SI INIZIA A LITIGARE PER VICEMINISTRI E SOTTOSEGRETARI: DI MAIO VUOLE TENERSI LA DELEGA SULLE TELECOMUNICAZIONI
LA LEGA VUOLE LA POLTRONA PER SIRI, IL CONDANNATO PER BANCAROTTA FRAUDOLENTA, UNA GARANZIA
I due si sono parlati, ma il punto di caduta non è ancora stato trovato. Matteo Salvini e Luigi Di Maio, smaltita la sbornia della gioia e dell’euforia per il Governo che solo qualche giorno fa sembrava essere sfumato, hanno ingaggiato un confronto serrato sulla girandola di nomine che li attendono nei prossimi giorni.
Con la madre di tutte le partite dall’esito ancora incerto: la delega alle Telecomunicazioni.
Di fatto un altro Ministero, con una sua sede e una sua struttura, oltre al peso specifico delle competenze. Il capo politico dei 5 Stelle ha avvertito l’alleato: quella casella la vuole tenere per sè.
Una scelta non di poco conto, vista l’estrema attenzione al tema di Silvio Berlusconi e i rapporti con il Carroccio tutt’altro che interrotti.
Il segretario leghista non molla, e punta sul fedele Armando Siri proprio come sottosegretario alle Tlc.
È un gioco di incastri: “A Luigi sono arrivate mille e duecento richieste, non ci si capisce più nulla”, racconta una fonte vicina al leader”.
Anche perchè in vista c’è anche il rinnovo dei vertici Rai. Oltre ai quattro di competenza di Camera e Senato, sarà il Tesoro a scegliere presidente e amministratore delegato.
Intorno a via XX Settembre sono iniziate le grandi manovre. I 5 Stelle pensano di affiancare a Giovanni Tria uno o due nomi di peso, nei ruoli di viceministro e sottosegretario (per la Lega dovrebbe arrivare il falco Alberto Bagnai).
Che potrebbero essere Laura Castelli — in corsa anche per sostituire Giulia Grillo come capogruppo alla Camera — e Stefano Buffagni.
Quest’ultimo indicato anche per il Mise. Il mega ministero a cui Di Maio è a capo rappresenta un’altra tessera del domino. Soprattutto se il leader M5s avocasse a sè anche le tlc. Perchè a quel punto servirebbe una struttura politica robusta, a cui affidare una parte sostanziosa delle deleghe.
Qualche malizioso fa notare che nel primo giorno al Ministero il vicepremier abbia deciso di incontrare il Drappo Bianco, un’associazione di imprenditori della Brianza, terra proprio di Buffagni. Ma in corsa per entrare al Mise ci sarebbero anche Giorgio Sorial e il neo eletto Lorenzo Fioramonti.
Lo schema seguito dai 5 stelle è quello del controbilanciamento. Un ragionamento che su Ministeri, deleghe e Commissioni parlamentari porti a un sostanziale equilibrio dei posti occupati dall’alleato.
Anche se le teste della war room stellata hanno come primo orizzonte quello delle nomine delicatissime dei capo di gabinetto e dei portavoce, con un’attenzione particolare per il segretario generale di Palazzo Chigi e il direttore generale del ministero dell’Economia.
Come per il Tesoro, anche per gli Esteri — l’altro grande dicastero a guida tecnica — lo schema prevede uomini vicini al leader per dare un forte indirizzo politico. Manuela Del Re sarebbe indicata come viceministro, mentre il fedelissimo Manlio Di Stefano andrebbe a ricoprire la presidenza della Commissione a Montecitorio.
Da risolvere, nel brevissimo periodo, il nodo dei capigruppo, dopo il trasloco di Giulia Grillo e Danilo Toninelli nei rispettivi Ministeri. Al Senato l’idea sarebbe quella di promuovere sul campo Stefano Patuanelli, vicinissimo a Di Maio.
Il quale, tuttavia, essendo un novizio del Palazzo scontenterebbe una parte dei senatori “anziani”, l’ala più in subbuglio nel Movimento per essere stata sostanzialmente tagliata fuori in toto dalla gestione post elettorale.
L’alternativa ci sarebbe, è quella di Vito Crimi, il quale tuttavia è in ballo per ricevere la delega ai Servizi. L’outsider potrebbe essere Daniele Pesco, traslocato il 4 marzo dalla Camera a Palazzo Madama.
Dubbi analoghi per la Camera.
La candidata naturale sarebbe la Castelli, in predicato tuttavia di trasferirsi al governo. Così come Maria Edera Spadoni, bloccata dalla nomina a vicepresidente d’Aula. In queste ore circola molto il nome di Vittorio Ferraresi, che tuttavia Alfonso Bonafede vorrebbe con sè al ministero della Giustizia.
Così come quello di Giulia Sarti, che però preferirebbe la Presidenza dell’Antimafia. “La verità — chiosa uno dei colonnelli — è che abbiamo più poltrone che cu.., con tutte le presidenze di Commissione ancora da assegnare”. Il lavorio è fitto, i fili a intrecciarsi talmente tanti che seguirli diventa complicatissimo, le prossime ore decisive.
Intanto Giuseppe Conte è nel suo studio di Palazzo Chigi, dove sta preparando il G7 del Canada (ha incontrato a questo proposito Moavero Milanesi) e il discorso da tenere davanti alle Camere tra domani e dopodomani, per conquistarne la fiducia (scontata). Il governo del cambiamento parte dai riti consueti di settant’anni di Repubblica.
(da “Huffingtonpost”)
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