SUD, IN 15 ANNI COSTRETTI AD EMIGRARE 250.000 LAUREATI,”BRUCIATI” 30 MILIARDI DI EURO, TRASFERITI AL NORD
RAPPORTO SVIMEZ: TASSO DI OCCUPAZIONE PIU’ BASSO D’EUROPA, UN ABITANTE SU DIECI IN POVERTA’ ASSOLUTA, DUE MILIONI DI GIOVANI OCCUPATI IN MENO RISPETTO AL 2008
Anche se l’economia meridionale è in ripresa, e l’occupazione torna a salire, continua la fuga dei cervelli dal Sud.
Alla fine del 2016, secondo l’ultimo rapporto Svimez sull’economia del Mezzogiorno, le nostre regioni meridionali infatti hanno perso altri 62mila abitanti.
In particolare l’anno passato la Sicilia ha perso 9.300 residenti, la Campania 9.100, la Puglia 6.900.
Il pendolarismo nel Mezzogiorno nel 2016 ha interessato circa 208mila persone, di cui 54 mila si sono spostate all’interno del Sud, mentre ben 154mila sono andate al Centro-Nord o all’estero.
Questo aumento di pendolari spiega circa un quarto dell’aumento dell’occupazione complessiva del Mezzogiorno di circa 101 mila unità nel 2016.
Secondo la Svimez, che ha elaborato una stima inedita del depauperamento di capitale umano meridionale, considerando il saldo migratorio dell’ultimo quindicennio, una perdita di circa 200mila laureati meridionali, e moltiplicata questa cifra per il costo medio che serve a sostenere un percorso di istruzione elevata, la perdita netta in termini finanziari del Sud ammonterebbe a circa 30 miliardi, trasferiti alle regioni del Centro Nord e in piccola parte all’estero.
Quasi 2 punti di Pil Nazionale. E si tratta, sottolinea lo studio, di una cifra al ribasso, che non considera altri effetti economici negativi indotti.
Luci e ombre
Il rapporto 2017 certifica che il Mezzogiorno è uscito dalla lunga recessione e nel 2016 ha consolidato la ripresa, registrando una performance per il secondo anno superiore, se pur di poco, rispetto al resto del Paese.
L’industria manifatturiera meridionale è cresciuta al Sud nel biennio di oltre il 7%, più del doppio del resto del Paese (3%); influiscono positivamente le politiche di sviluppo territoriale mentre restano le difficoltà delle imprese del Sud ad accedere agli strumenti di politica industriale nazionale. Ottima la performance soprattutto al Sud delle esportazioni nel biennio 2015-2016.
Le previsioni per il 2017 e il 2018 (Pil in aumento rispettivamente dell’1,3% e dell’1,2%) confermano che il Mezzogiorno è in grado di agganciare la ripresa, facendo segnare tassi di crescita di poco inferiori a quelli del Centro-Nord.
Tuttavia la ripresa congiunturale è insufficiente ad affrontare le emergenze sociali.
Il tasso di occupazione nel Mezzogiorno è ancora il più basso d’Europa (35% inferiore alla media Ue), nonostante nei primi 8 mesi del 2017 siano stati incentivati oltre 90 mila rapporti di lavoro nell’ambito della misura “Occupazione Sud”.
Il prodotto per abitante è pari a poco più della metà (56,1%) di quello del Centro Nord (66% di quello nazionale), tant’è che il Pil per abitante della regione più ricca d’Italia, il Trentino Alto Adige, con i suoi 38.745 euro pro capite, è più che doppio di quello della regione più povera, la Calabria, che si ferma a 16.848 euro.
La ripresa, segnala ancora la Svimez, non migliora il contesto sociale.
Nel 2016 infatti 10 meridionali su 100 risultano in condizioni di povertà assoluta, contro poco più di 6 nel Centro Nord.
L’incidenza della povertà assoluta nel Mezzogiorno è aumentata soprattutto nelle periferie delle aree metropolitane e nei comuni più grandi. Il rischio di cadere in povertà è triplo al Sud rispetto al resto del Paese, nelle due regioni più grandi, Sicilia e Campania, sfiora il 40%. Per questo, segnala il rapporto 2017, l’emigrazione sembra essere l’unico canale di miglioramento delle condizioni economiche delle famiglie meridionali.
Più lavoro, meno salario
Nelle regioni meridionali nel 2016 gli occupati sono aumentati dell’1,7%, pari a 101 mila unità , ma mentre le regioni centro settentrionali hanno recuperato integralmente la perdita di posti di lavoro avvenuta durante la crisi (+48 mila nel 2016 rispetto al 2008), in quelle meridionali la perdita di occupazione rispetto all’inizio della recessione è ancora pari a 381 mila unità .
Nel 2016 l’occupazione giovanile meridionale è aumentata marginalmente, di sole 18 mila unità (+1,3%), la crescita maggiore continua a riguardare gli ultra cinquantenni, con oltre 109 mila unità , pari a +5,6%. Sulla crescita dell’occupazione nel Mezzogiorno incide l’ulteriore aumento del part time involontario (+1,9%), di poco inferiore all’80% del lavoro a tempo parziale.
L’unica regione del Sud dove gli occupati calano è la Sardegna e, in misura più contenuta, la Sicilia. I livelli restano comunque generalmente distanti da prima della crisi: -10,5% di occupati in Calabria, – 8,6% in Sicilia, -6,6% in Sardegna e Puglia, -6,3% in Molise, -5% in Abruzzo. Solo in Campania (-2,1%) e Basilicata (-0,8%) siamo su valori vicini a quelli del 2008. L’aumento dei posti di lavoro al Sud riguarda in particolare l’agricoltura (+5,5%), l’industria (+2,4%) e il terziario (+1,8%).
Secondo la Svimez, la crescita dei posti di lavoro nell’ultimo biennio riguarda innanzitutto gli occupati anziani, nella media del 2016 si registrano ancora oltre 1 milione e 900mila giovani occupati in meno rispetto al 2008.
E soprattutto sale il lavoro a tempo parziale, che però non deriva dalla libera scelta individuale ma è involontario.
Amara conclusione della Svimez: si sta consolidando un drammatico dualismo generazionale, al quale si affianca un deciso incremento dei lavoratori a bassa retribuzione, conseguenza dell’occupazione di minore qualità e della riduzione d’orario, che deprime i redditi complessivi.
(da agenzie)
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