ORMAI BERLUSCONI E’ DIVENTATO UNA PALLA AL PIEDE DEI TELEGIORNALI
MEDIA DI ASCOLTO BASSA PER IL PREMIER, FA PERDERE PUNTI DI SHARE E QUANDO FINISCE I TELESPETTATORI RITORNANO…CARLO FRECCERO: “LE FINTE INTERVISTE DIMOSTRANO DEBOLEZZA E INDICANO PREPOTENZA”
Che succede se Berlusconi lascia il bunker, si fa vedere e rivedere su cinque telegiornali?
Chi accetta l’intervista tipica del videomessaggio (Tg1, Tg2, Tg4, Tg5) perde punti di share (tranne Studio Aperto), mentre chi risparmia la noia ai suoi telespettatori (Tg3 e TgLa7) migliora.
Anzi, dappertutto la media di ascolto durante il suo intervento è bassissima e, appena il premier scompare dal video, nuovi telespettatori arrivano nel giro di un minuto: 180 mila in più per il Tg1, 150 mila per il Tg5, in crescita anche il Tg2, il Tg4 e Studio Aperto.
Nessuno aspettava con ansia la televendita del Cavaliere.
Non contento di aver già violato la par condicio, tema sul tavolo dell’Agcom di lunedì, il premier ha replicato ieri su Telelombardia e mercoledì sarà a Porta a Porta (e per evitare sanzioni, Vespa dice che il giorno prima avrà Di Pietro e Bersani ha rifiutato l’invito, ma il segretario del Pd spiega che non vuole fare da tappabuchi al premier).
Dopo la nota di protesta del comitato di redazione (due sì e il no di Attilio Romita), i giornalisti del Tg1 affiggono in bacheca biglietti contro la linea Minzolini.
Il consigliere Nino Rizzo Nervo: “Le eventuali multe dovranno pagarle i direttori dei tg”.
E domani la Federazione nazionale della stampa e il sindacato Rai (Usigrai) protesteranno a viale Mazzini.
Il presidente Paolo Garimberti chiede che il servizio pubblico ripristini il pluralismo: “Ora spazio a tutti i partiti”.
E Famiglia Cristiana indica un problema infinito: “In onda il conflitto di interessi”.
Le tende zafferano che si confondono con il trucco sul viso, le bandiere istituzionali, l’enorme simbolo di partito, l’espressione seriosa.
A raffica: cinque telegiornali, un’intrusione radiofonica e poi sui giornali. A
l quinto giorno di silenzio, Silvio Berlusconi uscì dal rifugio per proiettare la sua luce e invece, più che rifiutarlo, nessuno se n’è accorto.
Carlo Freccero è preoccupato.
Il direttore di Rai 4 conosce la televisione e pure Silvio Berlusconi.
Freccero ha una domanda per il Cavaliere: “Perchè signor presidente si riduce ai video-messaggi? E poi un venerdì di metà maggio con i milanesi in viaggio verso la costiera ligure o i vigneti di Monferrato e senza eventi internazionali o nazionali che possano incuriosire i telespettatori. Chi l’ha consigliata? E per carità , non chiamatele interviste. Questa è solo violenza comunicativa per dimostrare che lui gode con il conflitto d’interessi e può sfregiare le regole di par condicio”.
Cinque passaggi televisivi, identici, che marcano la sua stanchezza: “Dov’è finita la sua competenza? Ha scambiato le interviste con la pubblicità , costringendo i giornalisti a trasformarsi in servi. Ogni intervista ha bisogno di una storia, un’identità , una narrazione”.
Facciamo un giochino, più versioni di Berlusconi per ciascun telegiornale. Studio Aperto, Tg5: “Doveva intrattenere chi è abituato al rotocalco con una scenetta, una stretta di mano con Galliani o un suo collaboratore, parlare in stile informale, magari in mezzo ai giardini di Arcore”.
Tg4: “Poteva chiacchierare con Emilio Fede, rivolgersi ai telespettatori che lo seguono dall’inizio con un linguaggio semplice e sicuro”.
Tg1, Tg2: “Fare più istituzionale e rigoroso, ma con idee e autorità . Doveva sorprendere l’ascoltatore con una novità , non basta la solita faccia”.
Valore mediatico? Quasi zero.
Valore politico? Zero.
Davvero Berlusconi pensava di convincere qualcuno con la sua presenza senza nulla di forte e di fresco?
Davvero pensava che i milanesi l’aspettassero di venerdì sera?
Quando parli per dovere provochi più disorientamento che energia al tuo pubblico.
L’intervista finta, servita fredda, è terribile.
È un atto di prepotenza perchè ti ricorda chi è il padrone del mezzo televisivo. È anche un atto di disperazione perchè svela il tentativo di recuperare voti con fare confuso e maldestro”.
È un po’ come Umberto Bossi che dichiara, smentisce e rettifica dieci volte al giorno, che tradisce la sua leggenda nel popolo leghista: “I militanti del Carroccio sono furiosi e si sfogano con espressioni simili al Fronte Nazionale francese. Prima erano folgorati dal capo che resiste, combatte e supera la sua malattia, fiero e tenace come Giussano. Ma ora la distanza tra il Bossi di governo e il popolo di lotta, anche nei giorni dei ballottaggi, accentua la sua fatica, la sua stanchezza e il capo perde credibilità . Abdica l’illuminata guida padana”.
Carlo Tecce
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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