SFIDUCIARE GRILLO O FONDARE I GRUPPI DI CONTE: LA RIVOLTA HA DUE STRADE
I FEDELISSIMI DELL’EX PREMIER PRONTI ALLA BATTAGLIA, CRIMI E CANCELLERI SU TUTTI… M5S NEL CAOS
La rivolta ha due strade. La prima prevede la defenestrazione di Beppe Grillo, lo sfilargli di mano il Movimento 5 stelle e l’archiviazione di una storia lunga quindici anni.
La seconda la creazione di gruppi autonomi sotto il nome di Giuseppe Conte, che al Senato assorbirebbero gran parte degli eletti pentastellati, mentre alla Camera si parla di un terzo o poco più dei 161 deputati.
Di entrambe le vie si scorgono solo pochi metri, il resto è avvolto nel caos di queste ore, nella confusione di un partito che si ritrova come un formicaio sul quale qualcuno sta pestando un piede.
Dato per assodato che l’ex premier non ha nessuna intenzione di tornare a vita privata ma ha intenzione di battagliare per costruire una nuova offerta politica per il Paese, i suoi fedelissimi stanno accarezzando un’idea che avrebbe del clamoroso: sfiduciare Grillo.
Un’ipotesi solo fino a qualche giorno fa fantascientifica, ancora oggi molto complicata ma non impossibile.
Lo strumento per la sfiducia è annidato nelle pieghe di quello stesso Statuto uscito fuori dagli Stati generali e brandito da Grillo come pezza d’appoggio per indire la votazione sul Comitato direttivo che soppianterebbe Conte.
Una votazione alla quale si potrebbe non arrivare mai. Perché l’articolo 8 così recita: “Il Garante resta in carica a tempo indeterminato e può essere revocato, in ogni tempo, su proposta deliberata dal Comitato di Garanzia a maggioranza assoluta dei propri componenti e ratificata da una consultazione in Rete degli iscritti, purché prenda parte alla votazione la maggioranza assoluta degli iscritti”.
Dunque è prerogativa specifica del Comitato di garanzia di indire il voto di sfiducia, senza passare per il consenso di Grillo. E i tre componenti che attualmente lo compongono sono tutti molto critici con le ultime mosse del fondatore. Roberta Lombardi ha definito senza mezzi termini “un errore” il post dell’ex comico, Vito Crimi e Giancarlo Cancelleri si sono detti entrambi molto delusi, e quasi all’unisono hanno spiegato di “riflettere” sulla propria permanenza nel Movimento.
Su tutti e tre in queste ore vengono esercitate fortissime pressioni da parte dei contiani, che accarezzano l’obiettivo di uscire dalla contesa da vincitori totali, avendo sfilato le chiavi e la macchina da quello che ormai viene bollato come un “padre padrone”.
Sarebbe un all-in. Anche perché lo stesso Statuto specifica che in caso di sconfitta nelle urne digitali, il Comitato di garanzia decadrebbe, e se ne dovrebbe votare uno nuovo. Poco male, almeno per Crimi e Cancelleri, il primo considerato già con le valigie in mano in direzione di Conte, il secondo quasi
Su dove e come votare si aprirebbe un’altra partita assai complessa, l’ennesimo snodo tecnico-burocratico sul quale la vita associativa del Movimento ormai si inceppa da mesi.
Probabilmente sulla nuova piattaforma, anche perché Crimi stesso ha messo nero su bianco il suo niet a qualunque tipo di utilizzo di Rousseau, come chiesto da Grillo per il voto sul Direttorio: “Quella piattaforma è inibita al trattamento dei dati degli iscritti, inoltre violerebbe quanto disposto dal Garante della privacy”.
La seconda strada è in qualche misura più semplice, anche se le insidie e le difficoltà non la rendono così scontata.
“Conte farà i suoi gruppi se sarà la base parlamentare a chiederglielo”, spiega uno dei vertici pentastellati. Richiesta che dal Senato è già pervenuta al professore. Tutti i vertici di Palazzo Madama stanno con l’avvocato: da Stefano Patuanelli a Paola Taverna, passando per il capogruppo Ettore Licheri e lo stesso Crimi. Ma c’è il problema del simbolo, senza il quale non si può costituire un nuovo gruppo.
Gli abboccamenti con Elio Lannutti, che avrebbe nelle sue disponibilità quello dell’Italia dei valori, non sono andati a buon fine, con il senatore pasdaran che nella contesa si è chiaramente schierato dalla parte di Grillo.
Un problema tecnico che può diventare un problema politico, anche se c’è chi è convinto che “di fronte a quaranta persone che vogliono associarsi in un nuovo gruppo potrebbe essere concessa una deroga”.
“Una spaccatura ci sarà per forza – spiega Sergio Battelli – tra chi andrà con Conte, chi seguirà Grillo e chi deciderà di mollare del tutto”.
Alla Camera il caos è totale, e la situazione è più liquida. Michele Gubitosa allarga le braccia facendo professione di sincerità: “Siamo confusi e spaesati”. Pesano il silenzio di Luigi Di Maio e Roberto Fico, e più d’uno spiega candidamente che “aspetto di sentire cosa diranno loro”, mentre il borsino li dà ancorati al Movimento 5 stelle e l’opinione generale è che difficilmente si schiereranno con Conte.
Lucia Azzolina, considerata vicina all’ex premier, sfida la canicola romana sotto il sole che martella il cortile della Camera, ricercata nei conciliaboli e attaccata costantemente al telefono, al pari di Alfonso Bonafede. Pesa la querelle sul secondo mandato, elemento che pesa nelle valutazioni dei tanti approdati a Montecitorio nel 2018, che in un Movimento assottigliato vedrebbero aumentare le possibilità di candidatura. Sono ore di tormento e di riflessione, Davide Aiello commenta i dubbi di Crimi sulla sua permanenza nel Movimento spiegando che “è normale dopo quello che è successo, in tanti fanno le sue stesse riflessioni”.
Ma contro il reggente sta montando la fronda, sono tanti ad accusarlo di aver contribuito anche lui con le sue scelte a portare il M5s alla situazione odierna e poi di lavarsene le mani, un tutti contro tutti del quale sta diventando principale capro espiatorio, un po’ a ragione e un po’ a torto.
Ma le ragioni e i torti si mescolano senza soluzione di continuità nella marmellata che è diventata il Movimento di questi giorni, e come se ne uscirà se ne uscirà male, con una prova di forza dolorosissima o con una spaccatura conclamata chissà. L’unica certezza è che si naviga a vista.
(da La Repubblica)
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