NON C’E’ STATO NESSUN COMPLOTTO, LA CORTE PENALE INTERNAZIONALE AVEVA INVIATO IL MANDATO D’ARRESTO A SEI PAESI
LE REGOLE SOTTOSCRITTE DALL’ITALIA PREVEDONO L’ARRESTO IMMEDIATO DEL RICERCATO, COSA CHE INFATTI LA POLIZIA HA FATTO… SE POI QUALCUNO L’HA LIBERATO NE RISPONDERA’ ATTRAVERSO UN PROCEDIMENTO DELLA CORTE
Nessun giallo, nessun complotto. Non c’è nulla di misterioso nel ritardo con cui la Corte penale internazionale ha spiccato il mandato di cattura internazionale per Najem Osama Almasri: lo sostiene l’ex giudice della Corte dell’Aja Cuno Tarfusser.
Da giorni il governo Meloni ventila dubbi sulle tempistiche del mandato d’arresto: perché – è la domanda che viene mossa in filigrana – la Cpi ha rotto gli indugi solo il 18 gennaio, proprio quando Almasri era appena arrivato in Italia, se il super-trafficante di migranti libico girava indisturbato per l’Europa da ormai 12 giorni?
A rispondere, quanto meno dal suo punto di vista, ora è Tarfusser: «Non c’è stato nessun cortocircuito. È un passaggio che richiede giorni perché bisogna che il mandato di cattura sia ben scritto, sia ben motivato, vanno studiati gli atti», dice il magistrato all’Ansa. A dimostrazione della buona fede dei giudici internazionali, sostiene ancora Tarfusser, si ricordi il fatto che una volta spiccato il mandato la Cpi «ha informato sei Paesi». Un comportamento, insomma, «assolutamente trasparente».
Cosa può fare la Cpi se l’Italia non collabora
A poter contestare errori e inadempienze, piuttosto, sarebbe proprio la Corte dell’Aja nei confronti dell’Italia. Già, perché a norma dello Statuto di Roma e delle leggi italiane che lo recepiscono, l’Italia dovrebbe dare esecuzione senza indugio ai mandati d’arresto della Corte. Cosa che quel 19 gennaio era in effetti avvenuta, ma secondo le autorità italiane in forma irregolare. E così Almasri è stato lasciato libero, e poco dopo rispedito in Libia dal governo stesso su un volo di Stato. Questione di «sicurezza dello Stato», ha ribadito Giorgia Meloni.
La Cpi appare tutt’altro che convinta di queste spiegazioni. Ma cosa potrebbe fare, in concreto? Di certo non irrogare sanzioni, non ne ha il potere. Potrebbe però agire su un altro fronte. «Se questa cooperazione viene meno, la Corte apre un procedimento nei confronti dello Stato accusato di non aver cooperato, per accertare l’avvenuta violazione degli obblighi statutari», spiega ancora Tarfusser. «All’esito, si chiederà all’Italia di giustificare i motivi. Se questi motivi non sono ritenuti adeguati, la Corte emette una decisione in cui accerta la violazione dello Statuto di Roma, e trasmette questa decisione al Consiglio di Sicurezza dell’Onu e all’Assemblea degli Stati aderenti allo Statuto di Roma, che poi provvederanno o meno». Sarebbero dunque, anche in tal caso, «decisioni politiche, certamente non giudiziarie». Ma pesanti.
(da agenzie)
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