Dicembre 23rd, 2011 Riccardo Fucile
L’EX MINISTRO ALFANO HA ABITATO PER TRE ANNI IN UN APPARTAMENTO VICINO A PIAZZA NAVONA PAGANDO MENO DI UN TERZO DEL PREZZO DI MERCATO… IL LOCATORE E’ OGGI COINVOLTO IN UNA INCHIESTA PER EVASIONE FISCALE E RICICLAGGIO
Il più fortunato è stato sicuramente Claudio Scajola: Diego Anemone gli pagò parte dell’ormai mitica casa con vista Colosseo senza che lui ne sapesse nulla.
Giulio Tremonti si è dovuto accontentare soltanto di un affitto in pieno centro a Roma preso a nome del suo collaboratore Mauro Milanese.
Angelino Alfano, invece, a quanto pare l’affitto lo ha pagato di tasca sua, ma è stato davvero fortunatissimo.
Per quasi tre anni, fino al 2008, l’attuale segretario del Pdl ha occupato un alloggio di circa 60 metri quadri a Roma, in via del Paradiso, a metà strada tra Campo de’ Fiori e piazza Navona a un prezzo decisamente conveniente: 485 euro al mese.
E dire che gli affitti, in quella zona centralissima della Capitale, sono piuttosto altini: per un bilocale in via dei Chiavari – a poche centinaia di metri da via del Paradiso – ci vogliono 1.500 euro; per sessanta metri in piazza Farnese, invece, il prezzo lievita fino a 1.800.
La notizia – raccontata per primo da Luigi Ferrarella sul Corriere della Sera – salta fuori da un’inchiesta per evasione fiscale, truffa ai danni dello Stato e riciclaggio del pool reati finanziari della Procura di Milano, che ha notificato l’atto di chiusura delle indagini agli interessati.
Tra questi figura Roberto Saija, imprenditore nel campo energie rinnovabili, il quale, tramite la la società Immobiltel a lui riconducibile, risulta aver preso in leasing l’appartamento di Campo de’ Fiori dalla banca milanese Italease.
Quest’ultima risulta proprietaria di due immobili (uno da 1,5 vani, l’altro da 3,5 vani, categoria A10 “studi e uffici privati”), in via del Paradiso 41.
Uno di questi è stato dato in affitto dal febbraio 2006 alla fine del 2008 all’allora deputato del Pdl Angelino Alfano, allo straordinario prezzo di 485 euro al mese.
Il locatore Saija non nega di aver affidato l’appartamento all’ex ministro della Giustizia, motivando il fatto con la scelta di una persona fidata.
L’imprenditore, infatti, dichiara di conoscere da molto tempo Alfano, il quale avrebbe occupato la casa per pochi giorni alla settimana, impegnadosi a lasciarla subito in caso di necessità .
Una disponibilità evidentemente meritevole di un canone di affitto pari, in media, a meno di un terzo di quanto un normale cittadino sarebbe tenuto a pagare.
Alcuni negozianti ricordano bene Alfano: “Abitava qui – racconta il tabaccaio – lo vedevamo spesso. à‰ andato via poco prima di diventare ministro”.
Altri sono arrivati dopo: “Mai visto Alfano – racconta il pasticciere – ma se trovate chi gli ha affittato una casa in via del Paradiso a quel a quel prezzo portatemelo. Magari ne ha una anche per me…”.
Stefano Caselli
(da “Il Fatto Quotidiano”)
argomento: casa, Costume, economia, governo, la casta, PdL, Politica, Roma | Commenta »
Dicembre 23rd, 2011 Riccardo Fucile
NELLA NOTTE VOTATA LA MANOVRA: 3.000 EURO AL MESE A VITA A TUTTI I 60 ELETTI, COMPRESI GLI ASSESSORI ESTERNI… TAGLI SOLO AI CITTADINI, VITALIZI PER LA CASTA DEGLI “ELETTI”
Anche gli elettori meno accorti stanno prendendo nota.
Perchè l’indignazione monta quando si leggono i titoli dei giornali sull’ultima manovra finanziaria approvata nottetempo dalla Regione Lazio: lacrime e sangue per tutti, fatta eccezione per i politici eletti alla Pisana.
Per loro, anzi, la maggioranza in Consiglio regionale ha votato mercoledì 21 dicembre l’erogazione di un assegno mensile – per tutta la vita – pari a circa 3.000 euro.
