SI SCRIVE PARTITO DEMOCRATICO, SI LEGGE IN ALTRO MODO
LA STRATEGIA DI RENZI MIRA SOLO AL POTERE E STA PORTANDO ALL’AUTODISTRUZIONE DEL PARTITO
Ormai a chi non era ancora chiaro, lo è diventato.
Venerdì notte — repetita iuvant —, Gianni Cuperlo, Michele Emiliano e Andrea Orlando hanno ricevuto una rivelazione: il concetto che Matteo Renzi ha della democrazia è tutto suo particolare.
Devono avergli spiegato, quando era piccolo, che, se hai la maggioranza, puoi fare tutto quello che vuoi. Anche mancare di rispetto alla minoranza, ignorarne i diritti, evitare o sbeffeggiare il dialogo.
Il dialogo per Renzi, infatti, può consistere sì nell’ascoltare, come atto di buona educazione, ma si conclude sempre confermando quelle che erano le sue idee di partenza. Lo ha mostrato e finanche dichiarato in vario modo.
Se poi non ha tempo, anche l’educazione viene messa da parte. Ruit hora. Bando alle ciance: “Si gioca a quello che dico io”. Una volta diventato grande, ha visto l’esempio di Silvio Berlusconi e si è convinto del concetto.
La storia politica di Matteo Renzi è di una chiarezza esemplare. In ordine sparso, basta evocare i nomi di Fassina, Letta, Cuperlo, Marino e Bersani, e a chi ha seguito, anche distrattamente, la politica italiana degli ultimi anni, apparirà un panorama evidente.
Si assiste, ormai da tempo, a un curioso esperimento su cui in futuro sociologi politici e politologi potranno lavorare e divertirsi in vario modo.
Dopo essersi impossessato di una struttura di partito, Renzi ha portato avanti una strategia di potere che si riassume così: conforta gli amici, spaventa e isola i nemici.
L’effetto che ottiene è quello di un progressivo conformismo dei membri del partito, un’omologazione a quelle che sono le sue decisioni e le sue idee: chi non è d’accordo è fuori.
Renzi, tuttavia, non caccia. Induce alla fuga. Non censura. Suscita autocensura. Sia chiaro, però. In generale non è un comportamento riprovevole in politica, se questa ha come fine la conservazione del potere. Lo è, riprovevole, se lo scopo che si attribuisce alla politica è il bene comune, scaturito da un processo democratico.
Il Pd (Partito democratico), fondato all’insegna di determinati ideali, si sta trasformando. Valorizza ideali non originari, che erano presenti in forma minoritaria, e che ora stanno diventando dominanti, grazie a due fenomeni contestuali: il fuoriuscitismo di diversi leader di partito e il progressivo spostamento a destra dell’elettorato.
Il nemico, sì, era a destra, e Matteo Renzi per sconfiggerlo, ormai è noto, ha deciso di conquistare anche i suoi elettori.
Immagina che, per atto di fiducia (in un simbolo, in una sigla) o per legge d’inerzia, gli elettori tradizionali di sinistra con difficoltà si allontaneranno dal Pd.
La storia del Movimento 5 Stelle e la nascita di Liberi e Uguali iniziano, forse, a creare qualche incrinatura in questa sua convinzione.
Senza, tuttavia, modificare un comportamento che, con molta probabilità , s’ispira a ragioni ben più profonde.
Quali? Diverrà chiaro, a tutti, nel giro di pochi anni. Forse anche dopo le imminenti elezioni.
(da “Huffingtonpost”)
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