“SCAVI SOLO DALLA FRANCIA”: BEFFA AI NO-TAV
L’IDEA DI CAMBIARE VERSANTE CIRCOLA TRA I TECNICI…UN MODO PER EVITARE DI COSTRUIRE UN CANTIERE-FORTINO A SUSA… MA TUTTO DIPENDE DA PARIGI
La parola d’ordine è: cambiare versante. Forse così la grande battaglia d’autunno non ci sarà .
Lo scontro atteso e temuto da molti all’apertura del cantiere del tunnel di base della Torino-Lione a ottobre-novembre, il momento della verità in cui tutti gli oppositori al progetto tenteranno l’ultima spallata a Susa, potrebbe svanire nel nulla.
Non perchè, improvvisamente, sia tornata la ragionevolezza. Ma perchè, più semplicemente, potrebbe non esserci il cantiere.
L’idea, che circola da qualche settimana tra i tecnici, dovrebbe essere discussa tra pochi giorni nella riunione della Conferenza intergovernativa italo-francese in programma a Chambery: scavare anche i 12 chilometri di galleria del versante italiano partendo dalla Francia.
In modo da poter rinviare per molto tempo il momento in cui si dovranno espropriare i terreni del futuro cantiere vicino a Susa, la cittadina che il 25 maggio ha fatto vincere per otto soli voti il sindaco No Tav Sandro Plano.
Cambiando il versante di attacco del lavoro delle talpe, il cantiere di Susa potrebbe aprirsi anche tra 4-5 anni mentre nel cuore della montagna le macchine lavorano indisturbate.
Nel frattempo, scavando dalla Francia, l’impatto dei lavori sulla valle potrebbe diminuire.
A sostenere l’idea del cambio di versante sarebbero anche gli esperti del ministero degli Interni.
In questo modo si eviterebbe di costruire una sorta di cantiere-fortino a Susa replicando in larga scala quanto è già accaduto per il cunicolo esplorativo di Chiomonte dove per tre anni la parte violenta del movimento No Tav ha dato l’assalto con vari mezzi a ruspe, talpe e addetti ai lavori.
Tecnicamente l’operazione sembra fattibile.
Dei 57 chilometri di galleria di base solo 12 sono sul lato italiano.
Le talpe francesi inizieranno tra qualche mese a scavare i primi 45 chilometri di loro competenza.
Le macchine cominceranno a lavorare da tre diversi punti: lo sbocco del grande tunnel sul versante francese a Saint Jean de Maurienne e i punti di incrocio tra il tracciato del supertunnel e le tre gallerie di servizio francesi a 8 (Saint Martin la Porte), 17 (La Praz) e 29 (Modane) chilometri dall’ingresso transalpino.
Proprio dalla galleria di servizio di Modane, quella più vicina al confine, potrebbero partire le talpe che scavano verso l’Italia e che potrebbero sbucare 28 chilometri più a est a Susa, 16 ancora in territorio francese e 12 in Italia.
L’idea non è poi tanto originale. È la stessa scelta compiuta tre anni fa dalla Sitaf, la società a maggioranza pubblica guidata dal gruppo Gavio che nella stessa montagna sta raddoppiando il tunnel autostradale del Frejus (nell’indifferenza degli ambientalisti). Sitaf avrebbe dovuto scavare la sua parte di tunnel partendo dal versante italiano ma ha preferito pagare le società francesi che scavavano sul loro versante in modo che proseguissero il lavoro fino a sbucare in Italia.
Il vertice di Chambery potrebbe adottare la soluzione del cambio di versante o comunque decidere di studiarla nei dettagli.
Nel frattempo sarà necessario definire aspetti burocratici e sostanziali. Perchè al momento l’insidia principale per il futuro del progetto non viene dai No Tav ma dal governo francese. Che, a differenza di quello italiano, non ha ancora messo a bilancio i 2,2 miliardi di euro necessari a pagare la quota di Parigi nell’opera.
E senza quei soldi non arriverebbero nemmeno i 3 miliardi che l’Ue dovrebbe essere disposta a mettere per finanziare il supertunnel.
I francesi hanno tempo fino a febbraio prossimo per trovare i soldi.
“La Francia onorerà i suoi impegni”, aveva garantito con orgoglio un mese fa il presidente francese di Ltf, la società che ha progettato l’opera, Hubert Dumesnil.
Ma senza i bonifici l’orgoglio vale poco. Anche se è abbastanza difficile che Parigi venga meno agli accordi dopo aver trascorso anni a lasciar intendere che era l’Italia ad essere in ritardo sulla tabella di marcia.
È un fatto che oggi i francesi sembrano avere più problemi dell’Italia nel rispetto dei parametri finanziari europei.
E dunque qualche problema in più del passato a trovare le risorse. Anche se, a differenza di quanto accade in Italia, la legge francese consente di trovare anno per anno solo le risorse necessarie all’avanzamento dei cantieri senza accantonare in una sola volta l’intera somma.
Paolo Griseri
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