Destra di Popolo.net

BOCCHINO PRONTO A DIVENTARE SEGRETARIO DI FUTURO E LIBERTA’: “SIAMO DI DESTRA”

Febbraio 12th, 2011 Riccardo Fucile

SI PROFILA UN COMPROMESSO TRA FALCHI E COLOMBE, TRA GLI ANTI-BERLUSCONES E GLI A-BERLUSCONES… MA ORMAI IL NUMERO DUE E’ IL “POLITICO” ITALO, PIU’ FALCO CHE MODERATO…CRESCE L’ATTESA PER L’INTERVENTO DI DOMANI DI FINI

Destra, destra e ancora destra.
Italo Bocchino scandisce questa parola, mentre in sala lo danno già  come segretario.
Lui, il falco che ama apparire e a molti colleghi di partito non va giù, lascerebbe il posto da capogruppo a Roberto Menia.
Ma già  adesso è Bocchino a parlare con i giornalisti, a dettare la linea, a chiudere con l’idea del Cln, a dire “non c’è alcuna emergenza democratica, quindi nessun patto con la sinistra. Noi siamo qui per costruire una destra alternativa a quella di Berlusconi”.
Esattamente la linea espressa subito dopo da Gianfranco Fini: “La nostra casa è il Ppe”.
Destra, quindi.
C’è chi lo dice, chi lo afferma, chi lo rivendica, chi lo rispolvera, chi lo sogghigna.
Una sorta di mantra forzato, utile a purificare il corpo dalle tossine centro-sinistre e liberare la mente per ritrovare quel minimo comun denominatore ancora assente dentro Futuro e libertà .
Questa l’aria che si respira a Milano, nella prima delle tre giornate dedicate a lanciare, definitivamente, la creatura politica voluta da Gianfranco Fini dopo la rottura con Silvio Berlusconi del luglio scorso.
Eppure non tutti ne sono convinti.
L’obiettivo sembra quello di superare l’annoso divario tra falchi e colombe, tra chi farebbe di tutto per buttare giù il Caimano e chi non intende andare troppo oltre.
Da una parte i Granata e i Briguglio, dall’altra i Consolo e i Saia.
Così divisi, così uniti in apparenza.
E basta girare per il padiglione per capire e vedere che non tutto va liscio, che Bastia Umbra è lontana, che manca l’enfasi del “ci siamo, a prescindere”, l’entusiasmo della novità .
Luca Barbareschi si fa vedere ai margini, quasi da reietto, non si avvicina al palco e il discorso di apertura non è più affidato alle sue corde di attore e alla sua capacità  di commuoversi al momento giusto.
Chi lo declama, questa volta, è una ragazza della base.
Luca Bellotti si aggira tra le sedie con l’aria sconsolata, si aspettava più militanti, è evidente, rispetto alle duemila presenze, mentre Enzo Raisi sorride, fa gli onori di casa e lascia intendere grandi sorprese per la seconda giornata.
Si parla di ospiti a sorpresa, di grido, circolano i nomi di Fiorello, si parla di una telefonata ad Adriano Celentano…
Destra, dunque. Parola santa per Donato Lamorte, storico missino, di acclarata fede fascista, terrorizzato da un sguardo che va oltre l’Udc: “Noi e il Pd…?. Sarebbe un incesto…!.”
E sorride. “Sulla manifestazione delle donne di domani…?, continua. Non sono d’accordo”. Già , eppure Flavia Perina è tra le organizzatrici: “Lo rivendico eccome, replica il direttore del Secolo, è ora che ci facciamo sentire…!”.
Distanze siderali.
Poi c’è Granata. Parla con i giornalisti e snocciola un dato: “Secondo un sondaggio, il 40% dei nostri elettori è di sinistra”. Il problema è spiegarlo al sessanta di destra…
Eppure uno dei pochi assembramenti festosi è dedicato a Gad Lerner, un personaggio che ha poco a che fare con il background finiano: sono pacche sulle spalle, autografi, foto. Ha dato del maleducato al Caimano e per questo è un eroe.
Quindi chiude la serata Gianfranco Vissani, altra (ex…?) icona del centrosinistra con una cena da 20 euro per mille paganti.
Anche per lui applausi.
In questo caso solo culinari, per cena la politica è rimasta fuori dalla porta. Insieme a tutte le sue contraddizioni, in attesa di domani, quando tutti si aspettano di capire da Gianfranco Fini quale strada percorrere e con chi…

Alessandro Ferrucci e Davide Vecchi
(da “Il Fatto Quotidiano“)

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NAPOLITANO GELA BERLUSCONI: “FATTI GIUDICARE”

Febbraio 12th, 2011 Riccardo Fucile

PER IL PREMIER C’E’ “ACCANIMENTO CONTRO DI ME”, PER IL CAPO DELLO STATO “IL GIUSTO PROCESSO E’ GARANTITO, BASTA STRAPPI SULLA GIUSTIZIA”… ALTA TENSIONE AL COLLE

