RENZI E’ NERVOSO, BERLUSCONI RISCHIA DI FAR SALTARE IL BANCO DELLA LEGGE TRUFFA
LO “STATISTA” SBATTE CONTRO L’INCOSTITUZIONALITA’ DELLA SOGLIA DEL 35%, MA IL RICHIAMO DI NAPOLITANO PUO’ SALVARLO DALL’IMPASSE
Per la prima volta dal giorno dell’incontro al Nazareno, Matteo Renzi prende atto delle trappole dietro l’angolo che spuntano ogni volta che il Pd — o il centrosinistra, negli anni addietro — intesse trattative con Silvio Berlusconi.
Con il Cavaliere il segretario Dem si era accordato su una soglia di sbarramento per il premio di maggioranza della legge elettorale al 35 per cento.
E “i patti sono patti, vanno rispettati”, aveva fatto la voce grossa il sindaco di Firenze incontrando i deputati del Pd qualche giorno dopo il faccia a faccia con Berlusconi. Oggi che quella soglia ritenuta troppo bassa dal Quirinale pare destinata ad essere rivista al rialzo (38%), il Cavaliere non ci sta: “I patti devono essere rispettati”, dice anche lui dall’altra parte, sentendo i suoi esperti che lo avvertono sulla possibilità che a quel punto Forza Italia rischierebbe di non arrivarci al ballottaggio previsto dall’Italicum.
Trattativa tutta in salita, Renzi fa l’unica mossa utile: convincere la minoranza Pd in commissione a ritirare tutti gli emendamenti quanto meno per sfilare al centrodestra l’arma della solita accusa.
Vale a dire: il Pd è diviso. Ritirati gli emendamenti il campo rimane sgombro. Con una sola condizione posta dal Pd: premio di maggioranza possibile solo se la coalizione raggiunge il 38 per cento.
E’ la condizione posta dal Quirinale. E non è un caso.
Significa che l’asse tra il presidente della Repubblica e Renzi non si è incrinato neanche un po’.
Malgrado i rapporti gelidi tra il segretario e il premier, gli scambi di accuse sotto traccia oppure espliciti tra Nazareno e Palazzo Chigi, il fatto che rimpasto e patto di coalizione ancora slittino per altre due settimane, a dire poco.
Però se il segretario si fa scudo della posizione di Napolitano e dei costituzionalisti che ritengono troppo bassa la soglia del 35 per cento per ambire a un premio di maggioranza del 18 per cento (cioè la metà della soglia), d’altro canto si arena al primo scoglio della trattativa con Berlusconi.
Dopo la nottata di fuoco in commissione, dopo la riunione accalorata con i commissari del Pd, della serie prendere o lasciare “se fate crollare tutto, domani convoco una conferenza stampa e vi do la colpa del fallimento, dopodichè finisce la legislatura e si va al voto con il proporzionale puro”, dopo nervi tesi e corde tirate al limite, Renzi in mattinata riunisce i suoi: Maria Elena Boschi, Luca Lotti, il tesoriere Francesco Bonifazi. Li aggiorna sullo stato dell’arte.
Quindi, prende il treno e torna a fare il sindaco. A Firenze a inaugurare una pista ciclabile.
Via da Roma è il segnale che tutto quello che c’era da fare in città è stato fatto, prima dell’approdo dell’Italicum in aula domani.
Via da Roma per segnalare ancora una volta una distanza dai “palazzi delle trattative infinite”, dicono i suoi.
Via a Firenze a incrociare le dita. Perchè se gli emendamenti sono stati ritirati in commissione, non significa che in aula andrà tutto liscio. Anzi.
Realisticamente parlando, Renzi parte per la sua città “senza l’Italicum in tasca”, ammettono i suoi. “Adesso sta al Parlamento”, riconosce il sindaco guardando alla fitta selva di trappole e inganni che possono spuntare da ogni dove per affossare l’Italicum. Certo, la speranza non è persa.
Tra i suoi prevale la convinzione che Berlusconi alla fine accetterà la soglia del 38 per cento. Magari sarà solo esercizio di ottimismo in un momento di crisi, però c’è chi ricorda la trattativa sulla legge elettorale per le europee nel 2009.
Anche allora il Cavaliere tenne il punto fino all’ultimo momento contro lo sbarramento del 4 per cento.
Tanto che Massimo D’Alema, che allora trattava con il Pd, consigliò ai vendoliani di fare la scissione da Rifondazione, convinto che l’accordo con Berlusconi fosse sulle preferenze senza sbarramento.
A sorpresa, invece, il Cavaliere accettò anche il 4 per cento, ma la scissione dentro il Prc si era già consumata. E oggi alla vigilia del nuovo turno per le europee a maggio prossimo, quel 4 per cento è ancora un problema per la sinistra radicale, già massacrata dall’Italicum.
Paragoni storici che ora portano i renziani a ben sperare: “Alla fine Berlusconi si convince”. Ma l’intoppo è grosso ed evidente a tutti.
Tanto che dalle parti del sindaco davvero si valuta la possibilità di un ritorno al voto con il proporzionale puro consegnato dalla Consulta. Alle brutte, è il ragionamento, si tratta di un sistema che obbligherebbe la riottosa minoranza del Pd a misurarsi con il territorio (c’è la preferenza unica).
E poi sbarra i piccoli all’8 per cento sull’ingresso in Senato e al 4 per cento sull’ingresso alla Camera: mica male anche per chi come Renzi ha una prospettiva maggioritaria e gode in questo momento di sondaggi molto generosi.
Oggi a Firenze, in stretto contatto con Roma, naturalmente.
Ma domani il sindaco tornerà qui: dovrebbe esserci riunione di segreteria di primo mattino, come al solito. E poi nella capitale domani c’è anche l’assemblea straordinaria dell’Anci sull’intricato capitolo delle tasse sulla casa: questione spinosa più che aperta col governo Letta. Il sindaco Renzi dovrebbe prendervi parte, naturalmente.
(da “Huffingtonpost“)
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