Destra di Popolo.net

LA COALIZIONE DEGLI ACCATTONI SI SPACCA SULLA FESTA NAZIONALE: PDL E LEGA LITIGANO ANCHE SULL’UNITA’ D’ITALIA

Febbraio 18th, 2011 Riccardo Fucile

SIAMO L’UNICO PAESE AL MONDO GOVERNATO DA UN PARTITO CHE NON VUOLE CELEBRARE L’UNITA’ NAZIONALE…. IN ALTRI PAESI SAREBBERO IN GALERA, DA NOI SONO AL POTERE… IL 17 MARZO SARA’ FESTA, MA LA LEGA NON VOTA… PER CALDEROLI NON C’E’ COPERTURA FINANZIARIA: SI SARA’ SPESO TUTTI I SOLDI PER I LADRONI LEGHISTI DELLE QUOTE LATTE?

Dopo le polemiche delle ultime settimane, il Consiglio dei ministri ha deciso: il 17 marzo sarà  festa nazionale.
Ma la decisione non è stata indolore: i tre ministri leghisti non hanno aderito. E al termine della riunione Roberto Calderoli è stato molto netto: “Fare un decreto legge per istituire la festività  del 17 marzo, un decreto legge privo di copertura in un Paese che ha il primo debito pubblico europeo e il terzo a livello mondiale e in più farlo in un momento di crisi economica internazionale è pura follia. Ed è anche incostituzionale”.
Umberto Bossi, Roberto Maroni e Roberto Calderoli da tempo contestano la scelta di festeggiare con l’astensione dal lavoro e dalle scuole il 17 marzo.
Ma con la Lega non c’è nessuna rottura, si affretta a chiarire Ignazio La Russa, solo “diversità  di opinioni”.
Maroni aveva già  lasciato l’aula quando si è proceduto alla votazione, mentre Bossi e Calderoli, presenti, non hanno votato.
La questione della copertura finanziaria è stata superata con il trasferimento “degli effetti economici e degli istituti giuridici e contrattuali dalla festa del 4 novembre al 17 marzo. Questo varrà  solo per il 2011”, aggiunge.
E sulla riserva della Lega commenta: “Non c’è nulla di male se nel Cdm, che si è espresso a larga maggioranza, si esprime una diversità  di opinione. Ho discusso con Bossi in modo tranquillo e gli ho fatto notare che dove c’è il federalismo lo spirito nazionale è più forte. Credo che le due cose possano andare di pari passo”, dice La Russa.
Al di là  delle penose giustificazioni del ministro, rimane la brutta figura: non esiste alcun Paese al mondo in cui non si celebri unitariamente la festa nazionale e dove un   partito al governo addirittura si dissoci.
Vi sono Stati che prevedono la galera per chi sputa sulla bandiera nazionale o sostiene che il tricolore si può usare come carta igienica.
Una cosa impensabile poi per un Paese governato da un presunto centrodestra.
Eppure siamo arrivati a questo: coloro che accusano Fini di essersi spostato a sinistra sono gli stessi a non aver ribrezzo a governare con la feccia leghista.
Non se ne vanno dal centrodestra per questo, no.
Questo cialtroni che hanno venduto la destra e tradito l’elettorato di riferimento, chinano la testa, servi sciocchi di un partito antinazionale.
Complimenti pataccari, voi sì che siete di esempio al Paese e ai giovani.
Ce ne ricorderemo.

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“PRONTO ALTRO FANGO MENTRE BALDASSARRI VA A PALAZZO GRAZIOLI”: FABIO GRANATA FA NOMI E DENUNCIA

Febbraio 18th, 2011 Riccardo Fucile

“LA FORZA ECONOMICA NON INCIDE SOLO NELL’ACQUISTO DI DEPUTATI, MA ANCHE SCATENANDO LA MACCHINA DEL FANGO CONTRO CHI SI OPPONE”…”BERLUSCONI STA TRASCINANDO IL PAESE VERSO UNA DERIVA SUDAMERICANA”

“Attenzione, la forza economica non incide solo nell’acquisto di deputati, ma anche scatenando la macchina del fango contro chi si oppone. Però non siamo spaventati”.
Fabio Granata, il falco per eccellenza, non solo sottoscrive le parole di Gianfranco Fini, ma va oltre: fa nomi, contestualizza episodi, denuncia pressioni e minacce.
Onorevole, in Fli c’è qualcuno che si è fatto convincere da Berlusconi…
Vede, è evidente la presenza di zone grigie. Ebbene queste “zone” è meglio se vengono subito allo scoperto e se ne tornino a casa.
Si spieghi meglio…
Non le voglio individuare per non dare alibi a nessuno…
Parliamo di parlamentari che hanno un prezzo…
So una cosa: certe conversioni sulla via di Damasco le trovo sospette. È strano se dopo un congresso dove nessuno ha espresso una sola perplessità  sulla linea politica, c’è chi dà  l’addio. Però c’è un piccolo particolare che Berlusconi non ha capito: che il conflitto parlamentare si è chiuso il 14 dicembre con la nascita dall’area dei “disponibili”.
I Responsabili, dove sono confluiti anche tre dei vostri…
Sì, un’area vergognosa. Ma da quel momento abbiamo capito che non è per via parlamentare che Berlusconi può cadere, quindi se ingrandisce di una o due unità , spende male i suoi soldi. Piuttosto deve pensare a trovare un candidato credibile per la campagna elettorale.
Siete pronti a denunciare quanto state subendo?
Vivo sotto scorta da dieci anni, e in vita in mia ho messo 38 vincoli paesaggistici come assessore in Sicilia. Ho fatto quaranta demolizioni. Eppure mi sono ritrovato fotografato su Panorama come un ladro. Perchè sono contro. Come me, lo stesso trattamento è stato riservato a Bocchino, Briguglio, Fini, mentre altri come Baldassarri andavano a cena a Palazzo Grazioli. Il problema è quello di avere contro un potere smisurato.
Come intendete andare avanti?
Non abbiamo più la necessità  di avere dei gruppi parlamentari, la questione si è spostata. Guardi Sel: hanno il 9% eppure sono fuori, così noi. Detto questo, dobbiamo tornare allo spirito di Bastia Umbra, all’anti-berlusconismo, e chi ci sta lo deve fare fino in fondo.
Non c’è un conflitto tra il ruolo istituzionale di Fini e quello che poi dichiara sul premier?
Lui, in questa fase, resta lì come baluardo della democrazia, come terza carica dello Stato, quando la seconda e la quarta non sono il massimo dell’equilibrio.
Ultimamente è più preoccupato del solito?
Sì, molto: ho ricevuto minacce telefoniche e altri segnali. È significativo come viene dipinto il vicepresidente dell’antimafia, sono sicuro di altri servizi da Panorama, tanto che sto facendo cause legali e civili.
Ha sentito Fini? Come sta vivendo questo passaggio?
La grande delusione del presidente della Camera, è che all’indomani di Milano, con in campo un rischio concreto per la democrazia italiana, c’è ancora qualcuno che pensa al ruolo che deve avere dentro a un partito. È una vergogna.
Ma l’ha visto?
Sì, è determinato e sicuro delle sue decisioni.
Bè, sarà  stupito degli addii…
Anche incazzato. Ma non intende recuperare questi. Ribadisco: il conflitto non è più parlamentare, ma sociale, verso una deriva sudamericana pericolosissima. Con tutto il rispetto per il Sudamerica.

