RIECCOLO: SILVIO SI RI-AUTOPROCLAMA LEADER SENZA EREDI E DELFINI E PUNTA AL 20%
ACCLAMATO DALLA PLATEA, NON NOMIMA RENZI E SI DISTANZIA DA SALVINI
Rieccolo. Alle 12,42, Silvio Berlusconi sale sul palco e centinaia di mani si levano con lo smartphone, sulle note dell’inno di Forza Italia.
Parte anche un coro, modello stadio: “Un presidente, c’è solo un presidente”. Il Cavaliere è tornato: “Io non so — dice – se la Corte europea arriverà in tempo, ma parteciperò alla campagna elettorale come ho sempre fatto”.
Già , come sempre. Da leader del centrodestra, senza delfini, eredi, altri nomi all’infuori di sè.
E a prescindere delle sentenze dei tribunali e dei giudizi degli alleati: “Alla Lega dico che avremo sempre rispetto per le loro idee, ma sappia che il centrodestra l’abbiamo fatto noi. Siamo noi che abbiamo portato al governo forze escluse e abbiamo sempre avuto il leader per realizzare il programma”. A prescindere, punto.
Con Salvini, qualche ora più tardi, il quale gli ricorderà che la monarchia è finita da tempo e la leadership la “decidono i cittadini”.
Il senso di Fiuggi però non è la costruzione di una trama. Antonio Tajani, nel dare il benvenuto al “presidente”, fa capire subito quale sia la sostanza politica della manifestazione, nell’anno del Signore 2017, ventitrè anni dopo la discesa in campo: “Non abbiamo bisogno di nessuna primaria, il leader noi ce l’abbiamo e questo leader si chiama Silvio Berlusconi. Un grande imprenditore, un grande politico, ma non c’è un grande imprenditore e un grande politico che non sia anche un grande uomo. Sarà ancora primo ministro di questo paese”.
Parole adoranti che però recepiscono, e questa è una notizia, un nuovo clima nel Ppe, di riabilitazione politica, o forse semplicemente di indulgenza, dopo la dannazione del 2011, in cui i conservatori europei di allora, da Merkel a Sarkozy, ebbero un ruolo da protagonisti.
Per necessità più che per virtù, di fronte al famoso spettro populista il Cavaliere diventa una sorte di populista buono, utile come partner moderato di una eventuale grande coalizione all’italiana.
Al Grand Hotel della Fonte a Fiuggi, l’endorsement è nelle parole del segretario generale del Ppe, Antonio Lopez: “Voglio salutare a nome del Ppe il prossimo presidente del Consiglio dei ministri d’Italia: Silvio Berlusconi”.
E chissà se il frutto di questo mutato clima si rifletterà nell’atteggiamento della Corte di Strasburgo, chiamata a pronunciarsi sulla sua candidabilità : “Attendo dall’Europa — scandisce con voce più alta l’ex premier – di riavere completamente il mio onore per potermi presentare agli italiani presentando a loro il programma di un uomo onesto, integro, un contribuente leale”.
Rieccolo, dunque. Doppiopetto blu, camicia azzurra, spilletta di Forza Italia sul bavero della giacca, come in ogni inizio di campagna elettorale.
Tonico, molto dimagrito, anzi mai così magro con settanta chili e non un grammo di più, secondo l’antica abitudine che la dieta scandisce il timing delle discese e ridiscese in campo.
A Fiuggi va in scena questo: il ritorno, la presenza, la rivendicazione e l’esercizio di un ruolo, col corpo che torna ad occupare lo spazio.
Corpo che è anch’esso politica, con un leader che, per la prima volta, prova a fare delle rughe, più che del lifting, un elemento di appeal, in questa Italia politica dominata dai quarantenni: “Per governare un paese non si può improvvisare, nè inventare. Io non ho mai usato la mia età per avere voti, anzi ho fatto un patto con diavolo per togliermi 20 anni, lui ha iniziato a togliermene un po’, ma guardandomi allo specchio ne ho dubitato. Quarant’anni di esperienza è qualcosa da far valere come esperienza. Ho sempre raggiunto tutti gli obiettivi, nell’impresa, nello sport, nella politica”.
Discorso prudente, europeista, moderato, non indimenticabile, col solito passaggio sui “cinque colpi di Stato” nell’ultimo quarto di secolo, politici e giudiziari, ma senza l’enfasi della crociata.
Vintage, anch’esso, come il colpo d’occhio in questo Grand Hotel tornato a riempirsi di militanti in blazer blu e pantaloni grigi e di donne, tante donne, con scollature generose e tacco 12.
Si rivedono anche vecchie glorie, che si erano allontanate negli anni del renzismo sfavillante. Ecco l’avvocato Sammarco, il cognato di Previti, ultimamente vicino a Ncd. Poco più in là Mario Baccini, già mister preferenze con l’Udc: “L’aria — dicono – è cambiata, vinciamo in Sicilia e poi alle politiche”.
Alcuni invocano “l’unità del centrodestra anche con Salvini”, altri vorrebbero che Berlusconi “andasse avanti da solo, senza mediare con la Lega” perchè “sono degli estremisti” e “hai sentito Salvini a Pontida?”.
Questioni che il Cavaliere non scioglie, in discorso dove, a momenti, il non detto fa più notizia del detto.
In un’ora e 40 minuti, Matteo Renzi è innominato, come è innominato il governo. Non una critica, nell’ambito di un ragionamento in cui la realtà appare figlia di nessuno, tra qualche battuta, gag apprezzate dal pubblico e riproposizione dei soliti cavalli di battaglia “Via l’Imu”, “via la tassa di successione”, “aboliamo davvero Equitalia”.
Nei panni dell’abile panettiere il forno delle larghe intese è sempre aperto, come è aperto quello del centrodestra.
E in fondo, spiegano i più smaliziati, si può andare così perchè “è il proporzionale, bellezza”, conta il marchio per fare voti, ma le alleanze, in base ai voti che si prendono, si vedranno dopo.
O comunque, quando il contesto lo renderà necessario e ci saranno ulteriori elementi di chiarezza dal risultato in Sicilia al timing della sentenza di Strasburgo.
L’obiettivo, raccontano, è il “20 per cento”, “possibile con il marchio Berlusconi in campo”, nei panni del San Giorgio che combatte contro il Drago. Chissà .
Stavolta il Drago non sono i comunisti ma i pentastellati, su cui sta iniziando a prendere le misure e a sperimentare slogan e punti di attacco: “un Movimento ha indicato come leader un signore che io considero una bella meteorina della politica, che ha una bella faccia in tv, ma porta un bagaglio della nullità assoluta di quello che ha fatto”, “gente che non lavora”, che “non ha mai fatto nulla nella vita”.
Riparte l’inno, su una distesa di cellulari, che vogliono immortalare il corpo del capo.
(da “Huffingtonpost”)
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