Dicembre 26th, 2011 Riccardo Fucile
IL TAGLIO DEI TRENI PER IL MERIDIONE STA CREANDO DISAGI A RAFFICA: VAGONI STRAPIENI E BIGLIETTI ESAURITI…MA SE SI VUOLE SALIRE SUL TRENO BASTA PAGARE 50 EURO DI SOVRATTASSA
Pagare 100 euro per un biglietto che ne costa 50.
Ritenersi fortunati, perchè in qualche modo si riesce a salire sul treno, pronti per un altro “viaggio della speranza”.
Bologna, Stazione centrale.
Sono le nove di venerdì sera e il “751” Bologna-Lecce è pieno come un uovo, fermo al binario 7.
Valige, cappotti, freddo, una lunga notte davanti.
L’unica carrozza che ha i posti a sedere — le altre sei sono destinate alle cuccette — è il miraggio dei viaggiatori.
I più fortunati hanno prenotato una delle 72 poltrone disponibili. Gli altri si sono accaparrati uno dei 15 posti in piedi “tollerati” lungo il corridoio.
In molti, invece, aspettano fuori, non hanno il biglietto ma cercano di partire.
I controllori potrebbero dire che non c’è posto, che non c’è nulla da fare.
Invece no, ecco l’escamotage: “Vuole salire? Allora, lei mi paga i 50 euro del biglietto più 50 euro di soprattassa e io la faccio entrare”, spiega un controllore.
“Come se avessi preso una multa?”, chiede stizzito un signore.
“Esatto. Ecco la ricevuta”.
Una multa prima di salire sul treno, a terra.
Come condizione per viaggiare.
Un rincaro del 100% sul costo iniziale del biglietto. Una pratica che va avanti da giorni: giovedì, a mezzanotte, Trenitalia ha dovuto chiamare ben due volte la Polizia ferroviaria. Famiglie, anziani e bambini chiedevano di salire sull’ultimo treno-notte per Lecce, il “757” delle 23.57.
Un assalto alla diligenza, l’ultima possibilità per partire.
Qualcuno minacciava denunce, “non potete fare una cosa del genere, 100 euro per stare in piedi!”.
Altri facevano collette per pagare i biglietti maggiorati.
Ben sessanta passeggeri, solo a Bologna, sono saliti in questo modo, pagando 100 euro invece di 50 per un posto in piedi, magari vicino al bagno.
Sessanta persone: quasi una carrozza in più.
Otto ore di viaggio.
Dormiranno per terra o sui portapacchi del corridoio, stipati e infreddoliti.
Dopo aver dovuto accettare una “multa” sulla banchina.
“In barba a tutte le norme di sicurezza ma anche alla civiltà ”, dice sconsolato un operaio.
E la stessa cosa è successa venerdì.
Prima, per salire sul treno-notte delle 21. Poi, ancora una volta a mezzanotte.
Con gli agenti della Polfer costretti a intervenire di nuovo per calmare gli animi.
Alle 23.57, però 30 persone restano a terra. Se fossero state 50, ci sarebbe stato un pullman in Autostazione ad aspettarli, per andare a Lecce.
Ma erano in 30, il bus non si sarebbe riempito ed è stato annullato.
Secondo Trenitalia, “non è successo niente di particolare. Chi sale senza biglietto deve pagare una maggiorazione di 50 euro”.
Si, ma a bordo, non a terra.
“E perchè? Più chiari e corretti di così”…
I posti in piedi, di regola, non dovrebbero essere più di 15, “ma è il capotreno che giudica se una carrozza è pericolosa o meno”.
“Invece di potenziare i treni per le festività , in particolare quelli a lunga percorrenza, i convogli vengono ridotti. Si prevede un taglio del 60% sulle vetture. Dal 13 dicembre viviamo nel caos, ogni sera è la stessa storia, un incubo. Io non ci dormo la notte a vedere come sono costretti a viaggiare i passeggeri. E questo metodo mi ha ferito veramente”, ammette un dipendente di Trenitalia.