A un certo punto l’urlo: “Ma io mi devo difendere! E devo difendere il Parlamento, c’è un vero e proprio accanimento contro di me…”.
Fuori controllo, anche se solo per un attimo, Silvio Berlusconi deve essersi sentito perso quando il capo dello Stato, con sguardo gelido e fermezza istituzionale, gli ha risposto “si calmi”, costringendolo a proseguire un colloquio che però, a quel punto, era ormai compromesso.
Non è andata per niente bene ieri sera al Quirinale.
Napolitano, dopo il lungo pressing esercitato dal mediatore Gianni Letta che finalmente era riuscito a ottenere l’incontro “chiarificatore”, sperava forse di ascoltare dalla bocca del premier parole diverse dalla solita litania, da quel continuo cercare di spiegare le proprie ragioni e di difendersi dalle accuse invocando la persecuzione giudiziaria.
Invece no, nonostante Letta l’avesse indottrinato per più di un’ora sull’atteggiamento da tenere per evitare di mandare di nuovo tutto per aria. Niente, il Caimano ancora una volta non ha resistito.
Superati i convenevoli, è partito a cercare di convincere il presidente della Repubblica del fatto che le accuse della Procura di Milano cadranno nel nulla “perchè non c’è nulla di penalmente rilevante”, che “continuo a essere vittima di un’offensiva giudiziaria senza pari che ha il solo obiettivo di farmi fuori”.
E che è “stata violata la mia privacy in modo mostruoso”.
A quel punto, il Cavaliere avrebbe detto di “credere che sia venuto il momento di difendermi anche sollevando il conflitto d’attribuzione davanti alla Corte con l’ausilio dell’Avvocatura dello Stato…”.
Ecco, è stato più o meno a questo punto del colloquio che Napolitano ha alzato un muro invalicabile per il premier, ripetendo quanto aveva detto in mattinata ricevendo il vicepresidente del Csm Vietti e, di fatto, mandando un segnale preciso di quelli che avrebbe voluto fossero i toni del colloquio successivo.
“Il giusto processo — ha quindi detto Napolitano — è garantito dalla Carta, basta strappi sulla giustizia”.
Un messaggio netto, senza possibilità  di interpretazioni sulle sfumature del grigio.
Il capo dello Stato ha fatto capire chiaramente a Berlusconi che ogni sua necessità  di difesa è già  garantita dalla Costituzione.
E che non c’è alcuna necessità  di sollevare nuovi e più pesanti conflitti istituzionali, perchè “i riferimenti di principio e i canali normativi e procedurali” ci sono davvero tutti per garantire il “giusto processo”.
Insomma, meno “strappi mediatici, che non conducono a conclusioni di verità  e giustizia” ma più attenzione alle regole. In poche parole, Napolitano ha invitato il Caimano a farsi processare.
Con una stoccata pesante: “Come dice il suo stesso legale Pecorella, il conflitto di attribuzione si solleva nel processo, non in Parlamento”.
È stato lì, a quel punto che la rabbia di B. è esplosa perchè ha capito che non avrebbe mai trovato sponda nel Colle per fare quello che vuole: l’ennesimo strappo sulla giustizia per la sua difesa.
E tuttavia il Cavaliere su un punto è stato chiaro: la maggioranza ha i numeri e quindi il “dovere” di fare le riforme, il che per lui significa soprattutto intercettazioni e processo breve.
“Quello che sta accadendo — ha ribadito Berlusconi — non è solo un problema mio, ma fango che ricade sull’intero Paese”.
Ancora gelo.
Perchè Napolitano non si fida e teme un nuovo crescendo di tensione istituzionale con i giudici che, tuttavia, ha chiarito anche a Gianni Letta, di non essere disposto a tollerare.
Come ha chiarito di aver digerito malissimo l’estemporanea manifestazione di protesta davanti al Tribunale di Milano dove dovevano essere presenti anche i ministri milanesi e dove invece, alla fine, a fare da incendiaria c’è rimasta solo la Santanchè.
All’uscita dal Quirinale, Berlusconi era livido.
Ma più di lui era scuro in volto Gianni Letta che per tutta la giornata di ieri aveva fatto una pesantissima opera di convincimento, arrivando a chiudersi in una stanza da solo con il Cavaliere per indottrinarlo sull’atteggiamento “cauto, mite” da tenere davanti al capo dello Stato.
In gioco, in fondo, “c’è anche il federalismo” e il proseguimento della legislatura. Parole al vento.
“Governo e Parlamento non possono essere commissariati dal potere giudiziario!”, ha tuonato ancora Berlusconi. “Io devo poter governare senza condizionamenti!”.
Dopo un’ora di colloquio, il più lungo forse da un anno a questa parte, Berlusconi è tornato a Palazzo Grazioli.
Con uno stop così pesante avuto ieri dal Quirinale, adesso dovrà  rivedere completamente tutta la strategia d’attacco che aveva messo giù durante l’ultimo “consiglio di guerra” di qualche giorno fa.
Adesso sa che qualunque strappo sarà  respinto “in maniera plateale” dal Quirinale, ma seguire le regole significa anche farsi processare, subire quasi certamente una condanna a breve sul processo Mills.
E chissà  poi cosa potrà  accadere su Ruby e sulle altre.
Nel Pdl giurano che “Silvio farà  di testa sua”, che “cercherà  comunque una strada per non andare a processo perchè i cittadini sono con lui e capiranno, continueranno a capire — sostiene un famiglio del premier — che senza di lui si ferma tutto, che le riforme non si faranno mai”.
Non seguirà  le regole come gli ha detto Napolitano, questo sembra essere una certezza tra i suoi.
Ora, però, è all’angolo.
E la difesa, qualsiasi difesa, diventa sempre più difficile.

Sara Nicoli
(da “Il Fatto Quotidiano“)

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BERLUSCONI: IL FALSO TEOREMA DEL GOLPE MORALE

Febbraio 12th, 2011 Riccardo Fucile

HA IL PIENO CONTROLLO DELLA SUA VITA? E’ VULNERABILE AI RICATTI O ALLE MINACCE DELLE SUE OSPITI? DANNEGGIA IL PAESE? LO DISCREDITA ALL’ESTERO? HA COMPORTAMENTI ADEGUATI   AI DOVERI PUBBLICI CHE HA VOLUTO ASSUMERE?