al.fer.
(da “Il Fatto Quotidiano“)

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RUBY: “SO CHE SILVIO HA FATTO SESSO CON NOEMI”

Febbraio 18th, 2011 Riccardo Fucile

I VERBALI: “TUTTE NUDE AL BUNGA BUNGA, QUANDO ERO IN QUESTURA SILVIO AVEVA PAURA”…”LA PREFERITA DI SILVIO ERA LEI”… “MOLTE INVITATE HANNO FATTO FOTO E VIDEO CON I TELEFONINI”…I VERBALI DELLE AMMISSIONI DI RUBY

Dice Ruby: “Non ho mai frequentato la dimora romana del presidente Berlusconi, ma nella prima serata a Villa San Martino ebbi modo di conoscere Noemi Letizia che era conosciuta come la “cocca di papi””.
È il 3 agosto 2010, sul far della sera, quarto incontro con i pubblici ministeri di Milano.
Il primo verbale quel giorno si è chiuso alle 15.55.
Nel pomeriggio Ruby risponde, nella comunità  che la ospita a Genova, alle domande di Antonio Sangermano e, per la prima e unica volta, indica Noemi, la ragazza della “festa di Casoria”, la diciottenne che ha acceso, nell’aprile del 2009, la collera di Veronica Lario, determinato la decisione del divorzio, precipitato il premier nel fondo senza luce degli scandali sessuali che ne scrollano l’affidabilità  e l’onore di premier.
Ruby ricorda: “Noemi mi chiese quanti anni avevo e le risposi di averne 24. Allora lei, scherzando, mi disse che tanto la preferita di Silvio, riferendosi al premier, era lei. Da altre ragazze che partecipavano alle feste del presidente ho saputo che tra Noemi e Berlusconi c’era stata una relazione intima di natura sessuale. Non posso riferire con esattezza chi me l’ha detto perchè era una voce che circolava con grande insistenza tra tutte le ragazze”.
Ha buoni ricordi, Ruby? O si confonde e quella giovanissima donna rassomigliava a Noemi, ma non era Noemi e fingeva di esserlo?
O addirittura Ruby s’è inventato l’incontro di sana pianta?
Più interessante forse è che Noemi fosse per tutte le falene del Sultano la “cocca di papi” e, tra loro, fosse un convincimento diffuso che avesse avuto una “relazione sessuale” con il presidente del Consiglio.
Ecco allora i verbali di Karima El Mahroug, Ruby.
Sono cinque, del 2, 6, 22 luglio, 3 agosto.
Quel giorno, il 3 agosto, i verbali siglati dalla minorenne sono due (il primo raccolto tra le 9,40 e le 15,55; il secondo a partire dalle 17,25).
Nel primo interrogatorio del 3 agosto, Ruby racconta la prima visita ad Arcore, il primo incontro con Silvio Berlusconi e finalmente si apprende dalle parole di una testimone   –   e nonostante gli omissis   –   che cos’è il “bunga bunga”.
Nel secondo verbale ricorda che cosa è accaduto, nella questura di Milano, la notte del 27 maggio.
Dice Ruby: “Il primo incontro con Berlusconi c’è stato il 14 febbraio. Sono stata chiamata da Emilio Fede che mi ha invitata a prepararmi per andare a una cena. È venuta in via Settala, dove vivevo, una limousine (ricordo che aveva due corna) con autista e scorta di carabinieri in divisa che seguiva su un’auto. Sono stata portata ad Arcore presso una lussuosa villa denominata Villa San Martino, sita nell’omonima via, e ho in quel momento appreso che il proprietario ne era il presidente Berlusconi. Davanti alla villa ho visto altre scorte dei carabinieri mentre noi siamo entrati da un accesso secondario. La serata è iniziata con una cena tricolore cioè con cibi bianchi, rossi e verdi rallegrata dalla musica di Apicella in persona che poi mi ha regalato due cd. Dopo la cena Berlusconi mi ha proposto di scendere presso il Bunga Bunga, dicendomi che il termine l’ha preso in prestito dal suo amico Gheddafi e sta a designare una sorta di harem femminile che si esibisce al piano inferiore della villa. Fino a quel momento io avevo detto a Berlusconi che avevo 24 anni; il presidente mi condusse nel suo ufficio lasciandomi intendere che la mia vita sarebbe cambiata completamente se io avessi accettato di partecipare al bunga bunga insieme alle altre ragazze. Anche se non ha mai esplicitamente parlato di rapporti sessuali non era per me difficile intuire che mi proponeva di fare sesso con lui: io ho detto di no che volevo tornare a casa. Lui mi ha risposto che comunque era già  pronto un regalo per me contenuto in un pacchettino contenente una dicitura “Per Ruby”, all’interno del quale, c’era la somma in contanti di 46 mila euro in banconote da 500. Quella sera stessa mi ha regalato l’orologio Lockman con la dicitura “Meno male che Silvio c’è”, con il logo del Milan”.
Sostiene Ruby: “La sera del 14 febbraio tra le persone che c’erano alla cena ricordo (omissis) e inoltre Nicole Minetti, Barbara Faggioli. La Minetti già  la conoscevo perchè faceva con me la cubista. La Faggioli già  la conoscevo perchè anche lei lavora per Lele Mora nel campo dello spettacolo”.
Il vivido racconto di Ruby interpella i pubblici ministeri su quanto ci possa essere di vero e di falso, di mezzo vero e mezzo falso nella testimonianza della minorenne.
Cominciano il loro accertamento dalla formula che colpisce loro come chiunque abbia seguito da ottobre le cronache che oggi portano Silvio Berlusconi al giudizio immediato per concussione e sfruttamento della prostituzione minorile. “Bunga bunga”, che cos’è?
