SCAJOLA MEDITA L’ADDIO AL PDL CON 23 DEPUTATI E 13 SENATORI, GALAN NON VUOLE FARE BRUTTE FIGURE ALLA CULTURA
E SULLA NOMINA A MINISTRO DI SAVERIO ROMANO SI ADDENSANO NUBI PER I PRECEDENTI GIUDIZIARI…LA STRADA DEL RIMPASTO E’ SEMPRE PIU’ IN SALITA
Ci sono due problemi, non di poco conto, sulla strada di Berlusconi alle prese con un rimpasto rinviato di settimane in settimane.
E’ vero che finora ha aspettato l’arrivo di altri deputati per raggiungere quota 330 alla Camera e mettere così in totale sicurezza il suo governo.
Adesso però c’è dell’altro che gli complica la vita.
Intanto è scoppiato il caso Scajola.
Poi Galan sembra restio a trasferirsi alla Cultura, visto che Tremonti non ne vuol sapere di finanziare questo dicastero: «Non voglio fare la fine di Bondi». E infine circolano con insistenza voci sul fatto che la nomina di Saverio Romano a ministro dell’Agricoltura sia in salita.
In quest’ultimo caso non si tratta più del veto della Lega: lunedì scorso Bossi ha dato il via libera al presidente del Consiglio, il quale il giorno dopo ha confermato allo stesso Romano di tenersi pronto con il vestito buono per la prossima settimana.
Il Cavaliere dovrebbe salire al Quirinale con l’ex Udc tra martedì e mercoledì. Ma in alcuni ambienti politici (anche del centrodestra) sono stati attribuiti al Colle perplessità e riserve per via di una vicenda giudiziaria (l’incontro con l’ex cassiere della mafia Siino) per la quale la procura di Palermo ha chiesto l’archiviazione.
Poi c’è l’accusa del tributarista Giovanni Lapis, condannato con Massimo Ciancimino per riciclaggio, di avere dato soldi illegali ad alcuni politici siciliani tra i quali Romano.
Lo stesso Lapis in un secondo momento ha tuttavia precisato che non si tratta di Saverio bensì di Romano Tronci (ex dipendente delle coop rosse processato per mafia e mediatore degli affari di Lapis e Ciancimimo nei Paesi dell’Est).
«Io sono una persona incensurata: in vita mia – spiega il ministro dell’Agricoltura in pectore – non ho mai subito un processo, una condanna e non ho mai ricevuto nemmeno un avviso di garanzia».
Si teme che possano venire fuori altre storie compromettenti?
Romano risponde con una risata amara: «Certo, in Italia siamo tutti potenzialmente indagati. Noi siciliani purtroppo viviamo sempre con un peccato originale…».
Come andrà a finire questa storia lo vedremo la prossima settimana, ma non sembra che Berlusconi abbia cambiato tabella di marcia.
L’altra grana, quella di Scajola, potrebbe invece rivelarsi molto insidiosa.
L’ex ministro delle Attività produttive è pronto allo strappo con la formazione di gruppi parlamentari autonomi dal Pdl, sia alla Camera sia al Senato. Presto, già domani forse, dovrebbe incontrare il presidente del Consiglio, dopo l’incontro burrascoso di alcune settimane fa.
Scajola avrebbe chiesto al premier di essere reintegrato nel governo oppure di essere nominato coordinatore del partito al posto di Sandro Bondi. Berlusconi gli avrebbe negato sia l’una sia l’altra possibilità .
Da qui l’ira di Scajola che in questi giorni ha chiesto ai suoi amici nel Pdl di aderire ad un gruppo autonomo.
Sembra che gli siano arrivate le adesioni di 23 deputati e di 12 senatori. Numeri sufficienti, se confermati, per dare vita a gruppi parlamentari.
La motivazione ufficiale è di voler articolare e aiutare la maggioranza, non una fuoriuscita.
Non viene esclusa una rottura (e un successivo passaggio con il Terzo Polo) se le sue richieste non verranno soddisfatte.
A chi ha chiesto di aderire al suo progetto ha spiegato che nel Pdl La Russa e Verdini fanno il bello e cattivo tempo, piazzando i loro uomini.
Quanto al rimpasto, Scajola lamenta che i futuri ministri e sottosegretari sono persone non preparate, che non hanno mai lavorato in vita loro.
Persone che hanno abbandonato il partito e che ora sono rientrate per convenienza.
Ecco, Berlusconi deve fare i conti con il suo ex fedelissimo che ha dovuto lasciare il governo dopo la vicenda della casa affacciata sul Colosseo.
Un appartamento pagato in parte da un imprenditore a sua insaputa, almeno stando alla sua versione dei fatti.
Scajola comunque ha sempre goduto di una forza autonoma dentro il Pdl e l’ha voluto dimostrare con la fondazione Cristoforo Colombo alla quale si sono iscritti più di sessanta parlamentari.
Se si dovesse consumare la rottura, i 23 deputati e i 12 senatori scajoliani, porterebbero il centrodestra a perdere quella maggioranza tanto faticosamente ricostruita da Berlusconi.
Amedeo La Mattina
(da “La Stampa”)
Leave a Reply