OGNUNO PER LA SUA STRADA, E’ IL GIORNO DELLA SEPARAZIONE
SOTTO LE FINESTRE DELL’ULIVO NASCE LA SINISTRA ALTERNATIVA AL PD…. GLI ATTACCHI DI RENZI ACCOLTI QUASI CON LIBERAZIONE
Piazza rossa, come la distesa di bandiere, nel luogo simbolo dell’Ulivo, Santi Apostoli. “Posso chiedervi di sventolarle con parsimonia? Così si aiutano le telecamere che trasmettono in streaming”, chiede Gad Lerner, nei panni del presentatore.
Lo streaming non va di moda perchè, insomma, è pur sempre il battesimo di un nuovo inizio: “Oggi — dice Pisapia nel suo intervento finale – nasce un nuovo soggetto politico. Adesso si chiama ‘insieme’ ma il nome lo sceglieremo insieme. Non una fusione a freddo ma una fusione a caldo”.
Piazza rossa, ma mite. Non di arrabbiati o gruppettari, si sarebbe detto una volta: “Io — dice un signore con una tessera del Pci al collo — ero qui con l’Ulivo, poi il Pd. E ora…”.
David Sassoli, scamiciato, parla con alcuni militanti: “Ieri sera ero a una iniziativa del Pd ad Ostia, e venivano tutti qui”. Annuisce il vecchio “compagno”: “Sì, è pieno di circoli del Pd o appena usciti dal Pd”.
Per ascoltare la parola “Renzi” – un po’ di sangue, come si dice in gergo – bisogna attendere Pier Luigi Bersani, attorno alle 18,15. E la piazza si scalda: “Ci rivolgiamo al popolo del centrosinistra, disilluso, deluso, che sta a casa e ha ascolta il comizio di Renzi e sente che le parole gli scivolando addosso, come l’acqua sul marmo”.
Già , il comizio di Renzi. Accolto in piazza Santi Apostoli quasi con un senso di liberazione. “Non mi ferma nessuno”, “il leader lo ha scelto il Congresso”, “il Jobs Act ha prodotto risultati”: menomale, dicono nel retropalco, così finisce ogni forma di ambiguità , noi di qua, lui di là , lui ha chiuso, noi andiamo avanti.
Vasco Errani e Davide Zoggia sorridono: “Lui è o così o pomì, senza vie di mezzo”. Poco più in la, allarga le braccia Gianni Cuperlo, pontiere tra Pd e sinistra, a cui hanno bombardato il ponte: “Che ti devo dire? Non mi rassegno e continuerò a fare dentro il Pd il genio civile che arriva in zone bombardate”.
Musiche di Rino Gaetano, slogan alla Jeremy Corbyn, pochi effetti speciali, come una volta.
Dal palco piove anche qualche granata: “Noi — scandisce Pier Luigi Bersani – abbiamo un pensiero, se ne prenda atto. Ma voi del Pd che pensiero avete? Cosa pensate di cosa succede nel profondo della società italiana? Ora si sono liberati di D’Alema e il pensiero ce lo darà Bonifazi…”. Applausi caldi.
Come quelli al lìder maximo, quando è entrato nella piazza: “Grande Massimo” urlano a sinistra del palco. In piazza c’è anche Pasquale Cascella, sindaco del Pd di Barletta e ex portavoce di Giorgio Napolitano ai tempi del primo settennato: “Questa — dice salutando tutti – è gente nostra. Ma come fai a rompere con questa storia? Fai la mutazione genetica”.
Sul palco Bersani questa mutazione la descrive come già avvenuta. Parla di “discontinuità “, “alternativa”, ne fissa la cornice programmatica: “Basta voucher, basta licenziamenti collettivi e disciplinari, basta stage che diventano lavori in nero, basta bonus, basta meno tasse per tutti come dice Berlusconi e non ‘chi ha di più dia di più, basta camarille e gigli magici. E basta arroganza, il mondo non gira attorno alla Leopolda”.
Bobo Craxi, assieme a un gruppo di socialisti, annuisce: “Discorso ottimo, molto robusto”. In fondo alla piazza c’è Antonio Bassolino. “Anto’, facciamo un selfie”, “Anto’, ti ricordi quando presentammo il libro ad Ariccia?”. Sorride sornione: “Vedi, loro sono qui perchè Renzi è Renzi, io sono qui perchè Renzi non è più Renzi”.
Sia come sia, la fase è cambiata, in questo ennesimo dopo voto, segnato dalla “macronizzazione”, un po’ all’italiana del Pd, in senso centrista e leaderista.
Il discorso di Milano è questo: no ad alleanze, coalizioni, no a Prodi, alla cultura dell’Ulivo, il partito organizzato, i corpi intermedi. “Non media, dice ‘o così o fuori’ e infatti anticipa la direzione per arrivare al redde rationem”, sussurra un parlamentare orlandiano.
Anche Pisapia, in questo clima di muri e non di ponti, parla di “discontinuità ” sulle politiche, a partite dal lavoro e dall’articolo 18: “La politica non è avere tanti like, politica non è io, è noi”.
Il massimo per “l’anti-leader” o per il “leader riluttante” (copyright di Gad Lerner). “Ma che ha detto concretamente? Perchè non ha nominato Renzi?”, “Boh, io non l’ho capito” si dicono in un gruppo di militanti romani. “Ho parlato di cose più serie” risponde Pisapia a un cronista che gli fa la stessa domanda su Renzi.
In conclusione, ognuno per la sua strada (e per la sua piazza).
Discorso chiuso, complice la legge elettorale proporzionale. Dice Massimo D’Alema: “Stiamo andando verso le elezioni, se questo nuovo soggetto che stiamo costruendo avrà forza, allora dopo il voto riapriremo il discorso”. Delle alleanze. Dopo, non prima.
(da “Huffingtonpost”)
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