Il presidente del Consiglio, settantacinque anni, si tiene accanto in villa – a pagamento – una prostituta minorenne per un paio di mesi, nel 2010.
Questo è il fatto, assai ostinato nonostante la nebbia e le censure.
Nasce una domanda processuale (Berlusconi ha commesso un reato?) e sortisce qualche effetto politico.
Lasciamo in un canto la questione giudiziaria, per il momento.
Elenchiamo qualcuno degli esiti politici sotto forma di domanda.|
Quell’uomo, già  sorpreso in altri anni in compagnia di minorenni, ha il pieno controllo della sua vita?
Le sue condotte lo hanno reso vulnerabile ai ricatti o minacce della sua ospite, delle sue ospiti?
Quanto la vita caotica di quell’uomo danneggia il Paese che governa?
A quel discredito, domestico e internazionale, può egli stesso porre rimedio?
I suoi comportamenti possono essere, una buona volta, appropriati ai doveri pubblici che liberamente ha voluto assumere?
Come si vede, ognuno di questi interrogativi è concreto, factual perchè rinvia all’interesse nazionale e al nostro destino collettivo.
Per questa ragione pretende un’assunzione pubblica di responsabilità  e reclama con urgenza un giudizio politico, prima che morale e giudiziario.
Se fossimo in un Paese dove il discorso pubblico si nutre di buonafede, disinteresse, civismo, si ritroverebbero (e si affronterebbero) nel perimetro di quelle domande le ragioni della crisi istituzionale che minaccia di precipitare il Paese in una guerra civile o in un ineluttabile declino.
Purtroppo il discorso pubblico nazionale è alimentato soltanto dalla manipolazione, dal falso indiscutibile organizzato a tavolino, da uno spettacolo che conserva la comunità  nell’incoscienza dissolvendone ogni senso critico.
“Confondere e non convincere” è la regola.
Non è altra l’intenzione della manovra chiamata “in mutande ma vivi” lanciata da Giuliano Ferrara, oggi unico canovaccio politico-informativo a disposizione del premier.
È il tentativo manifesto di accantonare la questione politica per trasformarla in questione morale.
Il trucco offre l’opportunità  di mettere su un’artefatta baruffa contro l'”ipocrisia moralistica” che liquida ogni responsabilità  e rifiuta ogni giudizio.
Lontano dalle sue responsabilità  e protetto da ogni giudizio, il Re Nudo può salvarsi ancora una volta.
E il Paese? Che si fotta, il Paese!
Viene in mente Molière, Tartuffe ou l’Imposteur.
Il sermone di Giuliano Ferrara contro la “Repubblica delle virtù (il grand guignol va in scena oggi in un teatro di Milano) e dovrebbe, vuole essere – mutande a parte – terribilmente serio ma vi spira soltanto un’aria burlesca tanto lo spettacolo è un’impostura.
Se si sfiora la questione da un’angolazione qualsiasi, o se ne vaglia un qualunque argomento o ragione, la ciarlataneria affiora ovunque, con qualche sprazzo comico.
Induce al riso Berlusconi disegnato da Andrea Fortina con le fattezze di Giustiniano.
È farsesco leggere, nell’intervista pubblicata dal “Foglio”, Berlusconi che parla come Ferrara, che è Ferrara, pasticheur in pose da cardinal Mazarino, e mai Berlusconi, animale da preda con un Io ipertrofico.
È buffonesca l’autorappresentazione di Berlusconi, degradato a ventriloquo di Ferrara (ma fino a quando?), come campione di “un sistema fondato sulla libertà , sulla tolleranza, su una vera coscienza morale pubblica e privata”.
In Italia la memoria ha strepitose paralisi e tuttavia sentire quelle parole e formule – libertà , tolleranza, coscienza pubblica, coscienza privata – arrotarsi tra i denti da lupo del capo del governo fa venire il freddo alle ossa.
Quale tolleranza, se ancora oggi ricordiamo gli ordini ai prefetti di prendere le impronte ai bambini nei campi Rom o di ricacciare in mare donne incinte, neonati e migranti in cerca di asilo politico.
Quale libertà  se nelle biblioteche del Nordest ha libero corso una lista di proscrizione dei libri non graditi e quindi vietati.
Dov’erano i liberali che oggi in pose servili difendono il diritto delle donne a prostituirsi quando il governo chiedeva per i clienti delle prostitute la galera. Dove s’erano appisolati questi quaresimalisti, quando ministri proponevano la tortura per scacciare il fantasma del terrorismo o uomini di governo sollecitavano l’omofobia o la discriminazione per una pelle diversa, una diversa fede, un altro luogo di nascita, fosse anche dentro i confini nazionali, ma troppo a sud.
Come quelle bocche possano dire “libertà , tolleranza” quando hanno in animo di decidere per legge dello Stato delle nostra vita e della nostra morte, delle nostre cure mediche e di quanto dolore possiamo sopportare.
E, a proposito di vita, di quale dionisiaca vita parlano gli “immutandati” – nicciani d’occasione – se ad ogni piè sospinto, ci ricordano che la vita non è il bene più alto per i mortali perchè c’è sempre qualcosa di diverso in gioco nella vita, oltre la procreazione, oltre il sostentamento dell’organismo vivente, magari la salvezza dell’anima in questa vita o nell’aldilà .
Sotto l’aspetto sintattico, direbbe Franco Cordero, la prosa degli “immutandati” “è pastone o brodaglia”.
Nel lessico della Crusca, “pappolata”; in piemontese, “supa””.
È una schifezza indigeribile che ha il solo pregio di mostrarci in trasparenza come il consenso che chiede Berlusconi sia soltanto obbedienza.
I bambini obbediscono, gli adulti acconsentono, ma a che cosa dovrebbero acconsentire gli adulti “in mutande ma vivi”?
Berlusconi non propone loro un’idea, un programma, neppure un sogno.
Offre soltanto se stesso, la sua inadeguatezza, la propria sopravvivenza, la sua impunità .
Ci si può sentire davvero “vivi” nell’obbedienza a un capo privo di un pensiero diverso dal suo personale tornaconto?

