Marzo 23rd, 2011 Riccardo Fucile
IL PROGETTO PER LA PIU’ GRANDE INFRASTRUTTURA LIBICA….GLI UOMINI DI ROBERTO CASTELLI, L’ANAS, IL RUOLO DI GEMME E IL BUSINESS PER IMPREGILO DELL’AMICO PONZELLINI….GLI AFFARI DELLA LEGA IN LIBIA CHE LA PORTANO A TIFARE PER GHEDDAFI: MEGLIO I SOLDI DEL RAIS CHE LA LIBERTA’ DEL POPOLO LIBICO
Forse la Lega teme davvero che il caos libico scaraventi sulle coste italiane un esodo biblico di disperati.
Ma sulle sue fibrillazioni probabilmente influisce anche un altro aspetto determinante: gli affari.
Proprio nel momento in cui stava accarezzando l’idea di diventare il pivot dei giganteschi business che insieme al petrolio e al gas riguardano il paese nordafricano, e cioè le grandi opere, le è capitata tra capo e collo la rivolta contro il raìs con tutto ciò che ne è seguito.
Visti da questa angolazione forse si capiscono meglio i clamorosi distinguo di Umberto Bossi nei confronti delle decisioni del governo sulla Libia e i mal di pancia dei ministri leghisti dopo le missioni dei Tornado italiani sui cieli del nord Africa.
Lontano dai riflettori, ma molto nel concreto, la Lega negli ultimi tempi stava diventando il partito che più di altri avrebbe goduto dei benefici effetti sugli affari delle grandi imprese italiane prodotti dall’ormai famoso Trattato di amicizia, partenariato e cooperazione firmato con grande solennità il 30 agosto di tre anni fa a Bengasi tra Silvio Berlusconi e il colonnello Gheddafi. In base a quell’intesa l’Italia si impegnava a versare alla Libia circa 5 miliardi di euro a titolo di risarcimento per i danni di guerra.
Nello stesso tempo si stabiliva che il nostro paese avrebbe partecipato alla realizzazione della più grande infrastruttura del nord Africa dei prossimi decenni e cioè l’autostrada costiera che avrebbe attraversato la Libia da Ras Adir ad Emsaad, dal confine tunisino ad ovest fino a quello egiziano ad est. Millesettecentocinquanta chilometri di asfalto in totale.
Valore stimato dell’opera, oltre 4 miliardi di euro.
L’operazione autostrada era concretamente partita tre mesi fa con la regia dell’Anas, azienda statale italiana delle strade guidata da Pietro Ciucci.
Anzi, l’affare era stato avviato sotto la supervisione dell’ala leghista della società stradale, rappresentata dal consigliere di amministrazione Claudio Andrea Gemme, un manager genovese che è anche amministratore delegato di Ansaldo sistemi industriali, ma soprattutto è il referente nell’azienda delle strade del vice ministro delle Infrastrutture, il leghista Roberto Castelli.
Otto mesi fa Gemme fu nominato coordinatore di un nuovo gruppo di lavoro costituito dall’Anas, il gruppo Attività internazionali, a cui fu affidato il compito di seguire gli affari attualmente concentrati soprattutto in tre paesi: l’Algeria, l’Iraq e in prospettiva la Libia.
Di questo comitato fa parte lo stato maggiore Anas, da Alfredo Bajo, responsabile delle nuove costruzioni, manager in passato collaboratore di Carlo Toto, proprietario di Air One e uno dei “patrioti” dell’Alitalia, a Michele Adiletta, direttore centrale dell’esercizio stradale, Eleonora Cesolini, responsabile ricerca e innovazione, Stefano Granati, ex condirettore della società Stretto di Messina.
Alla fine del 2010 questo gruppo aveva già portato a casa i primi risultati: l’ambasciata libica aveva affidato all’Anas il servizio di advisor per la futura autostrada.
Ricevendo in cambio 125 milioni e mezzo di euro, l’azienda italiana delle strade avrebbe dovuto svolgere compiti delicatissimi e nevralgici come pianificare le procedure, convalidare i progetti, espletare le gare d’appalto per il successivo affidamento dei lavori alle imprese e infine garantire l’alta sorveglianza sui lavori stessi.
In pratica su impulso del gruppo internazionale del leghista Gemme, l’Anas stava diventando il punto di riferimento per la nuova grande opera libica.