Ascoltiamo Ruby: “Quella sera Berlusconi mi raccontò che il bunga bunga consisteva in un harem che aveva copiato dal suo amico Gheddafi nel quale le ragazze si spogliano e devono fargli provare “piaceri corporei”. È stata in quella circostanza che io ho opposto un netto rifiuto. Sono stata riaccompagnata a casa verso le 2 e 30 dal suo autista che si chiama Angelo ed è napoletano. A suo dire le ragazze sarebbero rimaste a casa di Silvio Berlusconi per tutto il fine settimana e cioè fino al lunedì mattina per esaudire i suoi desideri”.
È la prima volta che Ruby si imbatte nelle “notti del Drago”.
C’è una cena, c’è il dopocena con il bunga bunga e poi ci sono le nottate e i week end per quelle che vengono prescelte.
È un mondo femminile a metà  strada tra prostituzione e spettacolo.
Ruby lo racconta così, quel mondo: “Le ragazze che ho visto a cena, per quanto ho potuto comprendere, erano tutte maggiorenni. La più giovane aveva, così mi ha detto, 19 anni, è brasiliana e si chiama Ally. Ricordo i nomi di altre ragazze…”. I pubblici ministeri, nei verbali allegati all’inchiesta, omettono di citare tutte queste donne, ma si limitano a un numero: “In tutto c’erano circa 30 ragazze”, dice Ruby, e puntualizza: “Gli uomini erano Berlusconi e Fede. Quella sera Berlusconi mi invitò a chiamarlo “papi”, ma io lo chiamai Silvio”.
Il secondo incontro è avvenuto “sempre ad Arcore, nel mese di marzo 2010”, aggiunge Ruby. Si confonde: le tracce telefoniche sistemano la sua presenza ad Arcore ancora in febbraio e poi in aprile. Forse si sbaglia, forse comincia a omettere quel che sa e ha visto.
Ragionevolmente comincia a truccare i suoi ricordi e non racconta alcuni passaggi della sua vita ad Arcore.
Perchè i pubblici ministeri sanno che a febbraio, dopo il 14, la marocchina ritorna a villa San Martino.
Restiamo al verbale, però.
Ruby va ad Arcore “grazie a una telefonata di Lele Mora, il quale, a detta dello stesso Berlusconi, si era raccomandato di trattarmi bene in quanto mi vuole bene come una figlia. Nel periodo precedente, Berlusconi continuava a mandarmi i soldi attraverso il suo autista Angelo. La somma complessiva ricevuta tra febbraio e maggio 2010 è stata di circa 187 mila euro oltre ai regali. Questa seconda volta che mi recai a Milano 2 (zona La Pianta), fu con il taxi 8585 chiamato dal mio cellulare intorno alle 22. Ad aspettarmi trovai l’autista di Fede che mi accompagnò ad Arcore con un’Audi di colore scuro, l’auto di Emilio Fede, che riconobbi perchè l’avevo già  vista in precedenza. Arrivata ad Arcore, venni accolta da Berlusconi. Presso la sua abitazione erano presenti numerose ragazze alcune intente a fumare in giardino, altre sparse per la casa. Ricordo che erano presenti (omissis) Nicole Minetti, Barbara Faggioli (omissis, … omissis… omissis) Marystel, ragazza di colore che ha partecipato alla Pupa e il Secchione”.
Sostiene Ruby: “Mi risulta che Marystel, Barbara Faggioli e Nicole Minetti dispongano di appartamenti a Milano 2 in cui il presidente paga in dono 5 anni d’affitto. Tale proposta viene fatta a me da Berlusconi che, in quell’occasione, scoprì che ero minorenne e senza documenti. In quella circostanza, poichè gli avevo detto falsamente che ero egiziana, Berlusconi mi propose di farmi passare per nipote del presidente egiziano Hosni Mubarak e di fornirmi documenti comprovanti la mia nuova identità  di cui lui si sarebbe occupato. Mi propose inoltre di mettermi nella disponibilità  di un centro estetico in via della Spiga. Il fatto che fossi parente del presidente egiziano avrebbe giustificato questa disponibilità  economica. Mi risulta che Berlusconi si sia interessato per l’acquisto di un convento di suore che sta proprio in via della Spiga e vale due milioni di euro”.
Ci sono trenta ragazze, alcune sono famose, sono comparse su una rivista, hanno piccoli spazi su programmi televisivi. Fumano, bevono, girano per la tenuta del presidente.
Ecco cosa succede, secondo Ruby, in quella seconda visita ad Arcore.
“Quella sera, dopo la cena consumata con Berlusconi e con tutte le ragazze che stavano là , il presidente mi propose di dormire a casa sua dicendomi che non mi avrebbe chiesto nulla in cambio. Dopo cena ci siamo recati tutti nella sala al piano inferiore dove si è tenuto il bunga bunga. Io ero tranquilla in quanto Lele Mora aveva garantito la mia estraneità  a qualsiasi attenzione sessuale. Nel bunga bunga tutte le ragazze erano nude ed ebbi la sensazione che vi fosse un effetto emulativo tra di loro per farsi notare da Berlusconi con atti sessuali sempre più spinti”.
Le pagine del verbale sono in larga parte sbianchettati dagli omissis dei pubblici ministeri.
Il racconto ruota intorno a quello che ormai è diventato l’imputato Silvio Berlusconi.
Nel rito dell’harem “io   –   mette a verbale Ruby   –   non mi sono spogliata e non ho fatto esibizioni sessuali. L’unica ragazza vestita ero io, guardavo e giusto per darmi un atteggiamento, ogni tanto servivo il presidente e gli ho portato del Sanbitter. Molte ragazze mi interrogavano su questo atteggiamento e io rispondevo che ero una “novizia” e che non intendevo assecondare subito tali prassi”.