Giuseppe D’Avanzo
(da “La Repubblica“)

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EMERGENZA PROFUGHI LAMPEDUSA, IL PARROCO CONTRO LA CHIUSURA DEL CENTRO DI PERMANENZA: “APRIRO’ LA PARROCCHIA”

Febbraio 12th, 2011 Riccardo Fucile

IL GOVERNO NON VUOLE APRIRE IL CENTRO PER L’EMERGENZA, QUASI CHE QUESTA NON LA FOSSE.. MENTRE SONO ORMAI PIU’ DI TREMILA I PROFUGHI ARRIVATI IN DUE GIORNI IN ITALIA, IN FUGA DALLA TUNISIA

Dopo le avvisaglie è l’ora della tempesta.
Attesa, annunciata, temuta.
Adesso il mare vomita braccia, facce, vestiti, pianti.
Duemila immigrati tra l’altra sera e ieri (senza contare gli altri 600 avvistati alle 22,30), e altri ancora ne arrivano, già  partiti dai porti tunisini e diretti qui a Lampedusa.
Una marea umana che gli aerei e le navi portano via come il catino cerca di svuotare una barca allagata.
Cinquanta ne partono, e cinquanta ne arrivano.
Cento ne imbarcano, e cento ne avvistano sull’orizzonte.
Quaranta ne piazzano sul molo e altrettanti si fanno largo.
Un esodo, un’intera generazione di ventenni che dalla Tunisia prende il largo per toccare le coste d’Europa con il sogno di arrivare in Francia.
È saltato il tappo dei controlli, la morsa delle autorità , «adesso o mai più, ce l’abbiamo fatta», dice Ahmed, infreddolito e sorridente sulla banchina prima che qualcuno lo porti via.
E il Centro di accoglienza resta chiuso, come se questa non fosse emergenza, come se non ci fosse nessuno da ricevere.
Fa la spola, invece, tra la chiesa e il porto, don Stefano Nastasi, il parroco dell’isola che l’altra sera ha detto di essere pronto ad aprire le porte della canonica e pure della parrocchia, pur di non lasciare i migranti a dormire all’addiaccio, coperti dai cartoni, a fare pipì per strada, pur di non ammettere che Lampedusa è tornata a essere l’avamposto dei disperati.
Niente ribellismi, niente protagonismi, niente urla, per questo prete che è abituato a vivere nei silenzi invernali dell’isola più meridionale d’Europa.
«È semplicemente un paradosso – dice – che si preferisca mandare la gente in albergo o lasciarla sul molo quando c’è un centro che serve proprio a questo e che resta chiuso».
Giovedì sera, all’arrivo del primo maxi-barcone con 113 migranti, è stato proprio il suo intervento a convincere la prefettura di Agrigento a mandare un gruppo negli hotel che ancora aprono le porte agli immigrati.
Gli altri sono rimasti acciambellati a terra per tutta la notte.
Ieri mattina, quando i fantasmi dell’invasione si sono materializzati, dal mare è cominciato un ponte aereo dei mezzi delle Poste italiane che è andato avanti tutto il giorno e che sarebbe continuato anche per la notte.
Spariscono da qui, da questo molo che adesso conosce di nuovo la ressa di telecamere e taccuini, diretti ai Brindisi, Cagliari, Foggia, Caltanissetta, i centri di accoglienza attivi.
Già , ma fino a quando non scoppieranno anche quelli?
«I posti disponibili in Italia sono circa duemila – spiega un operatore tra uno sbarco e l’altro – quanti ne sono arrivati qui in due giorni. Se continua così dove li mettono?».
Maroni ha detto che non saranno rimpatriati, almeno fino a quando la situazione in Tunisia non si sarà  stabilizzata.
Quanto alla possibilità  di contare sui successori di Ben Alì, sembra tutto traballante e in alto mare, proprio come questi pescherecci che arrivano qui, approntati in una settimana come un’agenzia di viaggi organizzati.
Almeno così pare, a giudicare dal singolo tentativo di una motovedetta tunisina di bloccare una carretta, e dall’insurrezione stupita dei migranti a protestare, a chiedere: «Ma perchè proprio noi, non lo vedete quanti siamo?».
L’emergenza presto non sarà  più qui soltanto, concordano tutti, mentre altri arrivano.
Non più confinata a Lampedusa, a dispetto del centro chiuso e degli 850 posti letto vuoti.
Una vena di surrealtà  comune a questi luoghi invasi dal sole per sei mesi e stretti nella solitudine per gli altri sei.
Gli isolani sembrano asserragliati nelle loro case, loro che sono assuefatti alle maree di uomini e di onde, divisi tra la speranza che i migranti portino di nuovo qui l’attenzione e i soldi della macchina dell’assistenza, e la paura della cattiva immagine alla vigilia delle prenotazioni di stagione.
Incontro e scontro eterni, quaggiù, «dove tempo fa, quando l’isola era militarizzata, ho curato una signora che temeva che gli uomini delle forze dell’ordine le entrassero in casa. Non gli extracomunitari, ma i carabinieri», sorride Enza Malatino, la psicoterapeuta che da undici anni si occupa della salute mentale degli isolani e dei migranti.
Ma qui, altro che militarizzazione, qui adesso l’ottantina di uomini tra guardia costiera, carabinieri, finanzieri sono tanti Drogo a difesa della fortezza nel deserto dei Tartari.
Stremati nelle loro divise.
Sono arrivati due poliziotti di rinforzo, due aerei, due motovedette alle scarse truppe ordinarie.
Ma sono come scogli chiamati ad arginare il mare infinito.