I “Bologna-Lecce” ogni sera sono quattro (fino a qualche fa erano almeno il triplo, durante tutta la giornata), uno ogni ora dalle 21 a mezzanotte.
Solo sette carrozze.
Solo una per i posti a sedere.
Non basta mai.
Rosario Di Raimondo
(da “La Repubblica”)
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Dicembre 26th, 2011 Riccardo Fucile
LE INSIDIE PER I CONSUMATORI: CONTI CORRENTI A “ZERO SPESE”, MUTUI CHE NON COPRONO PIU’ L’INTERO PREZZO DELL’IMMOBILE, POLIZZE VITA LINKED, DISTRIBUITE DAL 2001 E ORA TOLTE DAL MERCATO
La crisi di liquidità sta mettendo in ginocchio il Paese che sta pagando a caro prezzo non solo una politica poco oculata, ma anche gli errori dei banchieri, la pesante leva finanziaria usata in passato e l’uso indiscriminato di prodotti finanziari strutturati.
Così i consumatori vedono lievitare i mutui, nonostante i tassi di interesse siano in discesa, anche a causa di una serie di prodotti accessori, mentre le imprese che hanno in mano le redini dell’occupazione vedono assottigliarsi l’accesso al credito.
E il rischio è ora di una spirale negativa senza fine in cui le informazioni alla clientela diventano un complesso manuale di istruzioni comprensibile solo ai tecnici.
Mentre il marketing punta come sempre sulla buona fede, attirando i consumatori con offerte allettanti sotto il profilo dei rendimenti, che però nel caso dei conti correnti a fine anno si rivelano una voce quasi ininfluente.
Non così le operazioni, che vengono invece adombrate. Non c’è da stupirsi.
Del resto la Commissione Ue lo ha decretato più di una volta: le banche italiane sono le più care d’Europa.
Secondo uno studio di Bruxelles datato dicembre 2010, l’anno scorso i costi pagati dagli italiani allo sportello erano superiori di due volte e mezzo rispetto alla media.
Che vedeva un cliente di banca in Italia spendere 253 euro all’anno per il suo conto corrente, contro i 112 euro della media europea e i 46 euro del Paese più conveniente, l ‘ Olanda. “Perchè queste differenze — aveva tuonato il commissario europeo per il mercato interno e i servizi finanziari, Michel Barnier – abbiamo un mercato unico, numerosi paesi hanno la stessa moneta e dal 2012 disporremo anche di un sistema unico di pagamenti”.
Il prezzo del risparmio.
Il conto zero spese è solo un sogno per la maggior parte dei consumatori. Già perchè anche quando la banca dice che non ci saranno costi, s’inventa mille cavilli per far pagare il correntista che raramente legge i lunghi contratti che sta stipulando.
Così, col passare dei giorni si scopre che prelevare in sportelli non appartenenti alla propria banca costa un paio di euro in Italia e ancor di più in altri Paesi europei, in barba all’Unione. Guai poi ad andare in rosso, il costo può far piangere per tutto il mese successivo.
E questo anche perchè la cancellazione della commissione di massimo scoperto è stata sostituita da altre voci.
Ma non si tratta dell’unico escamotage inventato dalle banche per far soldi.
Ci sono quintali di estratti conto cartacei con un costo di rendicontazione che può raggiungere i 4 euro.
Mille insidie, poi tra i servizi gratuiti, come la domiciliazione delle bollette, dove però le singole operazioni solitamente si pagano una ad una.
E ancora, i pacchetti con un tot di operazioni incluse che a conti fatti si finisce sempre col superare pagando salate quelle in eccesso.
La crisi di liquidità degli istituti, inoltre, rischia di pesare anche sulla trasferibilità del conto dato che le banche allungano i tempi: in attesa del via libera si finisce per pagare due conti in contemporanea.