Mentre la Regione taglia Sanità , Trasporti, Cultura e impone un’addizionale Irpef tra le più alte d’Italia, lo scandalo del vitalizio – un emolumento che dovrebbe essere abrogato soltanto a partire dal 2015 – appare di una gravità assoluta se si considera che l’assegno verrà versato al termine della consiliatura anche ai 14 assessori esterni al consiglio (purchè abbiano compiuto i 55 anni, ma se vogliono anche dai 50, con una piccola decurtazione).
Un costo che va ad aggiungersi a quello dei 220 tra ex consiglieri, ex presidenti ed ex assessori del Lazio che già ricevono – ad oggi – vitalizi variabili tra i 2.500 e i 5.800 euro.
Il consiglio ha approvato una finanziaria “ad personam. L’articolo 10 regala vitalizi ai 14 assessori esterni e anche ai tre consiglieri dichiarati decaduti.
La norma prevede anche che avranno lo stesso diritto tutti quelli che per decisione della politica di questo centro destra saranno chiamati a fare l’assessore esterno in futuro. Pochi mesi e scatta il vitalizio.
Così si porta a carico della Regione il costo di 84 consiglieri mentre il popolo del Lazio ne ha votati solo 70.
Il tutto mentre un centinaio di lavoratori di Alitalia cassintegrati protestava davanti alla Regione.
Adesso, oltre alla Giunta più cara d’Italia abbiamo anche il record della legislatura più cara d’Italia.
Complimenti vivissimi al Pdl, a Storace e a tutta la maggioranza.
argomento: la casta, PdL, Politica, radici e valori | Commenta »
Dicembre 23rd, 2011 Riccardo Fucile
PERFINO LA RIVISTA DI HARVARD SOLLEVA IL DUBBIO: FORSE E’ MEGLIO CHE I LAVORATORI FACCIANO DA SOLI
E se i supermanager facessero solo danni?
Il dubbio è venuto prima al movimento di Occupy Wall Street, poi alla Harvard Business Review, la rivista più autorevole di management, dell’omonima università .
“Primo, licenziare tutti i manager”, si intitola l’articolo Gary Hamel, un professore della London Business School che osa scrivere: “Il management è la meno efficiente attività dell’attività meno efficiente della tua organizzazione”.
Poi usa argomenti che, ai ragazzi che in Zucotti Park rivendicano di essere il 99 per cento, suonano familiari: più barocca la gerarchia, maggiore il rischio che l’azienda prenda decisioni disastrose “perchè i manager più potenti sono quelli più distanti dalla prima linea della realtà ”. Nel 2010 tra stipendi e premi i top manager delle 25 principali imprese finanziarie di Wall Street hanno incassato 135 miliardi di dollari, secondo il Wall Street Journal.
Quest’anno si prevede un crollo del 30 per cento dei bonus, ma l’impressione generale è che sia un po’ poco, visto come sta andando il settore finanziario globale e quante centinaia di miliardi di dollari ha pagato il contribuente americano per salvare Wall Street.
Di solito si pensa che il problema sia che gli stipendi non sono allineati alle performance, cioè in molti guadagnano troppo anche quando non lo meritano.
Generazioni di consulenti hanno fatto le proprie fortune proponendo schemi di retribuzione innovativi, che facessero coincidere gli interessi del manager con quelli dell’azionista.
“Com’è possibile che tanta gente che sa così poco faccia così tanti soldi dicendo ad altra gente come fare il lavoro che è pagata per saper fare”, si chiede Matthew Stewart in Twilight manager (Fazi).
E infatti non ha funzionato.
Stefano D’Addona e Axel Kind, due economisti, hanno studiato 2.376 cambi di allenatore negli ultimi 50 anni di calcio inglese e sono giunti alla conclusione che più aumenta la competizione e l’importanza economica dello sport, più frequenti diventano i cambi di panchina.
Come dire: quando le cose si fanno serie, si deve licenziare più spesso.
Cosa che ai top manager non sportivi succede assai di rado.
Sulla Harvard Business Review Gary Hamel propone quindi di imitare il modello della Morning Star, una società leader della lavorazione del pomodoro dove non ci sono manager: in ogni reparto i lavoratori si organizzano da soli, niente gerarchie, gli stipendi sono diversi soltanto in base ai diversi risultati ottenuti.
Così la competizione è per essere più bravi, non per compiacere il capo.
Nelle etichette da business school si chiama “self management”: ogni anno ciascun dipendente spiega in un documento quali colleghi sono toccati dal suo lavoro, così si definiscono gruppi spontanei.
Che, pare, funzionino: Morning Star ha avuto un fatturato di 700 milioni nel 2010.