Laura Anello
(da “La Stampa“)

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LA DOPPIA MORALE DI BERLUSCONI

Febbraio 12th, 2011 Riccardo Fucile

UNA RACCOLTA DI SUE DICHIARAZIONI IN DIFESA DEI VALORI DELLA FAMIGLIA E DELL’ETICA PUBBLICA E PRIVATA… QUANDO PARLAVA DI SACRALITA’ DELLA VITA E SI INDIGNAVA PER LE PROSTITUTE IN PERIZOMA PER STRADA

«Noi stiamo con i valori del Pontefice. Contro la sinistra che distrugge la famiglia e non rispetta i valori morali. Non se ne può più di vedere in giro tutte queste prostitute coi perizomi». (09 febbraio 2011)

Il “piano per la vita” servirà  a favorire la natalità  e le famiglie italiane. Il nostro obiettivo è dare pieno riconoscimento al valore per noi fondamentale della sacralità  della vita. (10 ottobre 2010)

Noi crediamo nella famiglia naturale, non in quelle famiglie inventate in cui crede la sinistra. (18 settembre 2010)

Posso confermare che i valori cristiani testimoniati dal Pontefice sono sempre presenti nell’azione del Governo da me presieduto. (23 dicembre 2009)

I valori cristiani fanno parte della cultura del Paese. (23 marzo 2010)

Anche se la regola nel nostro schieramento è che su queste materie esiste libertà  di coscienza, credo che riconoscere il diritto alla vita dal concepimento alla morte naturale sia un principio che l’Onu potrebbe fare proprio, così come ha fatto sulla moratoria per la pena di morte pur dopo un lungo e non facile dibattito. (12 febbraio 2008)

La sinistra attua delle politiche che distruggono la famiglia e che non rispettano i valori morali del popolo italiano, i valori della nostra tradizione. (2 dicembre 2006)

Ho molto apprezzato il richiamo del cardinale Ruini ai grandi principi che debbono sempre ispirare e sostenere la politica. E nella stessa misura condivido il suo alto richiamo alla centralità  della famiglia e ai valori della vita, ideali e principi sui quali, fin dalla sua nascita, è schierata coerentemente Forza Italia. (21 marzo 2006)

I cattolici dovrebbero votare Forza Italia perchè noi difendiamo la famiglia, la vita e crediamo nella persona umana. (10 aprile 1996)

I cattolici di sinistra sono in una contraddizione insuperabile. Non si può essere allo stesso tempo cattolici, e come tali riguardosi della dottrina della Chiesa e dei suoi insegnamenti su varie questioni, e stare invece con chi è frontalmente dall’altra parte. (12 maggio 2007)

Non credo che coscientemente un credente, un cattolico, possa dare il suo appoggio a chi manifesta queste idee contro la religione cattolica, vuole eliminare la religione dalle scuole, vuole togliere il crocifisso dalle aule, vuole cancellare l’8 per mille che liberamente gli italiani assegnano alla Chiesa e alle sue opere di bene, a chi vuole cancellare il Concordato. (5 aprile 2006)

Carissime sorelle, è trascorso ormai un anno dalla scomparsa di Eluana Englaro. Vorrei ricordarla con voi e condividere il rammarico e il dolore per non aver potuto evitare la sua morte. Vorrei soprattutto ringraziare tutte voi per la discreta e tenace testimonianza di bene e di amore che avete dato in questi anni, i gesti di cura che avete avuto per Eluana e per tutte le persone che assistete lontano dai riflettori e dal clamore in cui invece sono immerse le nostre giornate, sono un segno di carità , un esempio da seguire per me e per tutti noi che abbiamo la responsabilità  di governare il nostro amato Paese. (9 febbraio 2010)

Siamo qui perchè non ci piace una mentalità  che svaluta la famiglia fondata sul matrimonio e sull’amore tra un uomo e una donna, sull’educazione dei figli alla libertà  e alla responsabilità . (2 dicembre 2006)

Come molti italiani, non ne posso più di vergognarmi a girare con i miei figli. Prostituzione ovunque, perizoma in mostra, e anche il resto, dappertutto, senza ritegno. (5 gennaio 2002)

Bisognerà  seguire il fiume di parole di don Oreste Benzi per ricostruire persino le lacrime di commozione che il premier si sarebbe lasciato scappare davanti alle due ex prostitute, una minorenne albanese e una ventenne bulgara, che il prete di frontiera non ha esitato a far entrare a Palazzo Grazioli, timide e infagottate nei loro piumoni dal sapore adolescenziale come le scarpe da ginnastica. «Le ha guardate e si è commosso – racconterà  don Benzi con la sua voce roca -. Ma le loro brutte storie no, non le ha volute ascoltare. Ha detto, invece: “Non dovete ripercorrere il vostro dolore. Capisco tutto: ho delle figlie anch’io”. E ha messo per loro dei soldi in una busta». Cinque milioni a testa, racconteranno poi le stesse ragazze. (18 gennaio 2002)

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ALLA RICERCA DEL SINDACO LEGHISTA E ULTRA’ INDAGATO PER CONCORSO IN ASSOCIAZIONE A DELINQUERE

Febbraio 12th, 2011 Riccardo Fucile

IL CASO DI ALBERTO MAFFI, SINDACO LEGHISTA DI GANDOSSO, INDAGATO INSIEME ALL’ASSESSORE REGIONALE LEGHISTA BELOTTI E A UN CENTINAIO DI ULTRAS DELL’ATALANTA….MARONI PENSA AL DASPO, IL SINDACO AD AVVISARE GLI ULTRA’ SUGLI SPOSTAMENTI DELLA POLIZIA

