TRATTATIVA CON SABOTATORI CHE FANNO IL CONTROCANTO NEL M5S
DI BATTISTA PENSA AL VOTO E AI BENETTON, TRAVAGLIO GUARDA IN CASA D’ALTRI INVECE CHE NELLA SUA… LA DEMAGOGIA IMPAZZA, LE TRATTATIVE SERIE SI FANNO DIVERSAMENTE (E TRA PERSONE SERIE)
Mentre le delegazioni di Movimento 5 stelle e Partito democratico sono chiuse in una sala del gruppo pentastellato della Camera, fuori, sotto la canicola, il clima improvvisamente si arroventa.
È Alessandro Di Battista a dare il là a un generale indurimento dei toni: “Io sono convinto che andando al voto adesso prenderemmo valanghe di consensi”, dice l’ex deputato, subito prima di specificare la necessità che comunque la legislatura vada avanti.
E subito prima di affiancare un altro pre-requisito all’interlocuzione con il Nazareno, la revoca della concessioni autostradali ai Benetton. Di Battista alza la posta. “Vuole far capire a tutto il Movimento che abbiamo un enorme potere contrattuale”, spiega un parlamentare a lui molto vicino.
L’ala vicina a Roberto Fico ribolle: “Di Battista fa di tutto per sabotare la legislatura, vuole il voto”, tuona Luigi Gallo
L’entourage di Di Maio accredita una sintonia tra i due, il capo politico uscendo dopo aver mangiato in un ristorante vicino Montecitorio ci va con i piedi di piombo: “È un concetto legittimo”. E nello specifico, sul richiamo ai Benetton, si limita a dire: “I nostri dieci punti li abbiamo detti ieri”.
Il commensale di turno del leader, il sottosegretario Manlio Di Stefano, pigia invece sull’acceleratore: “È chiaro che in questa fase siamo noi che dettiamo l’agenda necessariamente: i numeri in parlamento parlano chiaro: le concessioni a Benetton vanno eliminate subito”.
La lunga giornata di ieri, il timore che Nicola Zingaretti non sia il solo interlocutore, il fantasma di Matteo Renzi agitano i 5 stelle.
E il partito del voto subito sta riprendendo fiato tra gli eletti. Nelle chat interne è girato all’impazzata l’editoriale mattutino del direttore del Fatto quotidiano Marco Travaglio. “Trattare col Pd è come trattare con la Libia — scrive il giornalista che forse ha più influenza sulla classe dirigente del Movimento — Se il M5s non vuol proprio suicidarsi, tra un Governo modello Libia e il voto subito, ha molto meno da perdere nella seconda opzione”.
Un ragionamento che ha fatto breccia, alimentato come paglia sul fuoco dallo stato caotico con il quale il Nazareno si è approcciato alla trattativa. Entrambi i partiti fanno filtrare spin costruttivi sul primo incontro. “Clima costruttivo”, dicono i 5 stelle. “Nessun ostacolo insormontabile”, fa eco il Pd.
Intanto la rete del partito della Rete si sta stringendo intorno al collo dei vertici.
I post delle pagine Facebook di Di Maio e del Movimento 5 stelle in cui si lanciavano i 10 punti per l’accordo sono inondati da insulti, nella peggiore delle ipotesi, o da commenti molto duri contro la nuova coalizione allo studio.
“Le condizioni le dettiamo noi”, spiega Di Stefano dopo aver mangiato con il leader. La suggestione del voto è l’unica brezza che accarezza le giacche sudate di un venerdì di fine agosto, che brulicano senza pace intorno ai Palazzi romani infuocati dal caldo e dalla crisi.
(da “Huffingtonpost”)
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