Utopia o incubo? Chissà .
Viste le performance dei manager italiani raccontate qui , però, forse una lattina di pomodoro Morning Star potrebbe essere il regalo di Natale giusto per molti di loro.
La tempesta finanziaria che stiamo vivendo può essere raccontata anche attraverso una galleria di volti.
Sono le facce da flop.
Peggio, “Capitani di sventura”, per citare il titolo di un saggio (autore il compianto Marco Borsa) di ormai 20 anni fa.
Manager che negli anni del boom sono stati osannati e spesso coperti d’oro, ma che alla prova della recessione non si sono dimostrati all’altezza della situazione.
Fausto Marchionni: l’uomo del tracollo di Fondiaria
Fausto Marchionni ha messo la faccia sul tracollo di Fondiaria-Sai, una delle più gravi crisi societarie degli ultimi anni.
La crisi del secondo gruppo assicurativo nazionale è la storia triste di una compagnia a lungo sfruttata dal suo azionista di controllo, la famiglia Ligresti, per farsi gli affari propri. Marchionni, per oltre un decennio al timone dell’azienda, non ha mai avuto niente da ridire sulle operazioni
in conflitto di interessi imposte dai Ligresti. Fino a quando, a gennaio, non ha dato le dimissioni premiato da una liquidazione multimilionaria.
Massimo Ponzellini: lascia la Bpm nel caos
È approdato alla Popolare di Milano nel 2009 con il sostegno dei sindacati interni. Poco più di due anni dopo, Massimo Ponzellini si è lasciato alle spalle una banca nel caos e con seri problemi di bilancio.
Gli ispettori di Bankitalia hanno bocciato la gestione del banchiere sponsorizzato dalla Lega, che è anche indagato per i prestiti della Bpm al gruppo Atlantis BPlus di Francesco Corallo.
Nel frattempo le azioni della Popolare sono andate a picco: gentile cadeau ai soci del presidente Ponzellini, che a fine ottobre ha fatto le valigie.
Sergio Marchionne: Fiat, vendite al palo
Una delle ultime copertine del settimanale americano “Time” definisce Sergio Marchionne addirittura il salvatore dell’auto.
Viste da questa parte dell’Atlantico le cose stanno un po’ diversamente. La Fiat di Marchionne ha perso nel giro di due anni il 30% della sua quota di mercato in Europa, ormai ridotta a uno striminzito 6,3 per cento.
“Tutto secondo le previsioni”, replica il manager con invidiabile faccia tosta, ma il titolo Fiat quota meno della metà rispetto all’inizio del 2011.
Giuseppe Mussari: i guai dell’uomo del Monte
Impegnato nel doppio ruolo di presidente del Monte dei Paschi e anche dell’Abi, la Confindustria delle banche, Giuseppe Mussari è stato travolto dagli avvenimenti.
L’Abi ha subìto l’offensiva dei concorrenti francesi e tedeschi che hanno imposto regole penalizzanti agli istituti italiani.
E il Monte Paschi, nonostante l’aumento di capitale varato in estate, potrebbe essere costretto a fare il bis tra pochi mesi. E adesso c’è il rischio concreto che dopo oltre cinque secoli Siena perda il controllo della sua banca.
Alessandro Profumo: Unicredit rosso a sorpresa
Alessandro Profumo ha lasciato Unicredit nel settembre del 2010, ma per tirare le somme del suo lungo regno è stato necessario più di un anno.
A novembre, la banca ora guidata da Federico Ghizzoni, ha annunciato perdite per oltre 9 miliardi.
È questa la pesante eredità dell’espansione a tappe forzate gestita da Profumo negli anni del boom.
Sgonfiata la bolla, ecco le perdite, ma l’ex numero uno si sta godendo la buonuscita da 40 milioni di euro.
(da “Il Fatto Quotidiano”)
argomento: economia, Lavoro | Commenta »
Dicembre 23rd, 2011 Riccardo Fucile
OGNI CITTADINO DELL’ISOLA SPENDE 5 VOLTE PIU’ DEI LOMBARDI… L’ARS COSTA OGNI ANNO 167 MILIONI, LOMBARDIA E PIEMONTE NE SPENDONO 66, IL LAZIO 97
L’Assemblea regionale siciliana costa, a ogni contribuente, cinque volte il consiglio regionale lombardo e più del doppio di quello laziale e piemontese.