Alberto Maffi, sindaco di Gandosso, è indagato per concorso esterno in associazione a delinquere.
Suo l’sms “c’è puzza di blu” inviato a un capo della tifoseria dell’Atalanta durante gli scontri a margine di una partita con l’Inter.
Gandosso è un grazioso comune situato sulle alture della Val Calepio in provincia di Bergamo da cui si gode un ampio panorama che arriva fino al lago d’Iseo.
Il suo primo cittadino è Alberto Maffi, che con i suoi 27 anni è il sindaco più giovane di tutta la Lega Nord.
E’ indagato dalla procura di Bergamo per concorso esterno in associazione a delinquere assieme all’assessore lombardo al territorio Daniele Belotti e ad altre 103 persone, tra cui diversi ultrà  dell’Atalanta.
Maffi è accusato di essere stato la loro vedetta durante un incontro di calcio tra Inter e Atalanta a Bergamo nell’ottobre 2009.
Un sms con scritto “C’è puzza di blu” spedito a Claudio Galimberti detto il “Bocia” capo degli ultrà  già  raggiunto da una diffida a mettere piede in provincia di Bergamo, serviva secondo il sostituto procuratore Carmen Pugliese, ad avvertirlo del sopraggiungere della polizia intenta a sedare la guerriglia urbana innescata per le strade di Bergamo da decine di scalmanati dopo la partita.
Impossibile, per ora, raggiungere Alberto Maffi per chiedergli un parere sulla vicenda.
Al municipio di Gandosso dove veste la fascia tricolore, all’ospedale di Sarnico dove lavora, ma anche alla sua abitazione ripetono che non c’è.
A Gandosso la gente è sbigottita, sorpresa e anche un po’ incredula di fronte all’indagine che investe il loro giovane sindaco leghista.
Partito di cui fa parte il ministro dell’Interno Roberto Maroni, promotore del Daspo, la misura restrittiva della Questura che vieta agli ultrà  colpiti dal provvedimento di assistere alle partite di calcio in trasferta.
Non proprio una misura “ideale” per chi come l’assessore Belotti viene ritenuto l’ideologo degli ultrà  atalantini.
Il processo è alle porte.
Venerdì sono attesi per la deposizione in aula a Bergamo i primi tre indagati.
E magari, chissà , qualche dichiarazione di Alberto Maffi.

Daniele Martinelli
(da   “Il Fatto Quotidiano“)

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LA LEGA VUOLE CHIUDERE L’AGENZIA ANTI-RAZZISMO

Febbraio 12th, 2011 Riccardo Fucile

IL CARROCCIO PRESENTA UN EMENDAMENTO AL MILLEPROTOGHE PER SOPPRIMETE L’UNAR, L’UFFICIO CHE DENUNCIA LE DISCRIMINAZIONI…. COSI’ IMPARA A CRITICARE IL PATACCARO MARONI E I SINDACI RAZZISTI

Nove righe di “proposta di modifica” al decreto legge numero 2518, il Milleproroghe che tutto contiene, e l’antirazzismo viene cancellato dal programma di governo.
Lo chiede la Lega.
Via il finanziamento annuale che tiene in vita l’Ufficio per il contrasto delle discriminazioni, l’Unar: due milioni di euro.
E, a cascata, stop alle contestazioni ai sindaci che hanno firmato delibere favorevoli agli italiani, al governo stesso, alle aziende che hanno negato assunzioni sulla base di ragioni di razza e religione, alle assicurazioni che hanno considerato i rumeni automobilisti peggiori, ai giornalisti che hanno usato in libertà  le parole “negro” e “frocio”.
La Lega Nord, attraverso cinque senatori, con la modifica numero 1.146 (andrà  ai voti all’inizio di marzo) ha chiesto la soppressione «a decorrere dal 31 marzo 2011» dell’Unar, nato per volontà  dell’Unione europea e accolto dal governo Berlusconi solo nel 2005.
In un successivo emendamento, già  depositato, si suggerisce che quei soldi siano destinati «alla Fondazione Teatro Regio di Parma per la realizzazione del Festival Verdi».
L’Ufficio contro le discriminazioni è insediato in tutti i paesi dell’Unione europea e solo in Italia e in Finlandia ed è a libro paga del governo (con soldi comunitari, in verità ).
Delle 790 segnalazioni avviate nel 2010, molte sono state recapitate a sindaci leghisti di città  del Nord che avevano firmato delibere per dare borse di studio solo a studenti italiani e residenti nel Comune da almeno cinque anni (Castelcovati, provincia di Brescia), alloggi pubblici sociali solo a indigeni (Pontoglio, provincia di Brescia), consentivano l’accesso a dati anagrafici con rigide prescrizioni per gli stranieri (Bassano Bresciano) e stanziavano bonus bebè su base etnica (Trieste). In questi casi i funzionari dell’Unar hanno scritto alle amministrazioni chiedendo di cambiare l’atto.
Quando il Comune non ha recepito, è partita la causa (intentata da libere associazioni, non dall’Unar).
E l’indicazione dell’Ufficio anti-discriminazioni quasi sempre è stata accolta dai tribunali.
Sandro Mazzatorta, senatore leghista, primo firmatario dell’emendamento e sindaco di Chiari (Brescia), dice: «Questi oscuri burocrati da sei mesi a questa parte si sono messi a fare politica trasformandosi in maestrini dalla penna rossa: qui siete razzisti, lì xenofobi. Abusano del concetto di discriminazione indiretta e pretendono una parificazione totale tra il cittadino autoctono e l’extracomunitario ospite temporaneo. Quei due milioni sono soldi buttati, l’ufficio va soppresso»
Meglio berseli nelle osterie della padagna del magna magna, insomma.

