UN ANNO DI GARASSINO, SOLO PAROLE: DA TOLLERENZA ZERO E EFFETTO ZERO
L’ASSESSORE LEGHISTA ALLA (IN)SICUREZZA DEL COMUNE DI GENOVA, EMBLEMA DEL FALLIMENTO DI UNA GIUNTA BECERA
E’ utile provare a mettere in fila le cose. Perchè, anche se non appare, un pensiero di fondo c’è. Ed è quello di fare, per dirla alla genovese, tanto “sciato” a fronte di una sostanziale assenza di risultati.
Perchè in un anno di mandato l’assessore Garassino porta a casa assai poco
L’ annunciata “ tolleranza zero” si è ridotta a un ben più modesto “effetto zero”.
Basta l’elenco di alcune delle questioni che in tempi non tanto lontani sono state tra le più gettonate dall’allora opposizione di Tursi e da buona parte dell’informazione cittadina
Il mercatino di Corso Quadrio assunto come emblema dell’illegalità è stato semplicemente trasferito a Bolzaneto acquisendo nel solo spostamento il carattere della legalità .
Sottoripa, dove transita un milione di turisti, affonda nel degrado.
Via Prè continua a rappresentare il modello di una difficile convivenza. Per non parlare della Maddalena. Spaccio e prostituzione non hanno allargato la morsa con cui tengono molti dei vicoli in pugno.
La movida, compreso urla, suoni e deiezioni umane, continua fino all’alba nella sovrapposizione tra la legittimità di “vivere la notte” e il consumo/abuso di alcool e stupefacenti.
Le iniziative contro gli esercizi non in regola sono di fatto quelle varate dalla giunta precedente.
I migranti continuano a raccogliere l’elemosina senza che si sia varato un piano capace di trasformare l’accoglienza in integrazione.
E ancora: nessuna nuovo intervento su Sampierdarena e tantomeno sulle periferie, norme anti- azzardo al palo.
Dunque delle promesse elettorali e dell’allarme sicurezza così tanto enfatizzato cosa è rimasto ad oggi? Nulla.
Quali idee nuove per garantire realmente un più alto decoro urbano? Nessuna. Insomma se si dovesse trarre da tutto ciò una valutazione delle capacità di governo della Lega e della corrispondenza tra urla e fatti la conclusione non potrebbe che essere assai sconfortante.
Giovano comunque all’assessore Garassino sia una certa compiacenza mediatica sia l’evidente contiguità politica con tanti veri o presunti comitati di cittadini che sono scivolati in un improvviso silenzio.
In questo anno dunque non è cambiato niente nel bene o nel male? Non è neppure così.
Perchè ciò che è profondamente mutata è la logica narrativa, lo spostamento dal piano della realtà a quello del simbolico, la pratica dell’annuncio assunto come realizzazione.
La muscolarità del linguaggio diventa rassicurazione verso gli elettori che il “ vento è cambiato”. Che la stagione del “politically correct” si è finalmente conclusa, che il buonismo è stato mandato in soffitta.
Da qui la sfilza di provvedimenti inapplicabili e costituzionalmente discutibili, l’imbarazzante elogio dei “calci in culo”, i concioni sui “diritti e doveri” indirizzati a coloro che di diritti ne godono ben pochi, l’assoluta inconsapevolezza con cui vengono affrontate questioni, come la non relazione tra povertà e malattia, che sono parte della storia moderna dell’Occidente.
Di fatto, per usare un’espressione giovanilistica, tanta “ fuffa”. Ma non solo.
Perchè c’è oggettivamente un arretramento culturale che non sta tanto nella critica di un solidarismo astratto che non vede come le vittime del degrado e dall’assenza di regole condivise siano spesso i cittadini più fragili, ma nel ruolo stesso dell’istituzione che a fronte della propria impotenza e inadeguatezza sa solo indicare “ capri espiatori” e nemici sociali.
Cancellando le ragioni dell’inclusione, delle pari opportunità , del recupero di chi il destino ha messo ai margini della comunità .
Ecco di gradini in questo senso ne sono stati discesi tanti negli ultimi mesi. Nè serve una contrapposizione del tutto estemporanea come quella sorta di “ je suis clochard” che ha animato la protesta di alcuni gruppi contro le minacciate sanzioni a chi per sua sfortuna è davvero costretto a rovistare nella spazzatura.
Perchè ciò che è in discussione non è l’opportunità /necessità di conservare il decoro degli spazi urbani, di evitare aree “ off limits”, di valorizzare la dimensione pubblica, cioè per tutti, di piazze, giardini, panchine, palazzi.
Addirittura di produrre bellezza a fronte dei tanti sentimenti di insicurezza e disagio. Questo è la base di un’etica della responsabilità che dovrebbe appartenere non solo alle istituzioni ma a tutti i cittadini
La questione è il come.
Trasformare problemi sociali in temi di ordine pubblico non solo è il modo peggiore ma anche, e ne abbiamo quotidiana dimostrazione, il più inefficiente.
Utile per un titolo di giornale o per un talk show stile “bava alla bocca”, ma del tutto incapace di cambiare davvero le cose. Al massimo si raggiunge l’obiettivo di spostare il degrado un po’ più in là . Con buona pace di quelli che ci vivono.
Quando invece proprio sulla sicurezza reale e percepita si dovrebbe disegnare un nuovo impegnativo piano che riguarda l’insieme delle azioni comunali, dai lavori pubblici ai servizi sociali, alla scuola, alla cultura, alla polizia municipale.
E la loro integrazione con l’associazionismo civico e le forze dell’ordine. Tutt’altra strada da quella fatta e annunciata in questo anno.
Luca Borzani
(da “La Repubblica”)
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