I numeri di un raffronto che incornicia privilegi antichi e resistenti ai tagli figli della crisi. Perchè, se Palazzo dei Normanni riesce per la prima volta ad approvare un bilancio in controtendenza rispetto agli anni scorsi (con una riduzione di spese di quasi 5 milioni), i suoi numeri sono ancora ben lontani da quelli di altre assemblee.
Basta confrontare le uscite dei singoli consigli con il numero di abitanti delle regioni rappresentate: si scopre, così, il peso che il Parlamento isolano, forse la massima espressione dei vantaggi economici dell’Autonomia, continua ad avere sulla società .
Con i suoi 167,5 milioni di spese correnti, l’Ars guarda dall’alto tutte le altre assemblee.
Il costo pro-capite è di 33 euro per abitante.
Il consiglio lombardo ha appena varato un bilancio da 66,3 milioni, con una spesa pro-capite di appena 6,6 euro: divario che si spiega con il fatto che la Lombardia ha quasi il doppio degli abitanti della Sicilia.
Ma l’Ars vince il confronto anche con il consiglio regionale del Lazio (97 milioni ovvero 16,9 per abitante) e con quello del Piemonte che per il 2012 prevede una spesa di 66,7 milioni, cioè circa 15 euro per abitante.
Anche una Regione del Sud come la Puglia ha una gestione più economica di quella siciliana: il bilancio di previsione del suo consiglio, per l’anno prossimo, contempla uscite per 56,1 milioni.
Significa una spesa pro-capite di 13,7 euro.
Costi più alti, in rapporto al numero degli abitanti, si riscontrano nelle altre Regioni a statuto speciale.
La Valle d’Aosta spende 16,5 milioni per far funzionare il suo consiglio regionale e ha una altissima spesa pro-capite, pari a 128 euro. Ma, avendo appena 128 mila abitanti (contro i 5 milioni della Sicilia), il confronto è difficilmente proponibile.
Insomma, dalla lettura dei bilanci che in questi giorni i consigli regionali stanno approvando, emerge la tendenza generale a una compressione della spesa (nel 2011 le regioni italiane hanno dilapidato un miliardo 100 milioni per mantenere i loro “parlamenti”), ma anche una ridondanza dei costi della politica al di sotto dello Stretto. Situazione in parte legata alle indennità percepite dai deputati siciliani che però, pur essendo ancora novanta (almeno fino al termine della legislatura), pesano sulle casse pubbliche solo per un paio di milioni di euro in più rispetto ai meno numerosi colleghi di Lombardia e Puglia.
Il gap diventa un baratro se si guarda a vitalizi e retribuzioni del personale.
Per le “pensioni” dei consiglieri, nel 2010, la Lombardia ha messo in bilancio 7,8 milioni di euro, un terzo di quanto ha stanziato l’Ars (20,5 milioni).
E la Lombardia, pur avendo più dipendenti dell’Assemblea siciliana (296 contro 248) spende per il personale la metà : 19 milioni di euro l’anno a fronte dei 40,4 milioni dell’Ars.
Una differenza, netta, che dipende dal fatto che le retribuzioni del personale di Palazzo dei Normanni sono parametrate a quelle del Senato e dunque più elevate.
Altre voci, meno corpose ma emblematiche, balzano davanti agli occhi nel raffronto fra l’Ars e gli altri consigli.
E non è soltanto quella relativa ai costi della buvette che, malgrado i recenti tagli ai cosiddetti “buoni pasto” dei deputati, nel 2012 graverà sulle casse per oltre 925 mila euro, più o meno 77 mila euro al mese.
Le spese di rappresentanza, per dire, pesano sul bilancio di Palazzo dei Normanni per 342 mila euro: oltre dieci volte in più della Puglia (26 mila euro) e ben trenta volte in più della virtuosa Emilia-Romagna.
In un Paese zibaldone, che vede tuttavia la Sicilia in prima fila nelle “spesucce” della politica, capita pure che le divise del personale di servizio (i commessi) costino all’Ars 360 mila euro contro gli appena 58 mila della Puglia.
Un rapporto di sei a uno.
E le autoblù? L’amministrazione dell’Ars si vanta di disporne di un numero appena sufficiente (tredici) ma la spesa per il noleggio e la gestione delle vetture, almeno quella messa in preventivo per l’anno venturo (425 mila euro), è dieci volte superiore a quella (48.869 euro) del consiglio regionale pugliese.
Segnali che, malgrado i propositi e i primi atti compiuti nella direzione dell’austerity, la risalita della Penisola è operazione ardua.
Piccolo calcolo: se l’Ars rispettasse un parametro medio di spesa di 15 euro per abitante (quello del Piemonte) il bilancio regionale guadagnerebbe oltre 90 milioni di euro ogni anno.
