PARTITI RIDOTTI, MA RIECCO I GRUPPI DISTINTI IN PARLAMENTO
LA CASTA ORA PENSA A SISTEMARE I PORTABORSE DISOCCUPATI
Le elezioni del 14 aprile hanno prodotto, come ben sapete, una diminuzione dei partiti rappresentati in parlamento: erano 14 i gruppi parlamentari alla Camera e ora sono 4, erano 11 al Senato e si sono ridotti a 5. Questa imprevista riduzione ovviamente dovrebbe incidere sia sul personale che sui costi dei gruppi parlamentari, ma una cosa ovvia per i comuni mortali non è altrettanto scontata per i nostri politici, senza distinzione di appartenenza.
Iniziamo dal personale: vi sono ben 300 posti a rischio. Sono quegli assistenti parlamentari, portaborse, segretarie e segretari, addetti stampa, consulenti ed esperti nelle diverse materie legislative, assunti con un rapporto di precariato e il cui contratto scade il 28 aprile. Si tratta di “personale fiduciario”, scelto o dal singolo deputato o dal Gruppo parlamentare di appartenenza, per “assistere” il notabile nelle varie incombenze romane. Ovviamente assunzioni temporanee (amici, amiche, compagni di partito, gente da sistemare, raccomandati e riciclati) di personale che, venendo meno interi partiti, non trova più deputati e gruppi di riferimento. In particolare il problema riguarda Verdi, Rifondazione, Comunisti italiani, Sinistra critica, Rosa nel Pugno, Socialisti, Uduer, gruppi parlamentari tutti sfrattati dagli elettori.
La logica direbbe che, trattandosi di stipendiati dal Parlamento, in funzione di una loro attività in loco e con contratto a termine, questi 300 “collaboratori” dovrebbero restare a casa. Ma già si stanno muovendo i partiti e hanno convocato un Ufficio di Presidenza che ha avanzato l’ipotesi di dare “incentivi economici” ai Gruppi ancora presenti in Parlamento che decidessero di assumere al loro interno i dipendenti della Camera che nella passata legislatura appartenevano a Gruppi o partiti scomparsi il 14 aprile.
In pratica uno “scivolo di salvezza” ad hoc per “raccomandati” dei partiti in un contesto italiano dove i “precari normali” non godono invece nè di scivoli nè di ammortizzatori sociali. A parte che non si vede come un “fidato collaboratore” di Rifondazione possa diventare referente ad es. del Gruppo del PdL, troppo lontani politicamente. In alternativa si pensa alle elezioni europee del 2009 e alla possibilità di agganciarli a quell’evento.
Una banale proposta: visto che di rimborsi elettorali, questi partiti, riceveranno milioni di euro ( i bilanci dicono una cifra di almeno 3 volte superiore ai soldi realmente spesi in campagna elettorale) perchè queste poche decine di “collaboratori” per partito, non se li tengono loro direttamente a “libro paga”? Invece che scaricarli sul contribuente italiano? Questa è l’unica soluzione dettata dal buonsenso.
Sapete quanto erano costati i “collaboratori” dei partiti nel 2007 al Senato soltanto di contribuiti? La bellezza di 39 milioni e 350 mila euro ( 8 per il funzionamento dei gruppi, 13 e rotti per il personale, 18 e rotti per “l’attività di supporto”).
E alla Camera erano costati altri 34 milioni e 300 mila euro. In tutto, tra Camera e Senato, si era arrivati alla cifra di 74 milioni e 100mila euro.
Secondo aspetto: ricordate quando tutti i partiti assicuravano che mai più, nel futuro Parlamento, sarebbe potuto accadere che qualche parlamentare, eletto in un partito, potesse cambiare casacca e costituire gruppo autonomo, pena la decadenza?
Bene, non esiste a tutt’oggi nessuna norma in tal senso, quindi se qualcuno vorrà andare altrove potrà ancora farlo, facendo proliferare gruppi e gruppetti, con relativo appannaggio e personale fiduciario. Anche i partiti “coalizzati” si stanno guardando bene dal fare gruppo unico ( Lega e MPA da una parte e IdV dall’altra).
Come inizio non c’è male …siamo curiosi di vedere come voteranno, quando si tratterà di dimezzare il numero dei parlamentari…qualcosa ci dice che a quella votazione non ci si arriverà mai…
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