I lavori erano stati suddivisi in quattro lotti e il primo del valore di 835 milioni di euro era stato affidato ad un consorzio guidato da Maltauro, il gruppo che aveva costruito le ville di Berlusconi ad Antigua e più di recente la nuova sede compartimentale Anas all’Aquila.
L’affidamento dei lavori degli altri lotti era previsto per il prossimo settembre e molti all’Anas davano per scontato che questa volta sarebbe toccato ad Impregilo, la grande azienda già impegnata sulla Salerno-Reggio Calabria, scelta per il futuro ponte di Messina e guidata da Massimo Ponzellini, considerato il manager e il banchiere più vicino alla Lega.
Daniele Martini
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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Marzo 23rd, 2011 Riccardo Fucile
VIESPOLI HA SPACCATO PER CONTO TERZI IL GRUPPO DI FUTURO E LIBERTA’ AL SENATO DI CUI ERA CAPOGRUPPO PERCHE’ TEMEVA L’ABBRACCIO DI FINI CON BERSANI E VENDOLA…ADESSO NELLA SUA CITTA’, A BENEVENTO SOSTIENE IL CANDIDATO DEL PD
Sono impazziti tutti? 
Serve veramente un bagno di napalm alla politica italiana?
Sentite cosa succede a Benevento.
Un’alleanza anomala, tra Pasquale Viespoli, Clemente Mastella e Ciriaco De Mita, appoggerà nella corsa alla poltrona di sindaco Carmine Nardone, esponente di punta del PD campano, storico rappresentante della sinistra, già presidente della Provincia e parlamentare del Pds, che si presenta non come PD, ma con una serie di liste civiche e che rischia di danneggiare seriamente la battaglia del candidato del centrodestra, Roberto Capezzone.
Una battaglia già difficile, quella contro il sindaco uscente di centrosinistra Fausto Pepe, ma che diventa ancora più complicata con Viespoli, Mastella e De Mita che appoggiano Nardone.
E’ soprattutto la scelta di Viespoli a togliere il sonno ai responsabili del PDL beneventano: l’ex capogruppo al senato di Fli, ritornato armi e bagagli in maggioranza dopo aver abbandonato i finiani, e diventato capogruppo di Coesione Nazionale, a Benevento sostiene Nardone (PD) proprio contro il PDL.
Insomma, Pasquale ci ha fatto due balle tanto e ha spaccato e distrutto il gruppo al Senato di FLI con la giustificazione che non si poteva rischiare l’ammucchiata con Bersani e Vendola e adesso, con il credito incassato grazie alla sua piroetta da voltagabbana, va a sostenere il PD in una città , Benevento, dove ha fatto due volte il sindaco per An, vincendo sempre con percentuali bulgare attorno al 67 per cento.
E meno male che ha per settimane aveva pure fatto la morale agli altri per giustificare la sua squallida operazione.
Che coerenza Pasqualino.
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Marzo 23rd, 2011 Riccardo Fucile
VIA LIBERA ALLA NOMINA DELL’ESPONENTE DEI RESPONSABILI, CON PASSAGGIO DI GALAN AI BENI CULTURALI…SENZA LA GARANZIA DI UN MINISTERO, NON AVREBBERO VOTATO A FAVORE DELLE LEGGI AD PERSONAM…”CHIARIRE PRESTO LE PESANTI IMPUTAZIONI”: ROMANO E’ SOTTO INCHIESTA PER MAFIA E CORRUZIONE… BOCCHINO: “UN PREMIER SOTTO RICATTO”
Va in porto il rimpasto di governo a lungo inseguito da Silvio Berlusconi, ma non senza intoppi.
Saverio Romano ha giurato oggi al Quirinale in veste di nuovo ministro dell’Agricoltura, ma il presidente della Repubblica non ha mancato di fare pesare le sue perplessità per le pesanti ombre giudiziarie che gravano sull’esponente dei Reponsabili.
“Il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano – si legge in una nota del Colle – dal momento in cui gli è stata prospettata la nomina dell’onorevole Romano a ministro dell’Agricoltura, ha ritenuto necessario assumere informazioni sullo stato del procedimento a suo carico per gravi imputazioni”.
“A seguito della odierna formalizzazione della proposta da parte del presidente del consiglio, il presidente della Repubblica ha proceduto alla nomina non ravvisando impedimenti giuridico-formali che ne giustificassero un diniego – prosegue il comunicato – Egli ha in pari tempo auspicato che gli sviluppi del procedimento chiariscano al più presto l’effettiva posizione del ministro”.