La stessa cifra che l’Ue ha investito per la diffusione della banda larga in Europa.
Emanuela Lauria
(da “La Repubblica“)
argomento: Costume, denuncia, governo, la casta, Politica, radici e valori | Commenta »
Dicembre 23rd, 2011 Riccardo Fucile
LE FAMIGLIE CON ALMENO UN MINORE SONO LE PIU’ TECNOLOGICHE: L’84% POSSIEDE UN PC, IL 78,9″ ACCEDE A INTERNET
Le famiglie con almeno un minorenne sono le più tecnologiche: l’84,4% possiede un personal computer, il 78,9% ha accesso a Internet e il 68% utilizza per questo una connessione wide band.
La media europea di chi posside un accesso al Web da casa è pari al 73 %, nel nostro paese si ferma al 62 %. Un internauta su due utilizza i social network
Crescono in Italia le famiglie in possesso nuove tecnologie per l’Ict.
Rispetto al 2010, rileva l’Istat, s’incrementa la quota di famiglie che nell’anno in corso possiede un personal computer (dal 57,6% al 58,8%), l’accesso a Internet (dal 52,4% al 54,5%) e una connessione a banda larga (dal 43,4% al 45,8%).
Le famiglie con almeno un minorenne sono le più tecnologiche: l’84,4% possiede un personal computer, il 78,9% ha accesso a Internet e il 68% utilizza per questo una connessione a banda larga.
All’estremo opposto si collocano le famiglie di soli anziani di 65 anni e più, che presentano livelli modesti di dotazioni tecnologiche.
E nel 2011 quasi un internauta su due è su un social media, e il rapporto è di tre su quattro per i giovani.
Secondo l’Istat, infatti, il 48,1% degli utenti internet crea un profilo utente, invia messaggi o altro su Facebook, Twitter.
E la quota sale al oltre il 76% per i ragazzi di 15-24 anni.
Nonostante in Italia internet si trovi sempre in più case, il Paese è però ancora tra gli ultimi in Europa.
Considerando la percentuale di famiglie con almeno un componente tra i 16 e i 74 anni che possiede un accesso a internet da casa, a fronte di una media europea pari al 73%, l’Italia si posiziona solo al ventiduesimo posto della graduatoria internazionale, con un valore pari al 62% ed equivalente a quello registrato per la Lituania.
Tra il 2010 e il 2011 il divario tecnologico relativo al territorio e alle differenze sociali, rileva ancora l’Istat, rimane stabile per quasi tutti i beni e servizi considerati.
Le famiglie del Centro-nord che dispongono di un accesso a Internet sono oltre il 56%, mentre circa il 49% dispone di una connessione a banda larga, a fronte di valori pari, rispettivamente, al 48,6% e al 37,5% nel Sud.
Se si confronta la disponibilità di personal computer, di un accesso a Internet e di una connessione a banda larga, il divario tra i nuclei in cui il capofamiglia è un operaio e quelli in cui è un dirigente, un imprenditore o un libero professionista è di circa 24 punti percentuali a favore di questi ultimi, sottolinea l’Istituto di statistica.
Secondo l’Istat, inoltre, il 41,7% delle famiglie dichiara di non possedere l’accesso a Internet perchè non ha le competenze per utilizzarlo; il 26,7% considera Internet inutile e non interessante, il 12,7% non ha accesso a Internet da casa perchè accede da un altro luogo, l’8,5% perchè considera costosi gli strumenti necessari per connettersi e il 9,2% perchè ritiene eccessivo il costo del collegamento.
Nel 2011 il 52,2% della popolazione di 3 anni e più utilizza il personal computer e il 51,5% della popolazione di 6 anni e più naviga su Internet.
Rispetto al 2010, l’utilizzo del personal computer è cresciuto di 1,2 punti percentuali e quello di Internet di 2,6, confermando così il trend crescente che continua ormai dal 2008.
Le differenze di genere, prosegue l’Istat, si vanno attenuando nel tempo: se nel 2005 le donne internaute erano poco più di un quarto (26,9%), nel 2011 sono quasi la metà (il 46,7%), a fronte di una quota di uomini pari, rispettivamente, al 37,1% e 56,6%.
Fino ai 34 anni le differenze di genere sono molto contenute e tra i ragazzi di 11 e 19 anni si registra il “sorpasso” femminile.
