SALTA L’ENNESIMA PROMESSA DI RENZI: ADDIO AL DIVORZIO BREVE
LA LEGGE MORETTI-D’ALESSANDRO NAUFRAGA AL SENATO: DOVEVA SEMPLIFICARE E RIDURRE I TEMPI A UN ANNO… L’EPILOGO: CI GUADAGNERANNO (IN SOLDI) SOLTANTO GLI AVVOCATI
Doveva essere, nelle intenzioni, una di quelle riforme che avrebbero fatto dell’Italia un Paese europeo.
È finita per essere un decreto legge che va incontro solo a una categoria di persone: gli avvocati.
Che non sono casta, ma affollano comunque le aule del Parlamento. Per chi volesse separarsi non cambia niente, o cambia poco: da domani, invece di presentarsi davanti al giudice, affiderà la mediazione all’avvocato.
Che, al contrario del giudice, vuole essere pagato. Lo chiamano divorzio facile, nella pratica sappiamo solo chi paga e chi ci guadagna. Sempre tre anni di tempo serviranno.
Eppure, l’enfasi nell’annunciare il passaggio della legge alla Camera ha reso l’idea nell’immaginario collettivo che si potesse divorziare nell’arco di brevissimo tempo. Non è così.
Le leggi devono essere approvate, non solo annunciate. Nella realtà non è accaduto niente di tutto questo: il divorzio breve, quello che la parlamentare del Pd Alessandra Moretti e il deputato di Forza Italia Luca D’Alessandro avevano pensato, non esiste.
E probabilmente non ci sarà mai, visto che la legge si è persa nei meandri del Senato, dove una parte del centrodestra aveva promesso una battaglia che poi ha vinto.
In particolare Giovanardi, inteso come Carlo, senatore di lungo corso, già democristiano e portatore di un gran numero di preferenze. Anche perchè, nel frattempo, è accaduto che Moretti reclamasse un seggio al Parlamento europeo e, alla fine, trasferita a Bruxelles, non ha potuto neppure difendere la sua riforma al passaggio in aula.
Il divorzio breve, così, è diventato divorzio facile perchè inserito nel decreto giustizia, ma è stato fatto solo nelle modalità .
Restano invece le enormi complessità , i tempi, restano le difficoltà legate all’affidamento dei figli. È successo che nei giornali è cambiato tutto, grandi titoli e annunci.
Nella realtà non è cambiato niente. Legge è dispersa. Serviranno delle modifiche, un nuovo passaggio sia alla Camera che al Senato, con le resistenze di una parte del centrodestra, quelli che rappresentano la corrente ultracattolica e conservatrice, che ne faranno una norma impossibile.
La legge prevedeva, nella sua origine, che il divorzio breve dovesse intercorrere a “dodici mesi dal deposito della domanda di separazione”, mentre oggi servono tre anni.
Nelle separazioni consensuali dei coniugi, in assenza di figli minori , il termine doveva “essere di nove mesi”. Non c’è stato niente di tutto questo.
Servivano tre anni e così è ancora oggi. Non è cambiato niente neppure nella decorrenza: il termine dei tre anni non inizia dal deposito della domanda di divorzio, ma a separazione avvenuta.
Ed è rimasta intatta anche la parte che riguarda i beni in comune: la comunione tra i coniugi si scioglie soltanto nel momento in cui, in sede di udienza presidenziale, il giudice autorizza i coniugi a vivere separati.
Alla fine il divorzio breve non è diventato altro che divorzio facile.
E per divorzio facile si intende una negoziazione assistita da due avvocati.
L’obiettivo è stato quello di saltare il passaggio del giudice, e questo è ciò che ispira tutta la filosofia del decreto legge sulla giustizia civile: snellire le cataste di pratiche che intasano, secondo il ministro, i tribunali d’Italia.
Tuttavia i senatori della commissione Giustizia una tutela per i figli di coppie separate minori o disabili hanno voluto lasciarla, prevedendo un passaggio presso un pubblico ministero.
Emiliano Liuzzi
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