“Novizia” e “subito”, sono due parole che lasciano intravedere la sofferenza o l’accortezza di questa ragazza nel raccontare e nel non raccontare quello che ha visto, quello che è successo, quello che le è successo.
Le altre, le “scafate”, sono sorprese, e lei cerca di darsi un contegno: “Dopo il bunga bunga che durò circa tre ore ci fu un bagno collettivo in una piscina coperta. Tutte le ragazze si sono buttate nude nell’acqua mentre io, dopo aver indossato dei pantaloncini e un top bianco fornitomi dal presidente, ho fatto l’idromassaggio sola nella vasca. Quella sera, su invito di Berlusconi, rimasi a dormire ad Arcore”.
ppare inverosimile, il “bunga bunga” citato da Ruby in quel verbale del 3 agosto del 2010, ma altre testimoni, intercettazioni telefoniche, interrogatori hanno confermato che quella cerimonia che imbarazza e umilia il capo del governo tutto è tranne – è l’ultima versione di Berlusconi e degli amici Mora e Fede – “una barzelletta”.
In quel che una delle testimoni dirette ha definito un “puttanaio”, non è difficile arrivare e uscire senza controlli, portarsi dentro qualsiasi tipo di marchingegno, in grado di filmare, fotografare, o perfino colpire la persona del presidente del Consiglio.
Ruby ha visto qualcosa che sente il dovere di riferire ai magistrati milanesi: “Si, le ragazze avevano i telefoni cellulari, tanto che qualcuna di loro ha fotografato la casa del presidente. A questo proposito Barbara Guerra e “omissis”, tutte e due presenti alle serate del presidente, conversando con me vicino la casa di una di loro, commentarono di essere invidiose dei vantaggi e degli agi che il presidente dà  alla Nicole Minetti. E dicevano che se Berlusconi fosse mai caduto in disgrazia avrebbero divulgato i fatti a loro conoscenza esibendo le foto da loro scattate ad Arcore a riprova e della veridicità  dei loro assunti e che sicuramente ne avrebbero avuto un tornaconto”.
Il 27 maggio 2010, dopo 14 giorni e notti ospite ad Arcore, Ruby finisce, come sappiamo, in questura. Non ha documenti. È accusata di furto. Nella notte torna libera.
Lei sa cosa è successo. Lo ricorda così al pubblico ministero: “Michelle Coicencao informò Silvio Berlusconi che mi trovavo in questura, e quest’ultimo le dette il numero della Nicole Minetti dicendole che si sarebbe occupata lei della mia delicata questione. Per come ho saputo in seguito, Silvio Berlusconi era molto preoccupato che potessero emergere i rapporti con lei e le serate trascorse presso la sua abitazione. La stessa Michelle mi disse in seguito “non pensare che abbia fatto questo solo per i soldi che mi ha dato Berlusconi, l’ho fatto più per te”. E da questa frase ho compreso che il presidente la remunerò per quanto fatto da lei e per l’ospitalità  che mi dette non appena dimessa dalla questura. Lo stesso Berlusconi telefonò a Nicole Minetti mentre ancora eravamo in questura dicendole di chiamarlo non appena la questione fosse stata risolta. La Minetti, una volta fuori, chiamò il presidente rassicurandolo sull’esito positivo della vicenda e a quel punto me lo passò e Berlusconi, scherzando mi disse che nonostante gli avessi detto che ero egiziana e maggiorenne lui mi voleva bene lo stesso. Dopo questa occasione ho solo risentito telefonicamente Berlusconi ma non l’ho più visto. Il presidente mi disse che mi avrebbe potuto rivedere solo una volta che avessi compiuto la maggiore età  e che disponessi di documenti di identità  essendo lo stesso sovraesposto ad attacchi mediatici”.
Ci sono tre dettagli che, su richiesta dei magistrati, Ruby aggiunge.
Il primo riguarda Nicole Minetti   –   definita dal premier “consigliere ministeriale”   –   e la fondamentale questione dell’età  di Ruby.
Dice Ruby: “Nicole Minetti sapeva che ero minorenne già  prima del 27 maggio 2010, ovvero era consapevole della mia età  sin dal mio primo ingresso presso la villa Berlusconi”.
Il secondo riguarda i due coimputati di Nicole Minetti: “A domanda della procura, nè Lele Mora nè Emilio Fede mi hanno mai chiesto di prostituirmi”.
Infine, c’è un barlume di spiegazione (anche se incongruente) sull’origine della “balla” della parentela con il rais egiziano: “Durante la terza serata a casa del premier, lo stesso   –   racconta Ruby   –   mi preavvertì ricevendomi che con i suoi ospiti avrei dovuto dire di essere la nipote del presidente egiziano Mubarak”.
Questa è la versione di Ruby, che pure afflitta da confusioni e reticenze, “tiene” sino in fondo perchè nonostante le contraddizioni consente ai pubblici ministeri di squarciare il velo su un mondo attraversato dalla prostituzione e il ricatto con un solo protagonista, Silvio Berlusconi.
La versione di Ruby è soltanto l’input per avviare l’inchiesta sui due reati attribuiti oggi al premier: concussione e prostituzione minorile.
Ruby, a suo tempo, non ne voleva proprio parlare.
È una ragazzina e lei stessa sottolinea ai pm: “I fatti, di cui finora ho parlato, li ho riferiti a una mia amica e a mia madre la quale mi pregò di non frequentare più quegli ambienti dicendo che a lei non interessavano i soldi”.