Romano prende il posto di Galan, spostato ai Beni culturali, poltrona lasciata vuota dall’ufficializzazione delle annunciate dimissioni di Sandro Bondi.
Proprio ieri il Giornale di Sicilia aveva rivelato l’intenzione del gip palermitano Giuliano Castiglia di non voler archiviare l’inchiesta che vede il neoministro indagato per concorso esterno in associazione mafiosa.
Contro Romano resta in piedi inoltre anche un procedimento per corruzione aggravata dal fatto che sarebbe stata finalizzata a favorire Cosa Nostra nato dalle dichiarazioni di Massimo Ciancimino.
“La posizione di Napolitano dimostra in maniera incontrovertibile che Silvio Berlusconi non è più in grado di agire liberamente nella sua attività di governo. Ha, infatti, dovuto sottostare al diktat dei Responsabili e nominare ministro Saverio Romano nonostante le note e annunciate perplessità del Quirinale – afferma il capogruppo di Fli alla Camera Italo Bocchino – E’ ormai evidente che siamo in una situazione senza precedenti che mette a repentaglio la libertà di azione del presidente del Consiglio”.
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Marzo 23rd, 2011 Riccardo Fucile
FINISCE 11-10, GRAZIE AL VOTO DEI “RESPONSABILI” CHE IN CAMBIO HANNO OTTENUTO IL MINISTERO DELL’AGRICOLTURA PER ROMANO…UN GOVERNO SOTTO RICATTO PERENNE CHE PENSA SOLO ALL’IMPUNITA’ DEL PREMIER…DOMANI IL PARERE DELLA GIUNTA PER IL REGOLAMENTO…LA PROCURA DI MILANO: IL PROCESSO ANDRA’ AVANTI COMUNQUE
La Camera dovrebbe sollevare conflitto di attribuzione contro il tribunale di Milano. 
La Giunta per le Autorizzazione di Montecitorio ha votato (11 sì Pdl-Lega-Iniziativa responsabile e 10 no, Pd, Udc, Fli, Idv) il parere favorevole.
Domani arriverà invece il parere della giunta per il regolamento presieduta da Gianfranco Fini, quindi la decisione dell’ufficio di presidenza che dovrà stabilire se sulla materia sarà necessario un voto dell’aula della Camera, come richiesto dal Pdl.
Ma dalla Procura di Milano fanno sapere che il processo non si fermerebbe anche qualora la questione del conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato arrivasse davanti alla Corte Costituzionale, dopo il voto di Montecitorio.
Nel parere la maggioranza scrive che la giunta “esprime che la Camera, a tutela delle sue prerogative costituzionali, debba elevare un conflitto d’attribuzioni nei confronti dell’autorità giudiziaria di milano, essendo stata da quest’ultima lesa nella sfera delle sue attribuzioni riconosciute dall’articolo 96 della costituzione”. In pratica, per la giunta, hanno ragione i capigruppo della maggioranza nel ritenere che il reato di cui è accusato Berlusconi (concussione per la telefonata alla questura di milano) sia di natura ministeriale, avendo agito nella sua funzione di presidente del consiglio.
Nel parere si sottolinea anche la necessità di una presa di posizione dell’assemblea della Camera “in quanto sede ultima delle decisioni della Camera, in particolare quando tali decisioni involgono rapporti con altri poteri dello Stato, attraverso un’iniziativa coerente e conseguente rispetto alle precedenti deliberazioni da esse assunte nella seduta del 3 febbraio, sorrette da valutazioni poi del tutto ignorate dai giudici”.
Il passaggio sull’aula sede ultima la decisione è stato censurato durante la riunione da Futuro e Libertà .
Nino Lo Presti ha infatti sottolineato che questo passaggio non può impegnare nè la Giunta del regolamento, convocata per domani, nè l’Ufficio di presidenza. Si tratta “di un riferimento improprio – ha detto Lo Presti – che non è materia della Giunta”.
Il Pd invece attacca l’arrivo “in extremis” dei due Responsabili Elio Belcastro e Bruno Cesareo (senza di loro la maggioranza sarebbe andata sotto).
I due parlamentari sono arrivati nella sala della giunta per le autorizzazioni a procedere solo alle 11:30, nonostante l’assemblea fosse convocata invece dalle 9:15.
Un arrivo trafelato che non passa inosservato.
Tanto che i parlamentari dell’opposizione, tra cui Marilena Samperi del Pd, fanno notare: “I due responsabili sono arrivati nella sala della giunta quando stavano circolando le notizie della nomina di Saverio Romano a ministro dell’Agricoltura. L’affaire Ruby, già torbido e mortificante, si arricchisce di elementi inquietanti che non fanno certo bene alle istituzioni e avvalorano la tesi di un presidente del consiglio ricattato”.
