo, perché i sistemi delle piattaforme, per ottenere maggiori introiti, consentono i pagamenti in contanti: «I clienti scelgono cosa mangiare tramite le app – spiega Distaso – ma quando arriviamo per la consegna c’è chi ci minaccia e di soldi non ne vediamo. Col rischio di prendere botte da una baby gang che opera nel centro storico di Palermo, ma anche di perdere il lavoro per le consegne non fatte e per i sospetti di frode che possono ricadere su di noi”.
I contratti di collaborazione non danno garanzie o certezze, basta un infortunio per rimanere a casa, le entrate mensili sono ancora troppo basse e, come se non bastasse, non c’è nessuno pronto ad ascoltare.
«Una consegna viene pagata 2 euro e 50 centesimi lordi – sottolinea Dario -. È una miseria anche perché ci sono giornate dove i ritiri si contano sulle dita di una mano, mentre altre volte c’è una geolocalizzazione incomprensibile. Fino a qualche tempo fa c’era un responsabile a cui poter esporre i nostri problemi, poi eliminato: abbiamo incontrato i manager di Uber, ai quali abbiamo cercato di spiegare cosa non va, ma per tutta risposta ci hanno tolto alcuni bonus».
(da agenzie)
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