Piero Colaprico, Giuseppe D’Avanzo, Emilio Randacio
(da “La Repubblica“)

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GLI AMICHETTI DI SILVIO: MAZZETTE PER I SEGGI, INDAGATO CICCHITTO

Febbraio 18th, 2011 Riccardo Fucile

IN ABRUZZO UN SENATORE DEL PDL, PER ENTRARE IL LISTA, AVREBBE PAGATO 600.000 AL LEADER REGIONALE DEL PARTITO: UN PARTE DELLA CIFRA SAREBBE STATA INTASCATA DA CICCHITTO… UN GIRO VORTICOSO DI TANGENTI E FAVORI RIVELATI DALLA MOGLIE DELL’ESPONENTE LOCALE DEL PDL, LE PRIME AMMISSIONI

«Cherchez la femme”.
Da Mario Chiesa a Cesare Previti, dietro i grandi scandali politico-giudiziari c’è spesso profumo di donna.
E anche quella che sta per scoppiare in Abruzzo è una tempesta tutta al femminile, che rischia di costare cara al Popolo della libertà .
Protagonista è Maria Maurizio, moglie separata di uno dei leader regionali del partito, Sabatino Aracu.
Adesso Aracu vede a rischio la sua travolgente carriera di imprenditore e parlamentare, segretario del gruppo Pdl a Montecitorio, presidente della Federazione italiana hockey e pattinaggio: è finito sotto inchiesta con capi di imputazione che vanno dalla tentata concussione al peculato all’associazione per delinquere.
Al termine di una complicata e dolorosa rottura matrimoniale, l’ex signora Aracu ha scritto un infuocato memoriale al procuratore di Pescara Nicola Trifuoggi.
C’è di tutto. Accusa il marito di avere corrotto funzionari pubblici per mettere a segno i suoi affari privati.
Lo chiama in causa per avere preteso tangenti dai baroni della sanità  privata regionale, a cominciare da quel Vincenzo Angelini titolare della clinica Villa Pini di Chieti che lo scorso anno ha provocato con le sue rivelazioni l’arresto dell’ex governatore Ottaviano Del Turco.
Infine, un capitolo sulla compravendita dei posti in Parlamento: la donna parla di somme a cinque zeri intascate per inserire candidati nelle liste forziste al Senato. Come nel caso di Filippo Piccone, eletto nel 2006 a palazzo Madama e diventato primo coordinatore del Pdl in Abruzzo, che secondo la Maurizio avrebbe consegnato ad Aracu 600 mila euro.
Una parte dei soldi, secondo quanto la Maurizio ha riferito, sarebbero finiti a Fabrizio Cicchitto, capogruppo del Popolo della libertà  alla Camera: i pm lo hanno iscritto nel registro degli indagati.
Da mesi i magistrati lavorano per raccogliere riscontri alle dichiarazioni di Maria Maurizio.
Vincenzo Angelini ha già  confermato al procuratore Trifuoggi e ai sostituti Giampiero Di Florio e Giuseppe Bellelli le accuse della signora, confessando di avere effettivamente consegnato ad Aracu oltre 500 mila euro.
Su tutto il resto sono in corso accertamenti.
Nel j’accuse della moglie separata ci sono megatangenti e piccole ruberie.
I nuovi condizionatori d’aria fatturati a Forza Italia, destinati alla sede pescarese di piazza Salotto e finiti invece a casa dell’onorevole.
O la gestione disinvolta delle società  del marito nel settore dei call center.
Ci sono persino i rimborsi da quest’ultimo richiesti come presidente della Federazione di hockey: anche il Coni ha svolto un’indagine interna inviando i risultati alla Procura regionale del Lazio della Corte dei conti.
Un capitolo riguarda le spese del comitato promotore dei Giochi del Mediterraneo inaugurati a giugno.
Ma c’è anche spazio per le operazioni immobiliari in nero e la presunta corruzione di dirigenti per ottenere commesse: «Mio marito predisponeva con il mio aiuto scatole contenenti, oltre alle cravatte, notevoli somme di denaro. Il tutto da consegnare a dirigenti Inps, Enel e Telecom».
L’interesse della Procura si è concentrato soprattutto sulla nuova puntata dello scandalo sanitario che lo scorso anno ha travolto la giunta abruzzese di centrosinistra e coinvolto anche quella precedente di centrodestra, presieduta da Giovanni Pace.
Proprio insieme all’assessore alla Sanità  di quest’ultimo, il forzista Vito Dominici (finito lo scorso anno agli arresti domiciliari), la Maurizio ha spiegato che Aracu avrebbe richiesto e ottenuto dalle case di cura private somme che di «solito si aggiravano intorno a un milione di euro per ciascuna clinica».
Secondo l’ex moglie queste tangenti, al pari di molte altre, Aracu era poi «solito dividerle con l’onorevole Fabrizio Cicchitto di Forza Italia. Quest’ultimo era ed è il padrino politico dell’onorevole Aracu».
Ogni cosa, secondo il memoriale, seguiva regole scientifiche.
«Mi torna in mente che nel periodo in cui Dominici aveva l’incarico di assessore alla Sanità  e mio marito era stato eletto coordinatore regionale di Fi, poco dopo il 2003, ci trovammo io, Dominici e mio marito seduti a un tavolo di una trattoria di Roma. Nell’occasione mio marito annotava i nomi delle case di cura operanti in Abruzzo con a fianco l’indicazione degli importi di denaro. Dominici esaminava i nomi e le cifre, correggendo o confermando. Fra le cliniche ricordo che era annotata la Villa Pini di Chieti per un milione di euro e la Villa Letizia dell’Aquila per circa 200 mila euro».
Di alcuni dei pagamenti, lei è stata testimone diretta: «A tanto hanno provveduto, anche in mia presenza, fra gli altri, Angelini e il dottor Conca manager della Asl di Chieti (anche lui arrestato lo scorso anno per lo scandalo sanitario, ndr).
Tali somme avevano sicuro significato di tangenti».
Il racconto è ricco di dettagli e circostanze specifiche.
Il manager Asl Conca si recava spesso nell’abitazione di Aracu in via Sulmona a Pescara per «consegnare a mio marito somme di denaro in contanti che variavano da 100 mila a 200 mila euro».
Dazioni che si ripetevano una volta al mese e che sarebbero proseguite per tutto il periodo in cui Aracu è stato coordinatore regionale di Fi.
Un rito al quale si sottometteva anche Angelini che presso l’abitazione di via Sulmona consegnava «non solo il denaro, ma anche gioielli e orologi di marca Rolex» che sabbero andati pure «a ciascuna delle mogli di uomini politici con i quali l’Angelini stesso si relazionava»: oltre a lei, «anche la signora Dominici e la signora Paolini, consorte quest’ultima del vicepresidente della Regione Abruzzo» (si tratta di Enrico Paolini, non rieletto alle ultime elezioni).
Dove venivano acquistati questi preziosi?
Dal rivenditore Rolex e presso la gioielleria Cazzaniga di Pescara, dove secondo la Maurizio venivano anche comprati «gli omaggi destinati alle consorti di uomini politici» puntualmente elencati nel memoriale: «On.le Cicchitto, on.le Bondi, on.le Letta, on.le Colucci, questore della Camera dei deputati».
Infine, gli altri brani scottanti sui passaggi di quattrini tra Aracu e Cicchitto.
La ex moglie non ha prove, ma afferma di ritenere sulla base di una serie di elementi che suo marito «abbia consegnato all’onorevole Cicchitto, anche per sostenere la propria candidatura, somme certamente non inferiori a 500 mila euro».
Dice di avere saputo dallo stesso Aracu, «che quest’ultimo effettuava consegne di denaro nelle mani di Cicchitto per importi annui di almeno 500 mila euro. La cosa avveniva a Roma e la dazione consisteva in somme in contanti».
Con l’onorevole Cicchitto, aggiunge la Maurizio, «abbiamo trascorso una vacanza estiva in Sardegna. Il deputato di Fi, anche in mia presenza, assicurava a mio marito che gli avrebbe conservato l’incarico di coordinatore regionale del partito in considerazione delle attenzioni riservategli».
Attenzioni che avrebbero trovato puntuale conferma nella vicenda riguardante la candidatura di Filippo Piccone. «Ricordo che mio marito», scrive la moglie di Aracu, «si fece dare da costui l’importo di 600 mila euro per ottenere la candidatura al Senato. Di tale somma 150 mila euro circa vennero consegnati all’onorevole Cicchitto. Il tutto mi è stato riferito da mio marito. Piccone, inoltre, che opera nel campo della realizzazione di infissi, non si è mai fatto pagare da mio marito per la vendita dei predetti».
Finestre o porte in omaggio per avere ingresso nel portone del Palazzo: davvero riconoscente.