Capitolo a sè i conti deposito con tassi civetta che ingolosiscono, ma al netto degli interessi passivi e dei costi di apertura possono rivelarsi una delusione.
Senza contare la penale per le uscite anticipate. Insomma, alla fine, un conto arriva a costrare 253 euro l’anno.
Mutui per la casa.
Comprare casa è diventato più difficile. Se nel 2000 le banche si offrivano di finanziare fino alla totalità del prezzo dell’immobile, la quota è scesa a settembre di quest’anno al 44 per cento: bisogna avere in contanti almeno la metà del valore dell’immobile per il finanziamento. Quindi, come rilevato da Mutui.it  , ad aprile gli istituti arrivavano a finanziare il 56 per cento. Non solo, spesso , alla richiesta di mutuo, la banca che lo deve concedere accampa altre pretese con “prodotti collaterali”.
Molti chiedono l’apertura di un conto corrente su cui “appoggiare il mutuo” o la sottoscrizione di polizze assicurative. Ovviamente non gratis.
Con l’avanzare della crisi e l’aumentare delle esigenze di liquidità degli istituti di credito italiani, poi, l’Adusbef ha anche rilevato l’applicazione nelle rate di alcuni mutui in essere di spread (maggiorazione pagata rispetto al parametro di indicizzazione oltre al tasso) superiori a quelli di mercato.
Le banche tentano anche di ostacolare i passaggi ad altri istituti di credito con tassi più vantaggiosi.
Come? Differendo a data da definirsi l’incontro nello studio notarile per la stipula dell’atto. Anche sul tema finanziamenti a breve, la situazione è tesa con i tassi sulle nuove erogazioni di credito al consumo saliti ad ottobre al 9,31% dal 9,24% del mese precedente.
E lo spuntare di finanziarie opache che promettono soluzioni in 24 ore.
Prestiti alle imprese.
Sempre più difficile l’accesso al credito per le piccole imprese, storicamente il vero tessuto produttivo e occupazionale del Paese.
Vittime in passato di derivati accoppiati ai finanziamenti di vario genere necessari all’azienda, oggi si scontrano con un accesso al credito sempre più difficile.
Per aprire i rubinetti, infatti, le banche chiedono loro il rispetto dei parametri internazionali di Basilea II, ma gli stessi dirigenti bancari sanno bene che, per le loro caratteristiche, le pmi del nostro Paese non sono riuscite ad allinearsi ai requisiti di patrimonializzazione richiesti dalla normativa.
Quindi scattano le garanzie personali e reali, spesso più consistenti del valore del finanziamento richiesto.
Lo sconto di fatture, poi, avviene più a singhiozzo e a prezzi meno interessanti rispetto al passato e così anche un tradizionale canale di finanziamento è meno accessibile.
La Confederazione nazionale dell’artigianato e della piccola e media impresa veneta ha anche riscontrato un allungamento dei tempi di istruttoria delle pratiche: se prima bastavano due o tre settimane oggi sono necessari cinque o sei mesi.
Tempi biblici per un’azienda impegnata a restare sul mercato. E se non ce la fa la banca si può rifare sulle garanzie.
Carte di credito.
Attenzione alle carte di credito che arrivano in omaggio con l’apertura del conto.
La fregatura principale è che di solito il primo anno non si pagano, ma poi sì.
E la disdetta va fatta per tempo via raccomandata.
Alla larga, poi, dalle carte revolving, pubblicizzate come infinite riserve di denaro da rimborsare a rate che però non finiscono mai e sono difficilissime da tenere sotto controllo. Specialmente per i salatissimi interessi che possono arrivare anche al 17 per cento.
Prodotti bancari.
La regola di guardarsi dalle super offerte negli investimenti finanziari vale in modo particolare, anche per le obbligazioni emesse dalla banca che sta cercando di venderle al suo cliente: la storia, come dimostra il caso del convertendo “allegro” della Bpm, è piena di sogni di guadagno trasformatisi in delusioni a caro prezzo.