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Marzo 23rd, 2011 Riccardo Fucile
VIA LIBERA DELLA COMMISSIONE GIUSTIZIA DELLA CAMERA ALL’EMENDAMENTO DEL PDL CHE RIDUCE I TEMPI DI PRESCRIZIONE PER GLI INCENSURATI…E’ LA NUOVA NORMA AMMAZZA-PROCESSO MILLS
Spudorati.
Mentre il resto del mondo guarda con apprensione al conflitto libico e alle conseguenze del disastro nucleare giapponese, i fedeli scudieri di Berlusconi non perdono di vista l’obiettivo prioritario di sempre: salvarlo dai processi.
E consentirgli di continuare a puntare al Quirinale senza che la macchia di una condanna, anche solo di primo grado, gli ostacoli il cammino.
È pronta la nuova legge ad personam, scritta apposta per B. su misura del processo Mills. E non ci sarà verso di fermarla.
Di norme solo per lui, il Caimano ne ha collezionate tante, ma quella che ieri pomeriggio ha preso forma nella commissione Giustizia della Camera è stata disegnata addosso a Berlusconi e a uno dei suoi processi, quello che potrebbe arrivare prima degli altri alla condanna di primo grado.
Il relatore del provvedimento sul processo breve, l’avvocato pidiellino Maurizio Paniz, è riuscito a far approvare — ovviamente a maggioranza — un emendamento che taglia di netto la prescrizione per gli incensurati mentre allunga i tempi della prescrizione per chi è recidivo.
La norma “salva B.” è costruita davvero di tutto punto.
Per stare tranquillo di aver servito il Caimano di barba e capelli, Paniz ha previsto la modifica dell’articolo 161 del codice penale con l’inserimento di un comma (articolo 4 bis nel ddl) che riduce da un quarto a un sesto l’aumento del tempo necessario a prescrivere i reati commessi da imputati incensurati.
E, ciliegina sulla torta, le misure non si applicano a tutti quegli imputati per i quali non è stata pronunciata la sentenza di primo grado.
Se il processo breve, così come riscritto da Paniz con la prescrizione a misura di B, dovesse essere approvato dal Parlamento in tempi rapidi (si parla della metà di aprile) il processo Mills andrà in prescrizione non nel febbraio 2012 ma, addirittura, a fine maggio 2011.
Una data talmente vicina da rendere impossibile ogni tentativo, da parte dei giudici milanesi, di accelerare le udienze per cercare in tutti i modi di chiudere almeno il primo grado di giudizio.
Per non parlare, poi, dei processi Mediaset e Mediatrade, già comunque destinati alla prescrizione prima, figurarsi adesso.
Diverso il discorso riguardante il processo Ruby che, tuttavia, potrà beneficiare in prospettiva della nuova norma.
L’approvazione, infatti, è assolutamente scontata.
Il processo breve arriverà alla Camera lunedì 28 ed è più che probabile che in aula si formi la stessa maggioranza che ha consentito il passaggio della prescrizione breve in commissione, ovvero Pdl, Lega più Responsabili.
Se saranno tutti presenti, la maggioranza arriverà a quota 316.
Il passaggio al Senato non dovrebbe prevedere scossoni di sorta, tanto che lo stesso Paniz, ieri sera alla fine della turbolenta sessione in commissione, preconizzava tranquillamente un’approvazione definitiva per la fine di aprile.
E il Quirinale firmerà ?
Difficile che il capo dello Stato, convenivano amaramente ieri anche nell’opposizione, alzi la penna davanti a una legge che, per quanto costruita a misura di B, di fatto gratifica gli incensurati nell’ottica di una giustizia più garantista.
Ed è anche in virtù di questa valutazione che ieri, in commissione Giustizia, l’opposizione a un certo punto ha considerato colma la misura della sopportazione decidendo di abbandonare l’aula non avendo altre armi di contrasto effettivo.
“Non c’è alcuna possibilità di fare una riforma condivisa — commentava furente Donatella Ferranti del Pd — finchè c’è dentro questa norma sulla prescrizione”. “Hanno approfittato di questo treno — era invece l’opinione del centrista Lorenzo Ria — per far approvare l’unica cosa che importa davvero a Berlusconi in questo momento”.
