PERCHÉ RENZI NON SI SPORCA LE SCARPE: LA PAURA DEL PAESE REALE
IL FANGO DI ALLUVIONATI E PERIFERIE NON HA MAI SPORCATO IL DISCORSO PUBBLICO DEL PREMIER CHE VIAGGIA IN UN MONDO PARALLELO
Alla fine la polizia è intervenuta per sgomberare il centro per immigrati minorenni di Tor Sapienza, nella periferia romana.
Il maltempo ha registrato ulteriori vittime, persino il capo della Protezione civile, Gabrielli ha sbottato: “La rabbia di Carrara si sta diffondendo”.
Nessuna sorpresa. Sono tutti eventi parte di un allarme che da almeno un mese arriva dal Paese e viene ben riflessa dall’informazione tutta. Prendiamo i titoli di oggi giovedì 13 novembre.
“Nord senza tregua, vittime e paura”, titola il Corriere della Sera oggi, con foto drammatica in prima pagina. “Immigrati, guerriglia a Roma. I residenti: via o sarà l’inferno”, titola il Messaggero. “Nord Ovest devastato da allagamenti e frane. Altro morto i Piemonte”, titola La Stampa. “A fuoco le periferie di Roma e Milano. È scoppiata la guerra tra i poveri” è una grande inchiesta annunciata sulla prima pagina di Repubblica
Nulla di tutto questo è però riflesso nelle parole, nel cammino di Palazzo Chigi. Queste ultime settimane del Premier son passate nella affannata ricerca di una conferma o meno del patto del Nazareno, nella rispettosa ma non per questo meno criptica discussione sulle dimissioni di Napolitano, nella festosa celebrazione tra tavoli imbanditi del nuovo sistema di fund raising per il Pd, mille euro a persona per vedere il leader.
Più che due percorsi diversi, quello del Leader e quello del paese appaiono due universi paralleli, senza incroci.
Eccetto per la chiamata di Landini a Palazzo Chigi, sotto la spinta di un attacco della polizia nelle strade del centro della Capitale, l’Italia dei disastri e dello scontento non è mai entrata nel discorso pubblico del leader.
Possiamo archiviare questa annotazione scegliendo la più banale e dannosa delle spiegazioni (che pure circola), cioè che Renzi è un leader senza cuore, interessato solo a quello che costruisce il suo potere.
Ma il rapporto con il popolo è un elemento centrale di ogni leadership – anche della più mite.
Silvio Berlusconi, che pure ha esercitato una leadership popolare come quella che cerca Renzi, non ha mai mancato a un appuntamento tragico, anzi più tragici erano meglio gli venivano – come si è visto dal capolavoro mediatico che fu la sua visita all’Aquila.
Altri, più miti, appunto, non hanno mai fatto mancare il doveroso comunicato, per non parlare di Napolitano che anche nelle occasioni che abbiamo appena elencato, non ha mai fatto mancare la sua parola.
Se Renzi, che è certo il più innovativo e ambizioso dei politici che da anni cavalcano la scena pubblica, ignora il rapporto con le disgrazie del paese, c’è certo dietro una scelta, una particolarità che ci offre probabilmente una ulteriore lettura della sua visione del mondo.
Ho provato a parlare di tutto questo con gente a lui vicina, o che lavora con lui.
Una delle spiegazioni fornite è che Renzi non vuole accollarsi “disgrazie” che sono prodotto del vecchio sistema politico.
Un’altra ipotesi è che Renzi preferisca offrire soluzioni invece di fare comizi davanti alle disgrazie. Ma anche che il Premier pensi che la sua presenza porti di per sè a una acutizzazione delle situazioni.
Le più maliziose interpretazioni dipingono invece un Renzi come determinato a non “sporcare” con nulla di negativo il suo discorso politico, improntato a un’Italia positiva, vincente, che guarda al futuro.
E ancora, che Renzi sia un politico con così alta consapevolezza della comunicazione, e della costruzione della propria immagine, da non fidarsi degli imprevisti del confronto con la realtà allo stato brado.
Qualunque sia la ragione, la sistematica evasione della vita com’è su questo pianeta, rimane una scelta incomprensibile, dal mio punto di vista.
Per il famoso semplice fattore “struzzo” – le cose infatti tendono a rimanere anche se le neghiamo.
Un solo esempio: se la scelta tattica della assenza in Liguria potrebbe anche starci (viste le condizioni di battaglia politica in quella regione) l’assenza diventa insostenibile con il moltiplicarsi quotidiano dei disastri, incluso nelle regioni Toscana e Lombardia, dove Renzi ha un grosso investimento elettorale.
In altre parole, conviene davvero al Premier questa scelta di distanza, di non affondare le mani nel fango (letteralmente) e nelle passioni che agitano la Italia che lui guida?
Da quando la crisi ha investito l’Italia, dagli ultimi giorni di Silvio Berlusconi all’arrivo imprevisto di Renzi, in molti hanno annunciato e sperato in un mitico autunno caldo che spezzasse il circuito austerity/crisi sociale.
Questi autunni caldi non si sono mai materializzati – e nemmeno adesso con tutti gli scioperi e manifestazioni del sindacato siamo vicini a nulla che somigli a un evento che fa svoltare la politica.
Siamo di fronte invece a un processo in cui pare che l’Italia stia cedendo pezzo a pezzo. Una sorta di smottamento sociale in piccole particelle, ogni esperienza estremamente circoscritta, ma non di meno impaziente, ogni gruppo sociale, operai, inquilini, cittadini, giovani ,vecchi impiegati, disoccupati, chiuso nella sua esplosione unica e solitaria di malessere e di dolore.
Due parole – malessere e dolore – anche queste mai presenti nelle glorificate cronache dei discorsi ufficiali.
Eppure è da tutte queste cose che già si impongono nuovi problemi, che a loro volta già stanno nutrendo leadership alternative.
Anti-Renzi, come Landini, come Salvini, ma altri ce ne sono ancora non nel radar, che certo non sono in grado di minacciare il popolarissimo Premier, ma che pure sono la prova che la politica, come la società , non si fermano mai.
Renzi, come tutti, dovrà alla fine confrontarsi con questi sviluppi.
La mia personale opinione su questa distanza che il Premier prende dal paese, è che alla fine ha paura.
Non posso immaginare infatti che un politico avvertito quale è lui, non veda lo sgranarsi della tela sociale.
Credo che la veda molto bene e che la tema. Nel senso di pensare di non avere al momento sufficienti strumenti per affrontarla.
Nel suo caso, strumenti di poteri e controllo dell’economia e dello stato che lo mettano in grado, appunto, di “cambiar volta” alla gestione del paese.
Solo così si spiega l’ossessione con la legge elettorale, l’accelerazione sul discorso del Nazareno portato avanti non a caso in queste stesse ultime settimane con la frenesia di chi ha una muta di cani alle calcagna.
Questa muta di cani è la realtà che abbiamo descritto.
E per questo la possibilità di elezioni – per quanto negata – rimane sullo sfondo ancora forse l’unico possibile approdo per Renzi, nel caso la crisi si approfondisca, per riprendere in mano le redini del paese.
Lucia Annunziata
(da “Huffingtonpost“)
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