Discorso che vale anche per i Btp day, offerte senza dubbio interessanti sotto il profilo dei rendimenti, ma da valutare accuratamente sotto quello dei rischi.
Bancoposta.
Attualmente, sul fronte dei servizi bancari, Poste Italiane risulta più corretta delle banche, delle quali è concorrente privilegiato anche solo per la capillarità della presenza sul territorio. Non mancano, però, i lati oscuri, come la fregatura delle polizze vita linked, distribuite dal 2001 fino a qualche anno fa e poi tolte dal mercato.
Alcune associazioni dei consumatori, poi, l’anno scorso hanno rilevato che su quattro casi di frodi nei pagamenti elettronici, solamente in uno le Poste hanno restituito le somme al consumatore e negli altri hanno addebitato la colpa al cliente tacciato di negligenza nella conservazione del pin.
Da segnalare poi l’azzeramento dei rendimenti del conto Bancoposta avvenuto quest’estate. Una mossa che Adusbef e Federconsumatori hanno letto come un escamotage per spingere il nuovo conto Bancoposta più “con più svantaggi che agevolazioni rispetto alle condizioni contrattuali che regolavano il vecchio Bancoposta che ha attirato milioni di utenti per la semplicità e la trasparenza dell’offerta, e per i bassi costi di tenuta conto”.
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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Dicembre 26th, 2011 Riccardo Fucile
QUATTRO MESI DI CARCERE PER UN IMPRENDITORE CHE HA COMPIUTO 1300 ESPERIMENTI ILLEGALI SUGLI ANIMALI… PER LA LAV E’ UNA SENTENZA STORICA: “CONFERMA CHE TUTTI GLI ANIMALI SONO OGGETTO DELLA NORMA PENALE SUL MALTRATTAMENTO (LEGGE 189 DEL 2004), SENZA DISTINZIONE ALCUNA E ANCHE SE OGGETTO DI SPERIMENTAZIONE”
Prima storica condanna in Italia a un laboratorio illegale di vivisezione.
Il procedimento penale che ha fruttato una condanna a 4 mesi di carcere per un imprenditore di Mirandola (Modena) è scaturito a seguito dell’intervento delle Guardie zoofile della Lav, coadiuvate dalla Guardia di Finanza, nel gennaio 2011 a cui era anche seguito il sequestro dei più di duecento animali presenti, detenuti miseramente in scaffali di stabulazione, poi salvati dalla associazione animalista.
Nei locali posti sotto sequestro quasi un anno fa erano stati compiuti più di 1300 esperimenti fuorilegge di biocompatibilità e sperimentati oltre 500 sostanze medicinali torturando fino alla morte cavie conigli e criceti.
E come se non bastasse, le operazioni dell’imprenditore modenese sono state affiancate, come scrive la Lav in un comunicato, dall’Università di Modena che ha di fatto prestato il suo nome a un privato che compiva esperimenti abusivi al fine di mettere a punto materiali e dispositivi medici all’interno di una vera e propria cascina, un casolare di campagna in condizione igienico-sanitarie assolutamente precarie.
”Un reato gravissimo, sia per le sofferenze inflitte agli animali sia per l’assenza di garanzie che un laboratorio clandestino può offrire alla collettività , e per il quale dunque avremmo voluto una pena ben più severa — afferma la Lega AntiVivisezione Emilia Romagna — Questa condanna è particolarmente importante perchè è la prima emessa in Italia per un caso di sperimentazione illegale e, inoltre, perchè conferma che tutti gli animali sono oggi oggetto della normativa penale sul maltrattamento (legge 189 del 2004), senza distinzione alcuna, anche se oggetto di attività speciale, come in questo caso la sperimentazione animale”.
