PDL: IL NUOVO STATUTO PREVEDE SUPERPOTERI AL PRESIDENTE
IL RAPPRESENTANTE DEL NUOVO PARTITO AVRA’ PRATICAMENTE L’ULTIMA PAROLA SU OGNI DECISIONE… DALLA NOMINA DEI COLLABORATORI ALLE LISTE ELETTORALI
Non sarà una monarchia, ma Silvio Berlusconi sarà ugualmente un “superpresidente” con “superpoteri”, come il cavaliere mascherato di Striscia che ripete “sono invincibile”.
E’ lo statuto del Popolo della Libertà a prevederlo: quello statuto sul quale il comitato di saggi, composto da Denis Verdini, Ignazio La Russa e Niccolò Ghedini, dopo settimane di tira e molla, ha finalmente trovato un accordo, salvo modifiche degli ultimi minuti.
E che sarà votato nei due giorni del Congresso alla Fiera di Roma. Il presidente del Pdl avrà poteri larghissimi: sua la nomina dei coordinatori, sua l’indicazione dei componenti dell’ufficio di presidenza, sua anche l’ultima parola sui candidati alle politiche, alle europee e per la presidenza delle Regioni, sua la possibilità di commissariare gli organi nazionali.
In nessun partito un tale potere è mai stato concentrato nelle mani di uno solo e la cosa destra parecchie perplessità , anche in vista del dopo-Berlusconi.
Rispetto alle prime bozze che circolavano, la versione definitiva della “magna carta” del Pdl prevede che il presidente sia eletto dal Congresso “con apposita votazione, anche per alzata di mano”.
Niente elezioni per acclamazione, quindi, ma neanche voto segreto.
Il congresso si terrà a scadenza triennale (almeno sulla carta). Ma l’art. 11, che regola la questione, conserva una ambiguità di fondo sulla durata della carica del leader.
In effetti, non si dice che il presidente debba essere votato ogni tre anni, ma gli esperti interni assicurano che non può esservi incertezza e che Berlusconi ogni tre anni dovrà ottenere il sì di ogni congresso.
Resta il fatto che la norma avrebbe potuto essere sancita per iscritto e non lo è stata.
Niente è detto a proposito della presentazione delle candidature: la parola “primarie” non compare mai, nè si parla di mozioni congressuali contrapposte, neanche si prende in considerazione l’idea di una candidatura alternativa a quella di Berlusconi.
Il “superpresidente”, recita l’art.14 dello Statuto, avrà la “rappresentanza politica del partito, lo rappresenta in tutte le sedi istituzionali, ne dirige l’ordinato funzionamento e la definizione delle linee politiche e programmatiche”.
Sarà affiancato da tre coordinatori di sua nomina ( saranno Denis Verdini, Ignazio La Russa e Sandro Bondi) che dovranno occuparsi della struttura organizzativa: un ufficio politico già salito da 28 a 32 membri per accontentarne altri, una direzione di 120 che avrebbe dovuto essere eletta dal Congresso ma che sarà invece nominata da Berlusconi, un consiglio nazionale composto da parlamentari, presidenti delle Regioni, ministri, sindaci delle città capoluogo e altri dirigenti locali. Questione ancora aperta per quanto riguarda i Circoli della Libertà e quelli del Buongoverno (rispettivamente facenti capo a Michela Brambilla e a Marcello dell’Utri): avranno un ruolo nel nuovo partito o no? Per ora non ci è dato sapere.
Quello che risulta evidente è che si tratta di uno Statuto che concentra il potere nelle mani esclusivamente di uno solo e assomiglia più che a uno statuto di partito alle norme vigenti nei consigli di amministrazione delle società di capitali.
Evidentemente a tutti va bene così.
La conseguenza sarà una corsa alla protezione “giusta” più che a veder maturare idee e confronto interno.
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