Nell’ultimo anno, le differenze sociali sono rimaste sostanzialmente stabili, anche se gli operai hanno fatto registrare incrementi percentuali leggermente superiori a quelli riscontrati tra dirigenti, imprenditori, liberi professionisti, e direttivi e quadri.
Gli utenti di Internet negli ultimi tre mesi, prosegue l’Istat, hanno utilizzato la rete prevalentemente per spedire o ricevere e-mail (80,7%) e per cercare informazioni su merci e servizi (68,2%).
Cresce rispetto al 2010 la quota di coloro che usano Internet per leggere news o giornali online (+7 punti percentuali), per informarsi su merci e servizi (+5,4), avere informazioni sanitarie (+5).
Il 26,3% degli individui di 14 anni e più che hanno usato Internet nei 12 mesi precedenti l’intervista ha ordinato e/o comprato merci e/o servizi per uso privato, soprattutto per spese per viaggi e soggiorni e pernottamenti per vacanza.
Rimane stabile la quota di persone di 14 anni e più che hanno utilizzato Internet per ottenere informazioni dai siti della Pubblica Amministrazione, con un lieve calo percentuale spiegato dalla crescita di utilizzatori di internet per altri motivi.
La maggior parte delle persone che usano il personal computer sa effettuare operazioni base come copiare o spostare un file (85,4%) o copiare informazioni all’interno di un documento (85,1%), mentre solo il 13,7% sa scrivere un programma per computer e il 28,1% sa installare un nuovo sistema operativo o sostituirne uno vecchio.
Quasi la totalità delle persone di 6 anni e più che utilizzano Internet sa usare un motore di ricerca (94,2%) e una quota molto elevata sa spedire e-mail con allegati (83,1%).
Oltre la metà degli utenti della rete sa trasmettere messaggi in chat, newsgroup o forum di discussione online (52,7%) e il 41,3% sa caricare testi, giochi, immagini, film o musica, ad esempio, su siti di social networking.
E’ soprattutto attraverso la pratica, conclude l’Istat, che gli utenti del web hanno acquisito le proprie competenze (75,9%), assieme all’aiuto ricevuto da colleghi, parenti e amici (68,7%).
argomento: Costume, economia | Commenta »
Dicembre 23rd, 2011 Riccardo Fucile
G8, ITALIA 150, MONDIALI NUOTO, I NUMERI DELL’ASSALTO…L’ONERE PER LO STATO AMMONTA TRA I 574 E GLI 834 MILIONI
Capita che di una storia di corruzione, diventata insieme metafora e immagine del Paese, si finiscano con il ricordare solo le facce, i nomi, l’avidità dei protagonisti.
O, piuttosto, i massaggi in un centro benessere, la spregiudicatezza di un frate missionario ridotto a bancomat, l’oscena risata di un costruttore sciacallo che si compiace per il terremoto de l’Aquila, il patrimonio immobiliare di una potente congregazione vaticana, “Propaganda Fide”, usato come leva per comprare la compiacenza di funzionari pubblici.
Capita insomma che si elidano i numeri.
E, dunque, si cancelli il danno e la sua macroscopica misura.
E’ successo con il lavoro delle procure di Firenze, Perugia, Roma, con le indagini del Ros dei carabinieri sul “Sistema gelatinoso” Anemone-Balducci-Bertolaso, sul potere di spesa senza fondo di una Protezione Civile ridotta a spa del consenso, su un ministro “distratto” e il suo mezzanino al Colosseo.
Nelle carte di quelle inchieste – oggi a processo in tre città diverse – è documentato quale “ricarico” le prassi corrotte di quel sistema di relazioni hanno accollato alle nostre tasche.
Su 33 Grandi Opere oggetto di indagine nel triennio 2007-2010 (mondiali di nuoto di Roma, G8 alla Maddalena, 150 anni dell’Unità d’Italia), il maggior costo sostenuto dalle casse pubbliche è stato di 259 milioni, 895 mila 849 euro.
Oltre il 40 per cento dell’importo iniziale con cui i lavori furono aggiudicati.
Un salasso che ha fatto schizzare il costo complessivo di quelle opere da 574 a 834 milioni di euro.
Per avere un’idea, con quel denaro succhiato dal “Sistema gelatinoso” (259 milioni) oggi – come documentano le richieste sin qui ritenute “irricevibili” da un bilancio pubblico allo stremo – sarebbe possibile realizzare la messa in sicurezza di un patrimonio archeologico dell’umanità come Pompei o la costruzione di ospedali nell’Abruzzo del dopo-terremoto.