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STAMPA ESTERA: TUTTI SI CHIEDONO QUANTO ANCORA BERLUSCONI POSSA RESISTERE AL POTERE

Febbraio 12th, 2011 Riccardo Fucile

LA RICHIESTA DEI PM DI MILANO RIPORTA SUI MEDIA INTERNAZIONALI L’ANOMALIA ITALIANA E IL DEGRADO DELLA POLITICA NEL NOSTRO PAESE… SONDAGGIO WSJ: L’80,3% PER LE DIMISSIONI DEL PREMIER

“Il processo che promette di imbarazzare perfino il primo ministro italiano”. Cioè un uomo che fino ad ora non è sembrato in imbarazzo davanti a nessuna delle accuse e delle critiche che gli sono state mosse, dalla corruzione al conflitto di interessi, dall’inefficienza del suo governo ai festini con escort, minorenni e vallette.
Così l’Economist racconta l’ultimo capitolo nella storia di Silvio Berlusconi, lasciando intendere che potrebbe diventare l’ultimo per davvero: ossia un problema insuperabile per la sua sopravvivenza politica.
E l’impressione che la richiesta dei magistrati milanesi di rinviare a giudizio il leader del Pdl sia la goccia che fa traboccare il vaso è condivisa oggi dalla maggioranza dei media internazionali.
I maggiori giornali stranieri, così come le più importanti reti televisive, dalla Bbc a Sky alla Cnn, dedicano lunghi servizi agli sviluppi della vicenda.
Il Wall Street Journal, maggior quotidiano finanziario americano, ha una pagina sulla richiesta di processare Berlusconi: un lungo articolo nota che, se il premier sarà  incriminato, si tratterà  del quarto procedimento giudiziario in cui si ritroverebbe imputato nei prossimi mesi, e aggiunge che il processo per concussione e induzione di un minore alla prostituzione può in ogni caso “destabilizzare” la sua fragile maggioranza di governo.
Il Wall Street Journal pubblica sul proprio sito anche un sondaggio: l’80,3 per cento dei rispondenti dicono che Berlusconi dovrebbe dimettersi, il 19,7 per cento dicono che deve restare al suo posto.
“Silvio Berlusconi mostra di non comprendere   la differenza che intercorre tra il tornaconto personale e il dovere nei confronti del pubblico. Egli abusa la sua carica politica per i suoi fini e sfida chiunque a fermarlo: è da tempo passato il momento in cui questa farsa avvilente e distruttiva arrivi a una fine”. E’ la conclusione di un durissimo editoriale del Times di Londra – titolo: ‘Abuso di potere’ – dedicato alle vicende giudiziarie del presidente del Consiglio italiano.
“La volgarità  – prosegue il quotidiano conservatore – è sempre stata una componente distintiva della sua avventura politica, ma un procedimento penale è un’aggiunta che oltrepassa l’ordinario squallore. Dovrebbe essere superfluo affermarlo, ma Berlusconi è distante dalla consapevolezza quanto lo è dal decoro, quindi ribadiremo l’ovvio: la sua condotta è incompatibile alla carica istituzionale che ricopre quindi dovrebbe dimettersi immediatamente”. Per il Times, poi, l’incompatibilità  di Berlusconi non deriva solo da questioni di affari interni, per i quali “gli amici dell’Italia dovrebbero restare in silenzio”. “Berlusconi, oltre a degradare la politica nazionale, ha infatti ricoperto di vergogna la diplomazia”.
Segue un lungo elenco di ‘gaffe’ dall’Obama abbronzato a il gesto del mitragliatore alla giornalista russa che incalzava Putin con domande taglienti. “La tentazione di definire il primo ministro italiano come un buffone le cui azioni sono dettate da vanità  e venalità  è alta. Purtroppo la verità  è peggiore”. Il Times dedica poi una pagina intera al caso, scrivendo che il settimanale Oggi avrebbe ricevuto l’offerta di foto e video: “Una foto del capodanno 2008 in cui il premier è con Noemi Letizia e miss Oronzo, entrambe 17enni all’epoca” e due video ripresi a Villa Certosa e quattro a Palazzo Grazioli, in uno dei quali Noemi “fa una danza sensuale su un palcoscenico”.
Berlusconi è sopravvissuto a molti scandali, osserva il Times, ma questa è “la minaccia legale più grave da quando salì per la prima volta al potere nel 1994”.
“Sta per finire in galera?” titola senza mezzi termini l’Independent di Londra, in un’analisi dettagliata di tutti i nuovi capi di imputazione contro il premier. L’Independent chiede il parere di James Watson, docente di scienze politiche all’American University di Roma, che afferma: “E’ chiaro a questo punto che Berlusconi non si libererà  delle minacce legali. L’unico dubbio è se le combatterà  da Roma o dall’esilio in Antigua”.
L’Economist, il settimanale globale che vende un milione e mezzo di copie in tutto il mondo, scrive: “Il primo ministro italiano, Silvio Berlusconi, è stato raramemente fuori dai problemi nei suoi 18 anni di carriera politica, ma le ultime accuse mosse contro di lui dagli inquirenti milanesi sembrano il problema peggiore che ha mai avuto fino a questo punto”.
In una corrispondenza da Roma, il settimanale nota che le 800 pagine di imputazioni descrivono Berlusconi come “uno che passa il tempo libero come se fosse uno dei più sordidi imperatori romani”.
L’Economist giudica “probabile” che il processo per il Rubygate si farà  e richiama l’attenzione sul “linguaggio pericoloso” usato dal premier e dalla Lega Nord quando parlano di prepararsi a una “guerra totale”.
Anche il quotidiano progressista britannico Guardian mette l’accento sulla minaccia di “guerra totale” pronunciata dagli alleati di Berlusconi all’indirizzo di giudici, media, opposizione, mentre il conservatore Telegraph riferisce anche dell’altra vicenda emersa di recente, i presunti rapporti a pagamento tra il primo ministro e Sara Tommasi, “che prima lo chiamava ‘amore’ e poi lo ha accusato di abuso di potere”.
Il Financial Times online, accanto all’articolo di cronaca, pubblica una mappa interattiva dal titolo “La politica e gli scandali di Berlusconi” dove si ripercorrono, dal 1994 ad oggi, le vicende del Cavaliere “perseguitato da una sequenza di casi giudiziari”.
In Spagna la vicenda è tornata sui principali quotidiani.
El Pais si sofferma sulla reazione del premier e titola “Berlusconi: ‘i giudici sono uno schifo e infangano l’Italia’”.
In Francia, la notizia è ripresa da Le Figaro che si chiede “se il premier affronterà  i giudici”.
Mentre per France Soir l’interrogativo è: “Berlusconi sarà  presto giudicato?”.
Oltreoceano, la Cnn online ricorda che “l’accusa” per il caso Ruby “non è l’unica questione legale che sta affrontando Berlusconi” e osserva che, nonostante “il premier abbia superato due voti di fiducia negli ultimi mesi e il suo partito goda di un vasto supporto in Italia, gli scandali, uno stile di vita da playboy e una serie di gaffe ben pubblicizzate hanno esposto il premier al ridicolo. E ci sono segnali che gli italiani siano stanchi del costante focalizzarsi sulle sue faccende personali”.
Il Boston Globe, in un editoriale dal titolo “Crimini, non giochi”, osserva che gli italiani non “hanno bisogno di essere puritani per decidere che Berlusconi non è adatto a governare”.
Nel resto del mondo, la notizia è in evidenza sul canale di news australiano Abc, sul sito della tv del Qatar Al Jazeera ed è riportata anche dall’agenzia ufficiale cinese Xinhua.
Mentre in Sud America i principali quotidiani, dal Perù all’Argentina, si soffermano sul caso e in Brasile diversi media riferiscono che anche “il nome di Ronaldinho è coinvolto negli scandali di Berlusconi”.