Lapidario il Pd: “La maggioranza sta approfittando di questa situazione in cui i riflettori dei media sono tutti puntati sulla Libia per far approvare l’ennesima norma ad personam; d’ora in poi il Parlamento sarà di nuovo occupato solo delle beghe di Berlusconi”.
Perchè non c’è mica solo il processo breve, c’è anche il conflitto d’attribuzione. Proprio oggi la Giunta per le autorizzazioni darà parere favorevole alla possibilità della Camera di sollevare il famoso conflitto davanti alla Corte costituzionale.
Il parere passerà poi al vaglio dell’ufficio di presidenza sempre della Camera (Fini non si metterà di traverso) e salvo un breve passaggio in Giunta del Regolamento, planerà nell’aula di Montecitorio intorno ai primi di aprile.
A quel punto, con un voto che Berlusconi si aspetta di dimensioni bulgare in positivo, il conflitto arriverà davanti alla Corte Costituzionale.
Secondo i calcoli sempre dell’onnipresente Paniz (un avvocato che sta scalzando persino Ghedini nel cuore del Cavaliere) entro 8 mesi la Corte darà il proprio verdetto.
Se sarà positivo, Berlusconi sarà a posto e il processo Ruby cadrà nel dimenticatoio, ma in caso di “sconfitta”, il Cavaliere non si perderà d’animo; userà “l’ennesima sentenza contro di lui” come bandiera nella campagna elettorale.
Sara Nicoli
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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Marzo 23rd, 2011 Riccardo Fucile
INDICA NEL CURRICULUM SULLE PAGINE DEL GOVERNO UN MISTERIOSO MASTER ALLA BOCCONI, MA IL SETTIMANALE “OGGI” RIVELA: “ALLA BOCCONI NON RISULTA MAI CONSEGUITO”… LEI DICE DI AVERE UN ATTESTATO, MA POI PARE NON TROVI NEANCHE QUELLO, CAUSA TRASLOCHI
Secondo il settimanale della Rcs, il sottosegretario alla presidenza del Consiglio non ha
mai ottenuto un master all’università milanese.
Il dato, secondo il giornale, viene confermato dallo stesso ateneo
La laurea c’è, il master no.
Eppure il curriculum del sottosegretario alla presidenza del Consiglio Daniela Santanchè pubblicato sul sito del governo recita testualmente: “Laureata in Scienze politiche, consegue un master alla Sda Bocconi”.
La verità , dunque, dove sta?
A rispondere è la stessa università milanese: “Abbiamo verificato e dalla nostra banca dati alunni non risulta abbia frequentato un nostro master o mba. Non possiamo escludere, ma non abbiamo modo di verificare, che abbia frequentato un corso breve”.
La Sda della Bocconi, continua il settimanale Oggi, ”organizza in continuazione seminari di aggiornamento per manager che durano uno o più giornate. E di queste decine di migliaia di persone non conserva traccia. Ma sono corsi che non possono essere certo confusi con un master’.
Infine il settimanale ricorda che “pochi giorni fa l’astro nascente della politica tedesca, il ministro della Difesa Karl-Theodor zu Guttenberg, ha dovuto dimettersi perchè si è scoperto che aveva copiato parti della tesi di dottorato, domandandosi “cosa farà adesso Daniela Santanchè?”.
Immediate le reazioni politiche di Ettore Rosato dell’Ufficio di Presidenza del Gruppo del Pd. “Se tutto è vero — dice Rosato — , Daniela Santanchè abbia la decenza di dimettersi dal suo incarico di sottosegretaria”.
Quindi prosegue: “Se il sottosegretario non è in grado di dimostrare il contrario non ha altre strade se non quella di rinunciare al suo incarico istituzionale e di farlo anche rapidamente”.
Identica posizione quella della Idv. “Se la notizia fosse confermata — dice Leoluca Orlando — , che un membro del governo inserisca il proprio curriculum taroccato e lo esponga in bella vista sul sito ufficiale dell’esecutivo, prendendo così in giro gli italiani”.
La ex rivoluzionaria replica di aver fatto un corso di 12 mesi e di avere un attestato. Ma per la Bocconi, ammesso che la tesi della sottosegretaria fosse provata, una cosa è un attestato, altra cosa un master, riconosciuto all’estero e che quindi deve corrispondere a precisi parametri.
La Santanchè peraltro ha sostenuto ieri sera che l’attestato non lo trova, a causa dei suoi ripetuti traslochi.