I numeri che illustrano il dettaglio dei singoli appalti segnalano la scientificità nel calcolo del “ricarico” imposto dal “Sistema”, ma anche la crescita esponenziale di quella percentuale.
Nell’Italia corrotta scoperchiata da Tangentopoli, il “dazio” sulle grandi opere oscillava tra il 10 e il 20 per cento.
In quindici anni, è raddoppiato. Anche perchè la “catena alimentare” che deve sfamare si è allungata.
Politici, funzionari pubblici, professionisti.
LE PISCINE DI ROMA
Ribasso record per vincere l’asta.
il trucco dello “sciacallo” dell’Aquila
S il G8 della Maddalena è l’applicazione compiuta di uno “schema” corruttivo, i Mondiali di nuoto di Roma del 2009 ne sono la prova generale (è iniziato il processo di primo grado nell’aprile di quest’anno). Il ricorso alla procedure di urgenza non solo consentono di aggirare i vincoli urbanistici, ma trasformano l’Evento in un assalto alla diligenza della spesa pubblica.
Non c’è Comune della provincia di Roma che non reclami un posto al sole che lo trasformi in “Polo natatorio”.
E non c’è piastrella di piscina o gettata di calcestruzzo che non costi al contribuente almeno un trenta per cento in più del costo di aggiudicazione.
Tra gli imprenditori imbarcati dal “Sistema”, c’è Francesco Maria De Vito Piscicelli. Si aggiudica la progettazione e realizzazione della piscina olimpionica di Valco San Paolo. Un appalto da 8 milioni e 800 mila euro che vince con un formidabile ribasso d’asta (16,5 per cento), da cui “rientra” a neppure un anno di distanza dalla gara con un “atto aggiuntivo” che fissa l’importo dell’opera in 12 milioni e 900 mila euro.
La piscina di Valco San Paolo rischierà di crollare per il modo con cui è stata realizzata. Piscicelli resterà saldo nel “Sistema”. La notte del terremoto dell’Aquila è lui lo “sciacallo” che ride con il cognato, sognando il banchetto della ricostruzione.
I CANTIERI DEI 150 ANNI
Gare vinte senza progetti esecutivi. Dopo le “aggiunte” i prezzi salgono
La regola, da sempre, è una sola. La conosce chi l’appalto lo affida e chi l’appalto lo vince. E non importa dove si costruisce e chi costruisce.
La regola vuole che lo scarto tra il valore di affidamento e il costo finale di realizzazione di una grande opera pubblica non scenda mai sotto il 40 per cento.
E il trucco perchè le carte stiano a posto è semplice, come dimostrano i numeri dei cantieri dei 150 anni dell’Unità d’Italia.
La gara viene affidata senza che dell’opera esista un progetto esecutivo.
Un po’ come comprare dal concessionario una macchina di cui si conosce il bozzetto, il numero di posti e la cilindrata del motore, ma di cui si ignorano i costi industriali di produzione, destinati a variare.
Non c’è appalto pubblico – come è evidente dalla tabella – che, a distanza di pochi mesi della sua aggiudicazione, non conosca un “atto aggiuntivo” in cui il committente (lo Stato) “scopre” che, alla luce del “progetto esecutivo” redatto da chi l’appalto lo ha vinto, il costo si deve “necessariamente” discostare dal valore dell’aggiudicazione.
E’ nella differenza di costo – come hanno documentato le indagini – che viene normalmente creata la “provvista” della corruzione.
Un segreto di Pulcinella cui, ad oggi, nessun Parlamento ha ritenuto di dover mettere mano con una semplice norma. Aggiudicare le gare con progetto già esecutivo che sottragga al costruttore la libertà di aggiustare il valore della commessa.
IL VILLAGGIO DEL G8
Da 52 a 105 milioni in un anno per il palazzo rimasto inutilizzato
L’isola della Maddalena e le sue opere per un G8 che non ha mai ospitato, sono e resteranno il monumento alla rapacità di un “Sistema” che si muoveva protetto dalle “procedure semplificate e di urgenza” che la legge riconosce agli interventi della Protezione Civile.
Assimilato ad una “calamità naturale”, un Grande Evento di cui pure si conosceva la data da nove anni, diventa una corsa contro il tempo che divora oltre 125 milioni di euro in “costi aggiuntivi”.
I 284 milioni di opere messi a bilancio al momento dell’affidamento degli appalti si gonfiano fino a superare i 410 milioni. Nessuno, ad esempio, chiede cosa diavolo accada nel quarto lotto del cantiere in cui si lavora alla “realizzazione del palazzo conferenza e dell’area delegati”.