Primo Di Nicola
(da “l’Espresso“)

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BOCCHINO: “TRANSFUGHI A CACCIA DI POLTRONE, STA CON NOI CHI HA LO STOMACO FORTE”

Febbraio 18th, 2011 Riccardo Fucile

“ASCOLTO GENTE DI VALORE COME URSO, ALTRI SONO SOPRAVVALUTATI”… “CHI SE NE VA E’ PERCHE’ HA RICEVUTO UN’OFFERTA DI QUELLE, PER DIRLA CON ‘IL PADRINO’, CHE NON SI PUO’ RIFIUTARE”…”IN UN ANNO FAREMO IL PARTITO: 200.000 ISCRITTI, 11O RESPONSABILI PROVINCIALI ELETTI DALLA BASE”

Il progetto politico è «intatto», la linea è «chiara» e «c`è il leader».
Che chiedere di più dalla vita?
A sentire Italo Bocchino, Futuro e Libertà  non è a pezzi.
Quelli che lasciano la barca «non fuoriescono per ragioni politiche, ma per la poltrona».
E comunque sia non ce l`hanno con lui, con Bocchino: «Hanno solo cercato di condizionare Fini seguendo la vecchia logica dei colonnelli dentro An. Ma è roba vecchia, non ha funzionato. Fini ormai guarda avanti, si rivolge a chi sta fuori dal Palazzo. Ha fatto un`altra Fiuggi e voi non ve ne siete accorti».
Scusi Bocchino, non è che alla fine rimarrete in quattro: Fini, lei, Granata e Briguglio?
«Saremmo comunque già  troppi. Ne serve solo uno, Fini. E` lui che porta i voti. E poi abbiamo sempre più parlamentari di Vendola, che non ce li ha, e dell`Udc».
Ammetterà  che è una mezza catastrofe un partito che perde pezzi all`indomani del congresso di fondazione.
«E un falso problema. Non è questione di numeri. Chi se ne va è perchè ha ricevuto un`offerta di quelle che, per dirla con` Il Padrino”, non si possono rifiutare. In molti temono la fine della legislatura, ogni tacchino vuole rinviare il Natale. Senza contare che Berlusconi è un maestro nel promettere future candidature che poi non mantiene. Ma il nostro progetto politico è intatto. Per la fine dell`anno Fini avrà  il partito che gli serve: 200 mila iscritti, 110 presidenti provinciali eletti dalla base, 20 coordinatori regionali scelti dagli iscritti…».
Non neghi la botta d`immagine.
«E` una partita complessa, recupereremo. Se qualcuno non ha lo stomaco forte ne prendiamo atto».
Un esodo a pochi giorni dal battesimo dovrebbe farvi riflettere.
«Guardi che stanno fuoriuscendo per le poltrone, non per la linea politica. Il congresso si è aperto con tre relazioni e tutte definivano il profilo di Fli alternativo alla sinistra. Fini ha chiuso su questa linea all`unanimità ».
Allora è lei il problema.
«No, assolutamente. Certo, si è discusso del posto di capogruppo che lasciavo…».
Sta dicendo che è stata la scelta di Benedetto Della Vedova a far saltare i nervi?
«Non la sua persona ma il segno di discontinuità  che rappresenta.Fini ha fatto un`altra Fiuggi e nessuno se ne è accorto. E` finita l`epoca dei colonnelli che condizionavano il Capo».
Per la verità  a Fiuggi tutti gli davano retta.
«A Fiuggi se ne andò Rauti che contava molto di più di Pontone, Menardi e Rosso».
Baldassarre, ago della bilancia sul federalismo, vacilla.
«Non penso che se ne vada ma, al caso, tutti i gruppi devono essere rappresentati in commissione».
Com`è andato l`incontro con Urso?
«Ci siamo fatti una bella chiacchierata. Urso è una persona di qualità , al contrario di altri che sono corteggiati in maniera eccessiva rispetto a quello che valgono.
E` giusto ascoltare il suo mal di pancia. Altra cosa è pensare che Fini possa subire veti».
Dopo le allusioni del presidente della Camera al potere finanziario di Berlusconi, Ferrara chiede l`intervento di Napolitano.
«Lasciamo perdere. Consiglio a Ferrara di scrivere un`enciclopedia su Berlusconi».
La vostra performance ha messo di buon umore il premier.
«Il massimo che può ottenere è l`accanimento terapeutico. Attaccato alle macchine, può resistere un anno in più. E intanto noi facciamo il partito».