L’episodio si aggiunge ad una lunga e significativa serie di battaglie animaliste contro la vivisezione non più solo ideali ma reali che sta portando i primi importanti risultati.
Come ad esempio l’allevamento lager di cani e roditori destinati al laboratori di vivisezione Stefano Morini di San Polo d’ Enza (RE), chiuso nel 2010, in piedi fin dal 1953 dopo la formazione di uno speciale coordinamento animalista dal nome programmatico “Chiudere Morini” attivo dal 2002.
Altro obiettivo recente delle associazioni è stata la richiesta di chiusura per la Green Hill in provincia di Brescia, altro allevamento lager candidato ad essere uno dei più grossi d’Europa e acquistato da pochi anni dall’azienda americana Marshall Farm Inc., la più grande “fabbrica di cani” da laboratorio al mondo.
Da Montichiari, piccolo e anonimo comune bresciano partono così le cavie vive, in grossa parte inermi cani beagle, destinate ai laboratori di tutto il mondo, dall’America alla Cina, anche se la parte più cospicua di quegli animali resta in Europa.
Battaglia delle associazioni animaliste, quanto azione del corpo forestale dello stato, è anche la lotta in Emilia Romagna contro il commercio clandestino di cuccioli provenienti dall’est europeo, in massima parte da Ungheria, Repubblica Slovacca, Romania.
Un mercato illegale da 300 milioni di euro, giocato sulla pelle di poveri cani ammassati nei lunghissimi trasporti sottoposti a vaccinazioni ripetute o non vaccinati del tutto, contando su un’organizzazione capillare dei trafficanti che coinvolge allevatori, trasportatori, veterinari e negozianti apparentemente regolari.
Parecchie le azioni del corpo forestale andate a buon fine, anche di recente: il sequestro di cani a Reggio Emilia provenienti dall’Ungheria, o quella condotta dal nucleo della polizia zoofila di Formigine (Mo) contro una sedicente fattoria didattica che ammassava 356 cani di tutte le razze costretti in anguste gabbiate da conigli, provenienti dagli stessi traffici illeciti.
La nota lieta arriva infine dalla battaglia compiuta contro Green Hill: la nuova mascotte del movimento animalista è Tobia, giovane cucciolo di Beagle recentemente salvato dal tavolo operatorio bresciano della multinazionale americana.
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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Dicembre 26th, 2011 Riccardo Fucile
PARTIGIANO, CRONISTA E SCRITTORE: ERA NATO A CUNEO NEL 1920…A GENNAIO ESCE IL LIBRO POSTUMO
«Tutti quelli che fanno il giornalismo lo fanno sperando di dire la verità : anche se è difficile, li esorto e li incoraggio a continuare su questa strada».
Un testamento ideale quello che Giorgio Bocca, firma storica del giornalismo italiano, scomparso oggi all’età di 91 anni, affidò alle nuove generazioni nell’aprile 2008, ricevendo nella stessa casa di Milano dove oggi si è spento dopo una breve malattia, il premio Ilaria Alpi alla carriera.
Un testamento anche il titolo del libro che uscirà l’11 gennaio per Feltrinelli, «Grazie no. 7 idee che non dobbiamo più accettare».
Bocca rimane l’Antitaliano, come si chiamava la sua celebre rubrica sull’Espresso, fino all’ultimo giorno.
La ricerca della verità , accompagnata dal rigore analitico, dalla passione civile, da uno stile fatto di sintesi e chiarezza e fortemente segnata dal suo carattere, un mix di disciplina sabauda, curiosità severa e vis polemica: questi i valori che hanno ispirato la carriera più che cinquantennale di Bocca.