Non è chiaro se si riferisse a quelli di casa o a quelli politici che l’hanno portata in pochi anni da An al Pdl, poi a “la Destra”, quindi al Movimento per l’Italia e ora di nuovo al Pdl.

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Marzo 23rd, 2011 Riccardo Fucile
SPUNTA ANCHE UNA NUOVA INQUILINA NELL’ALLOGGIO DEL MARITO DELLA GOVERNATRICE…LA POLVERINI ORA DICE CHE E’ SEPARATA DI FATTO DAL MARITO, MA HA ABITATO IN QUELLA CASA SENZA AVERNE TITOLO, CAUSA REDDITO SUPERIORE…IL MARITO PAGA 380 EURO IN QUANTO LA OCCUPA ABUSIVAMENTE… E LO SFRATTO ORA RIPARTE
Chi abita realmente in via Bramante, nella casa dell’Ater dove Renata Polverini ha vissuto abusivamente per 15 anni, fino al 2004?
È questa la domanda a cui probabilmente sarà chiamata a rispondere la procura di Roma.
Secondo le indiscrezioni, alcuni dipendenti dell’azienda delle case popolari starebbero predisponendo un esposto da presentare a Piazzale Clodio per cercare di fare chiarezza su una situazione che si fa ogni giorno più misteriosa.
«Non vivo più lì e io e mio marito siamo separati di fatto (ma non legalmente, ndr)», si è difesa la presidente della Regione, che comunque ha vissuto in quell’appartamento anche quando era proprietaria di altri immobili e quando il proprio reddito familiare era ben superiore ai limiti di legge per ottenere l’alloggio pubblico.
Oggi nella casa popolare all’Aventino (380 euro di canone, compresa «l’indennità di occupazione abusiva») dai documenti risulta residente il marito Massimo Cavicchioli, già sfrattato dall’ente perchè non in possesso dei requisiti.
Lo sfratto però è stato misteriosamente bloccato in pratica proprio quando alla guida dell’Ater è arrivata Stefania Graziosi, nominata commissario da Renata Polverini.
In realtà però in quell’appartamento risulta residente anche un’altra persona: S.C., cittadina inglese di 53 anni.
Secondo i vicini invece non si vede spesso da quelle parti Massimo Cavicchioli.
«Forse abita da qualche altra parte», insinua qualcuno.
Era già successo in passato che avesse dato in prestito ad altre persone l’appartamento (cosa vietata dalla legge ed è anche questo uno dei motivi per cui in passato era stato avviato lo sfratto).
In ogni caso, essendo ancora sposato agli effetti di legge con Renata Polverini, Cavicchioli sfora ampiamente i tetti di reddito e disporrebbe, almeno in teoria, della casa della moglie.
«Se ci si fidasse delle separazioni di fatto, qualsiasi coppia potrebbe eludere la legge per mantenere la casa pubblica, pur avendone un’altra di proprietà . E un’amministratrice attenta come la presidente della Regione, dovrebbe saperlo bene», spiega uno dei dipendenti dell’Ater che sta preparando l’esposto alla procura.
L’assessore regionale alla casa, Teodoro Buontempo, proprio il giorno prima che scoppiasse lo scandalo, aveva annunciato insieme alla Polverini: «Cacceremo i furbi dalle case Ater».
Poi Buontempo è scomparso: non un commento, telefonino staccato da giorni.
E adesso, secondo il nuovo commissario Bruno Prestagiovanni, l’iter dello sfratto è ripartito.
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Marzo 23rd, 2011 Riccardo Fucile
“A VOLTE BISOGNA SCEGLIERE, VEDO APPELLI CONTRO I RAID AEREI SOLO IN ITALIA O DAI NEOSTALINISTI GRECI”… “SONO PRIGIONIERI DELLE CATEGORIE IDEOLOGICHE DEGLI ANNI ’50”
«Attenti, ragazzi, chi scende in piazza contro la missione internazionale cerca magari una terza via ma di fatto non è neutrale, bensì sta con Gheddafi. Perchè niente cortei quando Gheddafi massacrava il suo popolo? Ricordate Francia e Gran Bretagna del ’36, che lasciarono sola la Repubblica spagnola contro Franco, Hitler e Mussolini».
Daniel Cohn-Bendit, leader verde europeo, è durissimo.
In piazza per la pace: solo in Italia o anche altrove?
«In Germania si va in piazza contro l’atomo. Vedo appelli anti-raid aerei solo in Italia, o in Grecia dai neostalinisti. Finiscono per schierarsi con la Cina, Putin e Chavez. Sono prigionieri delle categorie degli anni ’50».