Alessandra Longo
(da “La Repubblica“)

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AI FALSI INVALIDI DIECI MILIARDI L’ANNO: AI CONTROLLI IL 30% DELLE INDENNITA’ SONO RISULTATE IRREGOLARI

Febbraio 18th, 2011 Riccardo Fucile

UN PIANO DELL’INPS PER POTENZIARE I CONTROLLI: 200.000 VERIFICHE L’ANNO IN QUATTRO ANNI PORTANO ALLA LUCE QUELLO CHE SI IPOTIZZAVA….MA ENTRA ANCORA SOLO 1 MILIARDO INVECE DEI 10 PREVISTI

In mezzo a tante brutte notizie, ce n’è anche una buona.
Una notizia piccola, ma significativa: i controlli dell’Inps sulle pensioni di invalidità , iniziati un paio di anni fa, continuano a ritmo serrato e cominciano a dare risultati importanti.
Il presidente dell’Inps Antonio Mastrapasqua, intervistato dal Corriere della Sera , ci informa che, dopo i 200 mila controlli del 2009, nel 2010 ve ne sono stati altri 250 mila, e altrettanti sono previsti sia quest’anno sia l’anno prossimo.
Fatti i conti, questo significa che la probabilità  di subire un accertamento, fino a ieri trascurabile, si porterà  intorno al 30% su 4 anni di verifiche.
Quali sono, fin qui, i risultati?
Numeri impressionanti
I risultati delle verifiche sono impressionanti.
Secondo questo primo ciclo di controlli, circa il 30% dei beneficiari di pensione di invalidità  ne usufruiscono senza averne diritto, ma questa percentuale nazionale varia enormemente da luogo a luogo.
In provincia di Sassari le pensioni da cancellare sono il 76%, a Roma il 26%, a Milano appena il 3%. In Sardegna sono il 53%, ma anche l’Umbria non scherza con il suo 47%; mentre in Lombardia e in Emilia Romagna la percentuale di cancellazioni resta inferiore al 10%.
I dati dell’Inps confermano, sia pure a grandi linee, i risultati di alcuni studi, che già  negli anni scorsi – elaborando altri dati forniti dall’Inps stessa e dall’Istat – avevano tentato di stimare il numero di “falsi invalidi” regione per regione e provincia per provincia.
Aggiornate a oggi, quelle stime ci mostrano una realtà  inquietante.
Le sole prestazioni per beneficiari “puri” (che hanno solo una pensione di invalidità ) ammontano a circa 15 miliardi di euro all’anno, che diventano più o meno 30 se consideriamo anche i beneficiari “multipli”, ossia coloro che cumulano la pensione di invalidità  con altri tipi di pensione.
Si tratta, in tutto, di 5-6 milioni di persone, a un terzo delle quali dovrebbe essere revocata la prestazione, con un risparmio complessivo di 8-10 miliardi di euro all’anno.
Purtroppo il piano Inps, per quanto assolutamente meritorio (nulla di paragonabile è mai stato fatto in passato), prevede solo – si fa per dire – 250 mila controlli l’anno, da cui è lecito aspettarsi solo un flusso di 1 miliardo di euro ogni anno, anzichè gli 8-10 recuperabili in teoria, nel caso cioè le verifiche fossero svolte su tutti (beneficiari puri e multipli) e fossero complete, anzichè a campione.
E tuttavia anche un miliardo di euro non è affatto poco.
Ci sono un sacco di cose che, ogni anno, si potrebbero fare con quella cifra. Alcune non sono di competenza dell’Inps, altre lo sono o potrebbero diventarlo.
Un tesoro da sfruttare
Ossigeno all’università , alla ricerca, alla cultura, ad esempio.
Nuovi asili nido, di cui l’Italia ha un estremo bisogno.
Ma anche altre cose più legate ai compiti di un ente come l’Inps.
Si potrebbe, ad esempio, assumere nuovo personale per intensificare i controlli nei cantieri edili, dove si concentra il grosso dell’evasione contributiva e, purtroppo, anche una frazione considerevole degli infortuni e dei morti sul lavoro.
Oppure si potrebbero usare i risparmi ottenuti dalle cancellazioni della false pensioni di invalidità  per rifinanziare la social card di Tremonti, ossia per continuare a fare assistenza, come di fatto già  si faceva con le pensioni di invalidità , ma in un modo più equo: erogando le prestazioni a chi ha veramente bisogno, anzichè a chi trova il modo di ottenere false certificazioni.
Perchè uno dei problemi di fondo dell’Italia, a mio parere, è il seguente.
Ci vengono chiesti dei sacrifici, sentiamo più o meno oscuramente che la richiesta non è irragionevole, ma tutti quanti, anche i più disponibili a fare rinunce, che siano inutili, se non controproducenti.
La paura è che chi ha dissipato il denaro pubblico continui a farlo, e che la lotta agli sprechi si risolva in nuovi sprechi.
O anche semplicemente che nessuno sappia che fine fanno i quattrini che lo Stato recupera.
Per questo sarebbe bello che, in tutti i settori in cui si fanno dei risparmi, fosse sempre chiara, anzi automatica, la loro destinazione.
Ci piacerebbe che alla fine dell’anno il cittadino potesse apprendere – invento, a puro titolo di esempio – che l’Inps ha risparmiato 400 milioni di euro e li ha usati per raddoppiare l’importo della social card, portandola da 40 a 80 euro al mese.
Che Tremonti ha recuperato 20 miliardi di evasione fiscale e ha dimezzato l’Irap.
Cose così.
Piccoli passi, ma che dessero a tutti l’impressione che si va da qualche parte. E che la direzione è quella giusta.

Luca Ridolfi
(da “La Stampa“)

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ONDE ANOMALE PADANIA MONDADORI: GLI STRANI AFFARI TRA LA CONCESSIONARIA RADIOFONICA MONDADORI E RADIO PADANIA

Febbraio 18th, 2011 Riccardo Fucile

LA PRIMA ACQUISTA LE FREQUENZE CHE LA SECONDA OCCUPA APPROFITTANDO DI UNA LEGGINA FATTA APPROVARE DALLA LEGA… RADIO PADANIA OCCUPA GRATIS E RIVENDE A 100.000 EURO A FREQUENZA.. E IL BILANCIO DELLA RADIO LEGHISTA PASSA IN DUE ANNI DA 283.000 EURO A 217 MILIONI DI EURO