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PARTITINO? NO PRIMO POLO: AL VIA, A MILANO, LA COSTITUENTE DI FUTURO E LIBERTA’

Febbraio 11th, 2011 Riccardo Fucile

DA OGGI A DOMENICA, FINI E’ CHIAMATO A DEFINIRE L’IDENTITA’ DEL MOVIMENTO DAVANTI A DIECIMILA PERSONE AFFLUITE DA TUTTA ITALIA

In uno scenario che Carmelo Briguglio definisce «estremo, di tipo egiziano», da «vigilia di emergenza democratica e costituzionale», si apre oggi a Milano – al Padiglione 18 della Fiera di Rho-Pero – l’Assemblea Costituente di Fli.
Tre giorni, da oggi a domenica, quando Fini parlerà  come presidente eletto per acclamazione ma autosospeso per rispetto alla carica istituzionale, per comunicare a un mondo politico in cui la parola più spesa è «eversione» quale sia il progetto di Futuro e libertà , quali le scelte strategiche, di alleanze, di linea per l’immediato e per il futuro.
Parole necessarie, che tanti osservatori chiedono a Fini, che gli intellettuali d’area come il critico Campi (che dovrebbe partecipare all’assemblea) e la sferzante Ventura pretendono, per rendere chiaro se Fli sarà  solo «un partitino» perso nella galassia dei tanti che non hanno fatto la storia, o in nuce il motore di «un nuovo centrodestra, ancorato al Ppe, alternativo alla sinistra come al vascello familistico e arroccato di Berlusconi», come dice Adolfo Urso, che con la sua relazione aprirà  le assise.
E la novità  è che su questa posizione, sulla scelta di costruire un partito che «per l’immediato» si presenterà  alle elezioni amministrative assieme a Udc e Api, ma che per il futuro si pone l’obiettivo di diventare il «primo polo» del centrodestra, attrattivo per i «sedici milioni di italiani» che hanno scelto la coalizione al governo e per tutti gli altri scontenti e delusi da questa politica, sembrano convergere tutte le anime della creatura finiana.
Certo, nel dibattito che occuperà  l’intera giornata di domani, si ascolteranno toni diversi.
Come la posizione fermissima di Andrea Ronchi per un ancoraggio senza tentennamenti a un centrodestra «che si ispira al Ppe», come quella più antiberlusconiana di un Briguglio o di un Fabio Granata che pure annuncia che nascerà  una destra «repubblicana, costituzionale, legalitaria, per andare oltre il crepuscolo triste e decadente del berlusconismo».
Ma anche un «falco» come Italo Bocchino, rispetto all’ipotesi che da Milano venga rilanciata la necessità  di un’alleanza repubblicana che vada da Fli al Pd per battere Berlusconi, è netto: «Basta con questa propaganda berlusconiana. Noi siamo un partito di destra che ha come ambizione quella di battere la sinistra».
Se poi ci fosse davvero l’«emergenza democratica» che tanti paventano, chiaro che tutto «sarebbe possibile», ammettono in Fli.
Ma non è questo il tema dell’oggi.
Oggi, a Fini preme delineare le sfide di un partito che guarda al 2020 al grido di «la ricreazione è finita, basta con il circo mediatico».
Lo farà  davanti a una platea imponente – sono attesi 10.000 partecipanti -, da un palco di 50 metri dietro il quale svetterà  una collina ricoperta da un prato vero (che sarà  poi donato a una scuola di rugby del Milanese), da un megaschermo ipermoderno che fa da simbolo al «primo partito della terza repubblica», quella di Internet, delle iscrizioni telematiche (oltre centomila), della partecipazione diretta (20 mila i costituenti collegati online) con diritto di voto a portata di pc e un’agorà  informatica che ambisce ad essere la «wiki-politics» della politica italiana.

Paola Di Caro
(da “Il Corriere della Sera“)

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