Insomma, la ricerca di una “terza via” non la convince?
«In Italia vedo appelli a protestare mossi dall’ossessione assoluta e accecante della mitica lotta contro l’imperialismo americano. Come fa Vendola a dire nè con Gheddafi nè con le bombe? Non faccio paragoni col triste slogan “nè con lo Stato nè con le Br”, ma mi ricordo del 1936. Madrid democratica fu lasciata sola contro Franco, la Legion Condor di Hitler e i reparti di Mussolini. Risultato: stragi, 50 anni di franchismo, e nel ’39 la seconda guerra mondiale».
Scusi, ma la voglia di pace, di un’altra via tra la guerra e il tiranno, non è importante?
«Arriva il momento in cui bisogna fare scelte. La Resistenza italiana, francese o jugoslava fu giusta, ma sanguinosa. Gli Alleati non la lasciarono sola. Che lo voglia o no, chi vuol lasciare soli i rivoluzionari libici è con Gheddafi, non è neutrale. E schiavo di miti come l’ossessione della pace a ogni costo che a Monaco 1938 portò Londra e Parigi a cedere a Hitler. O il mito del patto Molotov-Ribbentrop, giustificato dall’Urss perchè anti-imperialista».
E la nonviolenza alla Gandhi?
«Gandhi vinse contro un imperialismo democratico, non contro un tiranno sanguinario pronto a sterminare il suo popolo. Gandhi potè trovare una terza via, per i rivoluzionari libici la terza via non esiste sul campo. È triste che non lo si capisca. Agire è giusto, come lo fu contro Milosevic e i suoi massacri in Bosnia e in Kosovo. La guerra è sanguinosa, lo fu anche la Resistenza nell’Europa occupata dall’Asse. Ma allora gli italiani dovrebbero rinnegare la Resistenza? I jet occidentali hanno fermato i Panzer di Gheddafi che puntavano su Bengasi per un bagno di sangue. E in Tunisia ed Egitto la rivoluzione ha vinto perchè gli Usa, influenti sulle forze armate locali, le hanno convinte a non fare stragi. In Libia è diverso».
La voglia della “terza via” però è forte in una parte dell’opinione pubblica? Perchè, secondo lei?
«Per i precedenti della guerra in Iraq, dove non c’era un movimento rivoluzionario da appoggiare, e perchè in Afghanistan la situazione è difficile. Ma ricordiamo che dopo la prima guerra alleata in Iraq (contro l’occupazione irachena del Kuwait-ndr), prima ci fu la no-fly zone, poi Saddam massacrò 500mila sciiti e sterminò col gas un’intera città curda. Spesso chi protesta nel mondo del benessere non s’immagina cosa sia vivere sotto dittatori come Gheddafi. Ciò ha a che fare con ideologie marxiste-leniniste: il mondo diviso in cattivi e buoni, l’imperialismo cattivo e tutti i suoi nemici buoni».
Come giudica la non partecipazione della Germania alla coalizione anti-Gheddafi?
«Merkel e Westerwelle sono opportunisti, fiutano aria di pacifismo e temono per le elezioni di domenica. Potrei capirli solo se criticassero l’amicizia passata di Berlusconi e Sarkozy con Gheddafi, ma non lo fanno. In troppi amano solo le rivolte che vengono sconfitte, facile poi chiudere gli occhi davanti alla repressione, come con la Spagna lasciata a Franco».
Andrea Tarquini
(da “La Repubblica”)
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Marzo 23rd, 2011 Riccardo Fucile
OGNI RICOMPARSA DI BERLUSCONI HA COINCISO CON DEVASTANTI TRAGEDIE: ALLUVIONI, TERREMOTI, L’11 SETTEMBRE, LE GUERRE IN AFGHANISTAN E IN IRAQ, LE SCONFITTE AI MONDIALI DI CALCIO…E’ BASTATO CHE UNA VOLTA PERDESSE LE ELEZIONI E ABBIAMO VINTO I MONDIALI…COME E’ TORNATO, SI E’ SCATENATA LA CRISI FINANZIARIA, LO TSUNAMI E IL PERICOLO NUCLEARE…E PER I SUOI AMICI BEN ALI, MUBARAK E GHEDDAFI E’ STATA UNA TRAGEDIA
Claudio Rinaldi si domandava spesso come mai gli oppositori di B. non insistano mai su
un argomento a presa facile e rapida, per un popolo superstizioso come il nostro: l’indiscutibile e formidabile potere jettatorio del Cavaliere.