Secondo l’Autorità  garante della concorrenza e del mercato, nulla osta: Monradio srl, concessionaria radiofonica del gruppo Mondadori che edita Radio 101, può tranquillamente comprare da Radio Padania Libera sei nuove stazioni di trasmissione, e relative frequenze.
In cambio i leghisti riceveranno da Monradio l’antenna di Monte Pascolet, nel bellunese, e una somma imprecisata di denaro: ogni frequenza vale in media 100 mila euro sul mercato, ma tutto sta al libero accordo tra le parti (non soggetto a valutazioni dell’authority).
E che c’è che non va?
Prima di tutto, in Italia non si potrebbe vendere e comprare l’etere radiofonico.
Ma grazie a un emendamento piazzato nella Finanziaria 2001 da Davide Camparini, all’epoca deputato leghista e fondatore di Rpl, le radio comunitarie a diffusione nazionale – cioè dedite a funzioni sociali anzichè al business – possono occupare spazi liberi diventandone proprietarie in soli 90 giorni, per poi rivendere o permutare in gran libertà  le frequenze acquisite.
Le uniche radio con questo diritto sono oggi Radio Maria e Radio Padania, ma quest’ultima s’è dimostrata decisamente più attiva della consorella nel trasformare un’opportunità  in vero business.
Ovunque nella Penisola il verbo padano ha così fatto la sua comparsa. Spesso solo per qualche mese, giusto il tempo di cedere ai grandi gruppi nazionali le frequenze conquistate.
E un rapporto particolarmente solido, con svariate decine di acquisti e altrettanti scambi, c’è sempre stato proprio con la radio 100% berlusconiana: presidente Gerry Scotti, star Federica Panicucci, informazione by Tgcom.
Senza dimenticare che nel 2005, quando Radio 101 andò in rovina venendo poi rilevata da Mondadori, una bella fetta dei soldi destinati ai creditori (35 milioni di euro sfilati dalla curatrice fallimentare, compagna di uno dei proprietari), finirono sui conti di Credieuronord, la banca lanciata dal Senatur e naufragata tra mille scandali.
Stavolta però tutto pulito.
Tranne forse un dettagliuccio.
Secondo il bollettino Agcom del 14 febbraio 2011, che dà  l’ok all’operazione, il fatturato 2009 di Radio Padania ammontava a soli 283mila euro, mentre nel bollettino del 12 ottobre 2009 l’Authority certificava per il 2008 un fatturato padano stellare: 217 milioni di euro (contro i 16 di Monradio).
Tutto sotto controllo, autorevoli controllori?

Chiara Paolin
(da “Il Fatto Quotidiano“)

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CASE DEL PIO ALBERGO TRIVULZIO, AFFITTI SCONTATI A POLITICI PDL E AMICI

Febbraio 18th, 2011 Riccardo Fucile

I PRIMI NOMI DEGLI INQUILINI: 5.000 EURO L’ANNO PER 128 METRI QUADRATI IN CENTRO A MILANO…TRA I LOCATARI I CONSIGLIERI COMUNALI MANCA, BUONOCORE E L’EX TESORIERE DI FORZA ITALIA

Eccoli, i primi nomi.
Tra gli inquilini del Pat ci sono ex segretari di partito, onorevoli, ex assessori e consiglieri comunali, in una girandola di nomi che comprende figli, parenti ingombranti e amici dei potenti.
Il lupo perde il pelo ma non il vizio e le case di pregio della Baggina continuano ad essere affittate a prezzi stracciati ai soliti noti, nelle pieghe di criteri per le assegnazioni che lasciano troppi margini alla discrezionalità  e che le opposizioni in Comune e in Regione sintetizzano in una parola: affittopoli.
Era il 17 febbraio 1992.
I carabinieri piombarono al Pat nell’ufficio del presidente Mario Chiesa e per la Prima Repubblica fu l’inizio della fine.
Sono passati vent’anni e molte cose sono cambiate.
Ma non tutte, evidentemente.
Di certo il 17 febbraio non è una data fortunata per il Pio Albergo Trivulzio.
E di certo non è passata di moda l’abitudine di disporre del patrimonio pubblico per far piacere a qualcuno.
Oggi come allora.
Nello storico feudo nato nel 1771 per aprire le porte ai poveri.
Nel giorno in cui il garante della privacy accende il semaforo verde alla pubblicazione dei nomi, ecco che si apre un primo squarcio negli elenchi degli affittuari finora così gelosamente custoditi dal presidente del Trivulzio, Emilio Trabucchi.
E basta un rapido sguardo per capire che il direttore generale non l’ha raccontata proprio giusta ai consiglieri comunali che in commissione a Palazzo Marino, inutilmente, hanno cercato di ottenere la lista dei contratti del Pat e che si sono sentiti rispondere che, comunque, di politici tra gli inquilini non ce n’erano.
Sono più di mille gli alloggi del Pio Albergo in città , ma è sufficiente esaminarne alcuni per capire che l’identità  degli affittuari da salvaguardare dalla «morbosità  del pubblico» (parole di Trabucchi) non è quella del cittadino qualunque.
In via Santa Marta 15 spicca un contratto intestato dal 2003 al consigliere comunale del Pdl Guido Manca, ex assessore alla Sicurezza del centrodestra e presidente di Metroweb: canone di 5015 euro annui per 70 metri quadrati lordi.
Nello stesso palazzo ha trovato casa, sempre dalla stessa data, il nipote di Francesco Cossiga, Piero Testoni, parlamentare del Pdl eletto in Sardegna.
Il suo affitto è un po’ più caro: 8.438 euro per un’abitazione di 83 metri quadrati.
Entrambi i contratti sono scaduti nel 2008, ma non risultano oggetto di nuovo bando.
E per i contratti scaduti il Pat ha fatto sapere che è stata concordata la proroga con i sindacati con un aumento medio del 30 per cento.
Un appartamento di 45 metri in via Paolo Bassi 22 è stato invece destinato dai vertici della Baggina a un tal Alessandro Manca, forse però è solo un omonimo del figlio di Guido. Canone: 1.644 euro.
Ma l’elenco dei politici o dei loro parenti non finisce qui.
In via Moscova 25 vive in una casa di 128 metri quadrati per un affitto di 5.655 euro all’anno Luciano Buonocore, politico di lungo corso, co-fondatore del Pdl dove ha portato in dote la Destra Libertaria di cui era segretario. Attualmente è presidente del consiglio comunale di Peschiera Borromeo.
Il suo contratto d’affitto scadrà  nel 2013.
Lo stabile di corso di Porta Romana 116 ha aperto invece le porte, nel 2002, a Domenico Lo Jucco.
Contratto scaduto nel 2009: per 121 metri quadrati un canone annuo di 10.242 euro.
Lo Jucco, gavetta in Publitalia al fianco di Marcello dell’Utri, è stato tra i fondatori di Forza Italia e del partito azzurro è stato anche tesoriere.
Del resto, perchè sorprendersi?
Il Pat è un’istituzione antica e antiche sono le abitudini.

Rossella Verga
(da “Il Corriere della Sera“)

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