PENSIONI, FINO AL 15% IN MENO PER CHI LASCIA PRIMA
FLESSIBILITA’ A COSTO ZERO… FORTI PENALIZZAZIONI SE SI ESCE A 62 ANNI
L’avvertimento è arrivato nell’intervista a «Repubblica» del ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan: attenti ad intervenire sulle pensioni perchè «l’equilibrio di finanza pubblica va mantenuto » e non possiamo far saltare i conti.
Ma il presidente del Consiglio Matteo Renzi sembra intenzionato ad andare avanti: flessibilità in uscita in cambio di riduzione dell’assegno per chi vuole andare in pensione passando attraverso le maglie rigide della legge Fornero. Renzi lo ha scritto l’altro giorno nella sua rubrica sull’«Unità », ma il suo progetto non è nuovo.
Già nel maggio scorso, anche dopo il «siluro» della Corte costituzionale che ha ripristinato l’indicizzazione delle pensioni con il costo di un paio di miliardi sul conto-previdenza dello Stato, aveva annunciato per la legge di Stabilità del 2016 un intervento.
«Libertà e disponibilità per la nonna che si vuole godere il nipotino», aveva detto con la solita efficace immagine.
Per la soluzione flessibilità del resto pressano sindacati e minoranza interna del Pd. Senza contare che una delle proposte di legge più discusse nelle ultime settimane porta due firme di peso: del presidente della Commissione Lavoro della Camera Cesare Damiano e del sottosegretario all’Economia Pier Paolo Baretta.
Il problema sono i costi: il testo prevede di poter anticipare a 62 anni, invece che agli attuali 66 anni e tre mesi (66 e sette mesi nel 2016) l’uscita in pensione.
L’opzione per la flessibilità costerebbe il 2 per cento per ogni anno e dunque qualora fosse esercitata per quattro anni comporterebbe una penalizzazione dell’8 per cento. Su costo si discute, ma si dovrebbe andare, secondo i proponenti, sotto i 4 miliardi (tenendo conto solo dei pensionati che aderiranno)
Un po’ troppo, e allora si guarda all’altro progetto sul campo, nato dagli ambienti tecnici e che viene definita proposta-Boeri.
Si tratterebbe, nella versione che circola, di estendere a chi va in pensione anticipata un calcolo interamente contributivo invece che il più generoso retributivo anche se mitigato dal sistema pro-rata.
In questo caso il taglio dell’assegno potrebbe arrivare complessivamente fino al 30 per cento. Il costo sarebbe vicino allo zero.
L’impatto immediato tuttavia non sarebbe indolore: il primo anno potrebbero essere molti coloro che potrebbero approfittare della opportunità e il peso per le finanze pubbliche si farebbe sentire
La coperta è corta, tant’è che il Def non fa cenno alla questione della flessibilità in uscita: tanto più che già la lista della spesa arriva a 27 miliardi, il cantiere della spending review è ancora aperto e la flessibilità attende un via libera da Bruxelles. Tuttavia i tecnici del governo sono al lavoro per una soluzione di compromesso che potrebbe conciliare l’esigenza di «costo zero», sulla quale sembra siano attestati Palazzo Chigi e Via Venti Settembre, accontentando al tempo stesso la nonna che si vuole godere i nipotini.
L’idea è quella di lavorare sulla percentuale di penalizzazione: dal 2 per cento di cui si è parlato fino ad oggi si potrebbe salire il 3-4 per cento l’anno raggiungendo una penalizzazione massima su quattro anni del 12-15 per cento.
L’età rimarrebbe a 62 anni e in questo modo — ma si stanno facendo i conti — si potrebbe raggiungere un punto di equilibrio tra costi e risparmi.
Roberto Petrini
(da “la Repubblica“)
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