Non su tutti, si capisce: a se stesso ha sempre portato buono, mentre agli altri, cioè a tutti noi, ha sempre menato gramo.
La cronologia parla da sè.
1994: B. è al governo da un mese e l’Italia perde in malo modo il Mondiale di calcio; cinque mesi dopo si scatena sul Nord Italia un’alluvione da paura; poi Bossi gli stacca la spina.
Seguono cinque anni relativamente tranquilli, durante i quali l’Italia entra persino in Europa e Mediaset entra persino in Borsa. 2001: è tornato al governo da quattro mesi, ed ecco l’11 settembre, seguito dalle guerre in Afghanistan e in Iraq con tutti gli annessi e connessi, comprese le sconfitte dell’Italia agli Europei e ai Mondiali di calcio.
Nel 2006 torna Prodi e l’Italia vince i Mondiali di Germania.
Nel 2008 il Caimano rientra a Palazzo Chigi ed ecco abbattersi sul pianeta la più devastante crisi finanziaria dal 1929.
Gli amici Blair e Bush, reduci dalle scampagnate col terzo B., chiudono le rispettive carriere inseguiti dai loro popoli inferociti.
Nel 2010 l’Italia perde il solito Mondiale.
Lui frattanto chiama la questura per spacciare Ruby per la nipote di Mubarak e al raìs egiziano, al potere da trent’anni, cominciano a fischiare le orecchie.
Poi spiega che il bunga-bunga gliel’ha insegnato Gheddafi, al quale cominciano a prudere le terga.
Tanto più che B. gli ha appena baciato l’anello.
Nella conferenza stampa di fine anno B. dichiara orgoglioso: “Sono amico personale di Mubarak, Ben Alì e Gheddafi”.
I tre sventurati non fanno in tempo a toccarsi e vengono travolti l’uno dopo l’altro dalle rivolte popolari in Egitto, Tunisia e Libia.
Putin sospende prudenzialmente tutti gli incontri con l’amico B. e, per precauzione, gli fa rispondere al telefono da un bravo imitatore.
Non sia mai che il contagio si trasmetta anche per via vocale.
Intanto B. annuncia il ritorno al nucleare dopo 24 anni: gli effetti si fanno subito sentire a Tokyo, con l’esplosione della centrale di Fukushima col contorno di terremoto e tsunami.
Ora Gheddafi fa lo slalom fra le bombe e i missili che gli sganciano i caccia occidentali, compresi i nostri.
Non che il Colonnello sia un campione di coerenza e di affidabilità : ma, in confronto al nostro, lo diventa.
Meno di tre anni fa, B. aveva firmato con lui, a Bengasi, un “Trattato di amicizia, partenariato e cooperazione” che prevedeva — oltre a 5 miliardi di dollari di danni coloniali in cambio del blocco dei flussi migratori — l’impegno di ciascuno dei due paesi a non impicciarsi negli affari interni dell’altro: “Le Parti rispettano reciprocamente la loro uguaglianza sovrana, nonchè tutti i diritti a essa inerenti, compreso in particolare il diritto alla libertà e all’indipendenza politica. Esse rispettano altresì il diritto di ciascuna delle Parti di scegliere e sviluppare liberamente il proprio sistema politico, sociale, economico e culturale” (art. 2). Con tanti saluti ai diritti civili e umani: “Le Parti si astengono da qualunque forma di ingerenza negli affari interni o esterni che rientrino nella giurisdizione dell’altra Parte, attenendosi allo spirito del buon vicinato”.
Non solo: “L’Italia non userà nè permetterà l’uso dei propri territori in qualsiasi atto ostile contro la Libia e la Libia non userà nè permetterà l’uso dei propri territori in qualsiasi atto ostile contro l’Italia” (art. 4).
Cioè l’Italia diventava alleata della Libia, ma anche della Nato nemica della Libia. E B. s’impegnava a non fare nulla di ciò che sta facendo contro la Libia.
Il Parlamento italiano ratificò il tutto nell’aprile 2009 (Pdl, Lega e Pd).
E il povero Gheddafi si fidò. Peggio per lui.
Doveva saperlo che già prima di B. l’Italia non ha mai finito una guerra dalla stessa parte in cui l’ha iniziata.
Ora, con B., ci superiamo: restiamo alleati di Gheddafi (come da Trattato), però lo bombardiamo.
Ma solo un po’.
Marco Travaglio
(da “il Fatto Quotidiano“)
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