L’appalto è stato aggiudicato l’11 luglio del 2008 con un ribasso d’asta del 5,9 per cento per 52 milioni di euro.
Una cifra che, a distanza di neppure un anno, tra il giugno e il settembre del 2009, raddoppia, passando a 105 milioni di euro.
Tanta distrazione ha una risposta nel nome del costruttore che quell’appalto si è aggiudicato: Diego Anemone, la “tasca” del “Sistema”.
L’imprenditore da cui prende ordini Angelo Balducci, la più alta autorità amministrativa in materia di appalti pubblici.
Quello che compra “a insaputa” di chi lo andrà ad abitare, Claudio Scajola, il mezzanino del Colosseo.
Carlo Bonini
(da “La Repubblica“)
argomento: Costume, denuncia, economia, Lavoro, Politica | Commenta »
Dicembre 23rd, 2011 Riccardo Fucile
BLITZ DI PDL E LEGA… LA CAMERA AVEVA APPENA VOTATO L’INCOMPATIBILITA’… SALVE MOLFETTA E AFRAGOLA
E invece no, i senatori non vogliono abbandonare la poltrona.
Neanche per rispettare una sentenza della Corte costituzionale, o per conservare i vitalizi vecchia maniera.
Così, al contrario di quanto accaduto a Montecitorio, dove la giunta per le incompatibilità ha sancito senza problemi che un deputato non può fare il sindaco di un comune oltre i 20mila abitanti, e dove alcuni hanno già scelto di lasciare lo scranno di parlamentare pur di conservare il vecchio sistema di vitalizio, Palazzo Madama suona un’altra musica
Ieri – in giunta per le elezioni – sono tornate le antiche alleanze: la Lega si è saldata al Pdl per salvare il posto a Antonio Azzollini, sindaco di Molfetta, e Vincenzo Nespoli, sindaco di Afragola (entrambi pdl).
I senatori dell’ex maggioranza hanno quindi detto sì alla proposta del presidente Alberto Balboni e hanno respinto la sentenza della Consulta che sanciva l’incompatibilità tra le cariche di sindaco e parlamentare.
Pd e Idv, per protesta, sono usciti dall’aula.
Lo ha fatto anche il presidente della commissione, il democratico Marco Follini, che a caldo scrive su Twitter: «Sono metà triste metà arrabbiato».
Poi spiega: «Hanno preso una decisione da “ancien règime”. Sono da tempo fautore della più rigorosa incompatibilità tra sindaco e parlamentare. Peraltro, mi sorprende vedere la Lega attestata a difesa della trincea dei sindaci di Afragola e Molfetta».
Con il Carroccio se la prendono anche Anna Finocchiaro e Ignazio Marino: «Quello della Lega è un doppio gioco, del tutto demagogico, di partito di lotta e di governo», dice la capogruppo.
«Ecco svelata l’opposizione del Carroccio – aggiunge il senatore – nient’altro che il solito minuetto per raggranellare qualche poltrona in più alle prossime elezioni».
Racconta chi c’era che il più accanito nel difendere il suo scranno è stato Marco Azzollini: «Il senatore pdl ha fatto pesare tutta la sua influenza di presidente della Commissione Bilancio. Sia Schifani che Gasparri hanno dovuto accondiscendere, e hanno blindato il gruppo, tirandosi dietro anche la Lega».
Ma perchè mai, in questo caso, il richiamo del vitalizio col vecchio metodo di calcolo (retributivo invece che contributivo) non ha indotto anche i senatori a fare la scelta di alcuni colleghi della Camera?
A Montecitorio Nicola Cristaldi si è dimesso per restare sindaco di Mazara del Vallo: avrà due vitalizi, da deputato regionale e nazionale, oltre che l’indennità di sindaco (in tutto fanno oltre 11mila euro).
Stessa scelta di Dussin (Lega), Zacchera (Pdl), Pirovano (ancora Lega).
Azzollini e Nespoli, invece, «contano di esserci anche al prossimo giro – svela un senatore – e vogliono restare qui per rafforzare la loro candidatura».
Ci sono riusciti.
Anche se non è politicamente corretto, che alla Camera viga una regola e al Senato il suo contrario, secondo la Cassazione la competenza sulle incompatibilità è del Parlamento.
«L’ex maggioranza ha festeggiato a suo modo l’avvento del figlio di Kim Jong-il», dice caustico Marco Follini. In giro, c’è ancora fame di potere assoluto.
(da “La Repubblica“)
argomento: Costume, denuncia, la casta, Parlamento | Commenta »