Valori che il giornalista e scrittore, medaglia d’argento al valor militare, aveva vissuto fino in fondo soprattutto nei primi anni di attività , quelli della guerra e della militanza partigiana: «I giornalisti della mia generazione – sottolineò in una delle sue ultime apparizioni in tv, ospite a Le invasioni barbariche su La7 nel novembre 2008 – erano mossi da un motivo etico: ci eravamo messi tragedie alle spalle, perciò il nostro era un giornalismo abbastanza serio. Oggi la verità non interessa più a nessuno» e «l’editoria è sempre più al servizio della pubblicità ». Nato a Cuneo da una famiglia della piccola borghesia piemontese nel 1920, iscritto alla facoltà di Giurisprudenza, appassionato di sci agonistico – e perciò noto nell’ambiente del Guf (la gioventù universitaria fascista) cuneese – Bocca iniziò a scrivere già a metà degli anni 30, su periodici locali e poi sul settimanale cuneese La Provincia Grande.
Durante la guerra si arruolò come allievo ufficiale di complemento fra gli alpini e dopo l’armistizio fu tra i fondatori delle formazioni partigiane di Giustizia e Libertà : «L’ho fatto per pagarmi il biglietto di ritorno alla democrazia», spiegava. Riprese allora l’attività giornalistica, scrivendo per il quotidiano di GL, poi per la Gazzetta del Popolo, per l’Europeo e per Il Giorno e segnalandosi per le inchieste.
Nel 1976 fu tra i fondatori, con Eugenio Scalfari, del quotidiano la Repubblica, con cui aveva continuato a collaborare fino alle ultime forze.
Al suo attivo anche numerosi libri, che spaziano dall’attualità politica e dall’analisi socioeconomica all’approfondimento storico e storiografico, dalla questione meridionale alle interviste ai protagonisti del terrorismo, senza mai dimenticare la sua esperienza partigiana, in nome della quale aveva anche polemizzato di recente con alcuni tentativi di revisione critica della Resistenza e in particolare con Giampaolo Pansa.
Tra i titoli più noti di Bocca, Storia dell’Italia partigiana (1966); Storia dell’Italia nella guerra fascista (1969); Palmiro Togliatti (1973); La Repubblica di Mussolini (1977); Il terrorismo italiano 1970-78 (1978); Storia della Repubblica italiana – Dalla caduta del fascismo a oggi (1982); l’autobiografia Il provinciale. Settant’anni di vita italiana (1992); L’inferno. Profondo sud, male oscuro (1993); Metropolis (1994); Italiani strana gente (1997); Il secolo sbagliato (1999); Pandemonio (2000); Il dio denaro (2001); Piccolo Cesare (2002, dedicato al fenomeno Berlusconi, libro che segnò il passaggio di Bocca da Mondadori, suo editore da oltre dieci anni, a Feltrinelli); Napoli siamo noi (2006); Le mie montagne (2006); È la stampa, bellezza (2008). Annus Horribilis, Milano, Feltrinelli (2010). Fratelli Coltelli (1948-2010 L’Italia che ho Conosciuto), Milano, Feltrinelli (2010).
Nella vita di Bocca c’è stato spazio anche per una breve esperienza televisiva su Canale 5, alla fine degli anni ’80, con la rubrica I protagonisti.
«Quando andai a lavorare a Canale 5 – raccontò in un’intervista – Scalfari disse “Giorgio si è innamorato di Berlusconi”. E in effetti mi piaceva la sua capacità di fare la tv sul piano tecnico e organizzativo. Ma quando si mise a far politica, cambiai idea».
Con l’abituale lucidità , così sintetizzava la sua biografia politica: «Sono uscito dal fascismo, sono entrato nella Resistenza a capo di una divisione partigiana di Giustizia e libertà e poi, pur essendo stato vicino al Psi non mi sono più iscritto ad alcun partito: non ho più voluto avere uno che decidesse sulla mia testa». Alle elezioni del 2008 non aveva neanche votato: «Mi ha stufato la politica com’è in Italia».
La famiglia di Bocca ha fatto sapere che intende essere lasciata tranquilla e affrontare la vicenda «in modo privato».
(da “La Stampa“)
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